RUBRICA – Una netta maggioranza della popolazione maschile continua a disinteressarsi del proprio look, l’esigenza di base è la comodità. In estate si vedono molti uomini girare in città con pantaloni corti, magliettine (a volte addirittura canottiere) ed infradito. Tuttavia noto con molto piacere che i più interessati ad avere un aspetto elegante e curato sono le nuove generazioni, interesse ricambiato anche dalle grandi firme che riconoscono nei giovani dei potenziali acquirenti e propongono sempre più abiti, scarpe ed accessori eleganti.
Se però parliamo di business dress, il problema si fa serio. Tutti noi sappiamo quanto le aziende investano in ricerche di marketing per studiare il “vestito” per i propri prodotti affinché, per mezzo di un elaborato meccanismo cognitivo che si innesta nel nostro cervello, davanti alla lattina di una bibita o ad una scatola di detersivo sugli scaffali di negozi e supermercati, il consumatore sia quasi automaticamente portato a sceglierlo. Non tutti riescono ad immaginare (esistono studi approfonditi che lo dimostrano ampiamente) quanto il nostro “packaging” influisca sul successo professionale. Il “packaging” di un uomo (o di una donna naturalmente) è il suo aspetto esteriore, igiene personale, capelli ed abiti indossati. Con questo non voglio dire che un look ineccepibile, anche se accompagnato da scarsa professionalità , garantisca il successo, ci mancherebbe ma, la verità è che abbiamo soli 7 secondi per fare una prima buona (o cattiva) impressione e, un buon inizio è un’eccellente spinta per il raggiungimento del traguardo.
Una persona curata trasmette perfetta padronanza della situazione, ottima organizzazione del tempo, sicurezza nelle proprie capacità. Un aspetto trasandato manda segnali opposti, difficoltà nella gestione delle cose da fare, negligenza e scarso amor proprio.
Il rigore dell’abbigliamento cambia a seconda dei settori d’impiego. In alcuni di essi, il dress code è abbastanza rilassato, “ business attire” (o appropriate) oppure “business casual”, significa che non è indispensabile indossare la giacca e la cravatta ma non certo che ogni tipo di abbigliamento vada bene. In queste categorie rientrano i lavoratori tipo tecnici informatici, insegnanti, ricercatori, scienziati, medici, giornalisti, agenti di commercio. Negli ambienti lavorativi della moda o dell’arte il discorso è assai diverso e complesso, non li prenderemo in considerazione in questo articolo.
Il più rigoroso di tutti è il “business corporate”, cioè la categoria della quale fanno parte dirigenti ed impiegati di banche, assicurazioni, compagnie finanziarie, studi di avvocati e notarili, alta politica. Il dress code da osservare è quello del “business formal”. Le regole sono molto severe ma semplici, sbagliare è quasi impossibile, a patto naturalmente di conoscerle. Cercherò di riassumerle molto brevemente (anche se su questo argomento si potrebbero scrivere decine e decine di pagine di approfondimento…) e spero che questi pochi consigli possano servire non solo all’uomo che in ambito lavorativo deve seguire un’etichetta formale, ma che diventino indicazioni di norma per un’eleganza impeccabile ogni volta che l’evento lo richieda.
Abiti: blu o grigio, non c’è molta scelta, ma un buon assortimento per quanto riguarda la tipologia dei tessuti. In Inghilterra e negli Stati uniti, negli ultimi decenni è stato sdoganato anche il marrone ma, oltre il confine questa opzione non viene per nulla apprezzata, eccezione fatta per il beige, accettato da noi solo nelle giornate particolarmente calde. Si possono scegliere i mono o doppio petto, attenzione alla corporatura. Quest’ultimo è poco consigliato se si è su di peso. Se l’altezza non supera il metro e settanta, evitare la giacca a tre bottoni, optare per quella a 2 che formando una lunga V sul torace , tende ad allungare e snellire otticamente la figura. NO categorico ai vestiti neri. Un vero gentleman l’abito nero lo mette solo la sera oppure ai funerali, non esistono altre occasioni.
Il taschino laterale in alto della giacca serve solo ed esclusivamente per alloggiare l’apposito fazzoletto. Accessorio inteso ancora come simbolo di eleganza. Piegato a carrè, cioè che sporge solo una striscetta bianca orizzontale se l’occasione è molto formale, a sbuffo o con le punte per occasioni meno rigorose. Quindi niente penne infilate che fanno capolino, per queste esistono i taschini interni.
Camicia: bianca o azzurra, concesse le fantasie tenui come rigati o quadretti (naturalmente la dimensione della stampa deve essere piccola e di basso contrasto i colori) più la fantasia si nota e più la camicia è informale. Il colletto più diffuso è quello alla francese. Vorrei spendere 2 parole sul colletto botton down, o all’americana, le cui
punte si fissano con 2 bottoncini alla camicia. Negli Stati Uniti, paese d’origine, questo tipo di colletto è considerato accettabile anche con l’abito classico, anche se la sua natura è tendenzialmente sportiva e magari perfetta con abiti più informali. Da noi alcuni commessi lo considerano adatto solo al tempo libero, resta però una regola disattesa da moltissimi uomini d’affari , anche molto famosi, come quella altrettanto assurda che proibisce il colletto alla francese senza la cravatta. Ricordate che il polsino della camicia deve spuntare per circa 1 cm e mezzo dalla manica della giacca.
Cravatte: divieto assoluto alle cravatte troppo appariscenti o spiritose, la fantasia non deve essere più grande dell’impronta di un dito. Le tinte businesslike sono il verdone, il rosso vino, il blu o il grigio, d’estate sono accettate anche le tinte più chiare e delicate. La cravatta dovrà sempre essere più scura della camicia e la sua lunghezza dovrà sfiorare la cintura. La gambetta (la parte più stratta che resta dietro) per nessuna ragione dovrà essere più lunga della gamba (parte anteriore che resta esposta) e MAI infilata nella camicia o nei pantaloni. Se annodandola vi accorgete di aver calcolato male la lunghezza, non c’è alternativa, rifate il nodo.
Scarpe: divieto di indossare quelle da ginnastica, sneakers ed altre calzature prettamente sportive, quelle con le suole grosse di gomma sono riservata alle gite fuori città. Le scarpe consigliate sono i mocassini; le derby; le francesine , dette anche Oxford (più o meno forate) o le così dette monkstrap, cioè quelle con una o due fibbie laterali. I colori sono il nero o il marrone. Qualsiasi modello scegliate, dovranno essere sempre pulite e spazzolate.
Cintura: rigorosamente intonata alle scarpe. Ottimo anche l’utilizzo delle bretelle che aiuteranno a mimetizzare nel caso di una pancia prominente.
Calze: di filo si scozia o leggerissima lana, tassativamente lunghe, la gamba non si deve nemmeno intravedere. Per non sbagliare colore, abbinatela alla calzatura o al pantalone.
Cartelle e 24 ore: sobrie, di colori neutri come cuoio, marrone o nere, non logate.
Alcune aziende prevedono il “casual friday”, questo non significa che si possa andare in ufficio di venerdì in bermuda e t-shirt ma che è concesso adottare il business casual dress . Non è richiesta necessariamente la cravatta, si può indossare un blazer sopra un pantalone più informale, tipo un chinos o un corduroy (velluto a coste sottili), magari anche un paio di jeans che però non saranno mai troppo slavati o strappati. Le t-shirt non sono adatte ad un abbigliamento per il business , unica concessione (ma proprio tirata…) per le polo. Potrete sostituire la giacca con un buon cardigan o un maglioncino. Se decidete di andare in ufficio solo con la camicia , anche nei mesi più caldi, mai e per nessuna ragione dovrà essere a mezze maniche, nemmeno se andate in trasferta nella filiale di Nairobi.
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Maria Cristina Giordano
Consulente d’Immagine e Personal Shopper
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