L’Italia nel bicchiere. il Primitivo e il Negroamaro

Tempo di lettura: 5 minuti

Un saluto a tutti gli appassionati del vino , in particolare agli amanti dei vini rossi del Sud – Italia perché in questo sesto appuntamento vi parlerò dei due vitigni pugliesi emergenti e molto di moda: il Primitivo ed il Negroamaro.

L’idea m’è venuta dopo la giornata passata al Vinitaly 2015 dove ho avuto la fortuna di degustare diversi vini ottenuti da queste due uve davvero eccellenti e, anche se per gli operatori del settore non è più una sorpresa, la qualità e la piacevolezza dei vini presentati quest’anno è andata ben oltre le aspettative.

roberto_beccaria
Roberto Beccaria

Produrre grandi vini da uve “nobili” come il nebbiolo, il sangiovese o anche l’aglianico è relativamente più facile e frequente, farlo con uve che fino a qualche anno fa venivano lavorate quasi esclusivamente da cantine sociali ed utilizzate per vini mediocri o addirittura per i “tagli”, non è poi così scontato.

Va messo quindi in particolare rilievo il netto cambiamento di rotta intrapreso da molti produttori pugliesi che in questo periodo stanno raccogliendo meritatissimi riconoscimenti da tutto il movimento del vino. Di fatto sono cambiate le tecniche agronomiche e viticole, con il mutamento dei sistemi d’impianto da un lato e la valorizzazione delle vecchie vigne dall’altro, poi l’utilizzo delle più moderne tecniche di vinificazione e di affinamento.

Il primitivo, il cui nome è dovuto alla sua precocità di maturazione, è l’espressione del territorio tarantino con particolare tipicità nelle zone di Sava e Manduria, ma anche di Gioia del Colle e Salento, sia pur con differenti sfumature. Le sue origini sono quasi certamente dalmate ed è stato portato in Puglia quasi duemila anni fa dal popolo degli Illiri; recentemente, grazie alle moderne analisi genetico-molecolari, si è appurato che nella seconda metà dell’ottocento sia approdato persino in California e Australia, dove viene chiamato Zinfandel.

Interessante e di grande tradizione è pure la versione “dolce naturale”, vino di grande concentrazione e frutto che riesce ad arrivare a livello di alcuni pregiati Porto senza aver bisogno della fortificazione. Il negro amaro o negramaro, deve invece il suo nome all’ intensità di nero dell’acino, “niger”in latino come “mavros” in greco, è coltivato esclusivamente in Puglia ed è l’assoluto protagonista dei vini del Salento brindisino e leccese. Frequentemente viene associato alla malvasia nera leccese per l’ottenimento di ottimi vini rossi ma anche di diversi eccellenti rosati per i quali il Salento è tradizionalmente vocato.

La produzione attuale riferita a questi due vitigni è molto ampia e ben distribuita su diverse fasce di livello qualitativo e di costo, ma è davvero impressionante il tanto decantato rapporto qualità/prezzo per i vini sotto i dieci euro.

L’unica nota negativa è che alle nostre latitudini questi vini non sono ancora sufficientemente conosciuti ed apprezzati, per cui difficili da reperire; inoltre c’è un generale scetticismo per i rosati, erroneamente ritenuti vini di serie B, in ogni caso con un minimo di buona volontà ci si può procurare un’ottima bottiglia.

A tal proposito, come sempre senza voler far pubblicità gratuita a nessuno, mi “sbilancio” citandovi per esempio alcuni buoni vini che ho assaggiato recentemente: per quanto concerne il primitivo a prezzo abbordabile ottimi il “Sud” Feudi S.Marzano, il “Sinfarossa” di Racemi, il “Memorìa” del Consorzio del Manduria, l’ “Etichetta nera” di Plantamura o il “Villa Santera” di Leone de Castris. Salendo ai vertrici qualitativi si arriva al “ES”di Gianfranco Fino (vino dell’anno 2014 calcolando la media dei punteggi ottenuti dalle guide) il “Primitivo 16” di Polvanera, il “Folle” di Luccarelli, “la Signora” di Morella, il “Vigna 60 anni” Feudi S.Marzano, il nuovo prodotto assaggiato al Vinitaly “Per Lui”di Leone de Castris e l’ “Artas” di Castello Monaci, quest’ultimi due del Salento.

primitivo_vinoTra i negramaro di prima fascia quello di Conti Zecca, il“Maru” di Castello Monaci, l’”Eloveni” di Leone de Castris o il “Cappello di Prete” di Candido, i vari Salice Salentino riserva di aziende come Leone de Castris, Vallone, Cantele e Taurino.

Più su segnalerei l’ “F”dei Feudi S.Marzano, lo “Spano” di M. Calò, il “Donna Lisa” a la novità anche per il negramaro“Per Lui” di Leone de Castris, il “Platone” di Albano Carrisi fino all’immenso (ma decisamente costoso) ”Patriglione “ di Cosimo Taurino .

Tra i rosati il famoso “Five roses ” , nato 70 anni fa prende il nome della divisione dell’esercito americano che ha liberato Salice Salentino dall’occupazione tedesca e da qualche anno ce n’è anche un’interessante versione spumantizzata col metodo classico, poi il “Rosa del Golfo”, il “Pozzelle” di Candido, l’Alezio rosato di Coppola.

A tavola questi rosati si esaltano con torte salate e timballi , primi piatti saporiti come spaghetti allo scoglio o al nero di seppia, pesci saporiti alla griglia o anche trancio di pesce spada in umido con capperi e olive nere, fino ad arrivare a carni bianche tipo fusi di pollo farciti o sella di coniglio “in porchetta”.

Con i vini rossi , da valutare a priori per la loro struttura e maturità, si può spaziare dai primi piatti saporiti e complessi anche con ragù di castrato o selvaggina, alle grigliate miste o alle carni in umido, fino ai formaggi saporiti , prodotti nelle nostre valli o del “territorio” come Caciocavallo o Canestrato Pugliese di pecora.

Il primitivo dolce naturale è un piacere anche goderselo da solo , direi quasi “mangiarselo” tanto è ricco e polposo , lo vedrei comunque bene reggere il confronto con diversi dolci al cioccolato altrimenti difficili da abbinare , quindi… assaggiare per credere.

Sopravvissuto all’affollatissimo Vinitaly 2015 vi saluto, alla prossima!

Roberto Beccaria

[clear-line]

ARTICOLI PRECEDENTI

26 marzo – L’Italia nel bicchiere. “Bollicine” italiane

24 febbraio – Viaggio nel mondo dei Passiti

13 febbraio – Il riscatto dei “Vitigni Poveri”

27 gennaio – Oggi con Roberto Beccaria parliamo del Nebbiolo

16 gennaio – Vino protagonista. “L’Italia nel bicchiere”, nuova rubrica di Roberto Beccaria