Un approccio che vada in senso contrario rispetto all’eccessiva specializzazione e che proprio per questo consenta di comprendere come intervenire in caso di pazienti con più patologie. È la formazione dell’internista, ossia di quel medico che presta servizio all’interno del reparto spesso indicato con l’espressione di “Medicina Generale”. Un modo di intervenire che necessita di competenze ampie e che ogni anno, all’interno dell’Ospedale Manzoni di Lecco, cerca di risolvere i disturbi di circa 2.000 degenti e 300 pazienti Day Hospital, cui si aggiungono le prestazioni ambulatoriali e le consulenze interne. «Cerca di risolvere», perché, in fondo, «non tuti i problemi sono risolvibili e la morte è qualche volta solo rimandabile». Sono le parole, queste, del primario del reparto lecchese nonché direttore del Dipartimento di Area Medica, Agostino Colli, specialista in Cardiologia, Gastroenterologia e Medicina Interna. «Sui 2.000 ricoveri annuali – ci spiega – sono circa 180 i decessi registrati. Un numero che corrisponde al 9 % sul totale dei ricoveri. Questo significa – prosegue – che nonostante la professionalità degli internisti, rimangono delle situazioni che non possono essere risolte. Credo che, nonostante il trionfalismo spesso eccessivo sui risultati della medicina, la morte debba essere accettata».
Ma conosciamo meglio la struttura del Dottor Colli, all’interno della quale attualmente lavorano diciotto medici. «Si tratta di uno dei più grossi reparti di Medicina Interna o Medicina Generale, denominazione che sottolinea proprio l’approccio generalista, opposto alla specializzazione. Esistono – precisa il dottore – sempre meno pazienti che hanno una sola malattia, la maggioranza di loro ne ha almeno due. Di fronte a una situazione come quella appena descritta l’approccio dell’internista risulta essere il più adatto, in quanto permette di avere una visione di insieme e di capire come procedere. Il nostro reparto – prosegue Colli – è innanzitutto organizzato in modo che tutti abbiano competenze su tutto. Nonostante questo non possiamo negare di aver sviluppato dei campi di intervento in cui siamo particolarmente preparati, potremmo dire specialisti». Malattie del fegato e dell’intestino e l’endocrinologia. Questi, quindi, gli ambiti in cui il reparto svolge un’attività maggiormente specialistica, anche se non a scapito di un approccio che deve comunque rimanere generale.
Ma come si concretizza questo approccio? Con un’organizzazione flessibile e capace di adattarsi il più possibile alle richieste del Pronto Soccorso. «Rispetto al passato – ci racconta il primario – abbiamo cercato di aumentare il livello di flessibilità, dando vita a una organizzazione interna innovativa e che ha suscitato l’interesse da parte di altre aziende ospedaliere. Il nostro primo compito è accogliere i pazienti che arrivano dal Pronto Soccorso. A tal proposito abbiamo istituito una struttura che si chiama SOAP (acronimo di Struttura Operativa Accettazione e Pianificazione clinico-assistenziale), all’interno della quale vengono temporaneamente ricoverati tutti i malati urgenti. In questo spazio, dove sono a disposizione 30 letti per la degenza, studiamo il caso specifico e capiamo come procedere. Le possibilità possono a tal punto essere tre: o si opta per la degenza a tutti gli effetti (48 letti in tutto), o per la dimissione del paziente oppure, novità dell’anno scorso, per l’assistenza post ricovero ospedaliera, da cui l’acronimo APRO. Si tratta di uno spazio in cui vengono allocati pazienti ormai clinicamente stabili per consolidarne l’evoluzione e programmare una dimissione “sicura”». Oltre alla degenza, gran parte dell’attività specialistica del reparto viene svolta in Day Hospital, dove si stima una permanenza di sei, massimo sette ore per paziente. «Attualmente riusciamo a effettuare in questo tempo quegli interventi che prima si facevano in degenza, riducendo in questo modo il ricorso al ricovero vero e proprio».
I medici della Medicina dispongono, poi, di un apparecchio ecografico tascabile che consente di potenziare le capacità diagnostiche al letto del malato. Uno strumento, questo, che favorisce una più rapida e accurata pianificazione del percorso diagnostico. «La disponibilità di questi apparecchi – riprende il primario – è il frutto di un progetto di ricerca regionale, che ci ha consentito di utilizzare per primi in Italia un prototipo di ecografo tascabile che ora è in commercio e che si chiama V-Scan, in italiano ecoscopio. Il nostro ospedale – aggiunge – è centro di coordinamento per questa sperimentazione».
Ma tornando al concetto di flessibilità, che stando a quanto afferma il primario sembra essere uno degli aspetti ormai fondamentali per una migliore gestione del reparto, Medicina Interna è oggi parte di un ampio dipartimento, di cui lo stesso Colli è il direttore. Si tratta del Dipartimento di Area Medica, una realtà che accanto al reparto di Medicina di Lecco include tutta una serie di altre strutture specialistiche affini. «Malattie infettive, Nefrologia, Dermatologia, Oncologia, Endoscopia e la Medicina di Merate. Questi – spiega Colli – i reparti che hanno compiti comuni e ai quali l’organizzazione dipartimentale garantisce un migliore coordinamento. Così facendo tendiamo a occuparci in modo flessibile dei problemi polispecialistici, rendendo sinergica l’attività delle varie specialità mediche e ottimizzando – conclude – l’occupazione dei posti letto all’interno del Dipartimento».