LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“Ho deciso di scrivervi perché sono decisamente indignata di fronte a ciò che ci sta succedendo. Mio padre, 68 anni, è stato ricoverato all’ospedale di Lecco alla fine di luglio per una crisi iperglicemica.
Da qualche mese, a seguito di emorragie ed ischemie cerebrali, è molto confuso e disorientato. Non c’è ancora una diagnosi ben precisa, sebbene siano presenti sintomi molto simili a quelli della demenza senile.
Prima di questo ricovero frequentava un centro diurno per anziani, quattro giorni alla settimana, pagando circa 500,00 euro mensili. Durante la degenza in ospedale ci è stato consigliato di disdire la permanenza al centro per evitare di pagare la retta senza poterlo frequentare. Così abbiamo fatto, anche perché non sapevamo bene quanti giorni sarebbe rimasto in ospedale e quanto ci sarebbe voluto poi per il recupero post ospedaliero.
Poco prima delle dimissioni, l’assistente sociale dell’ospedale ha assicurato a mia madre che si sarebbe occupata del caso e che avrebbe fatto richiesta in una struttura a Cantù ed una a Caglio per un ricovero sollievo gratuito comunicandole, in seguito, che si sarebbe liberato un posto all’inizio di settembre.
A casa non è stato semplice gestire la situazione: deambulazione difficile, incontinenza saltuaria, ansia e disorientamento non hanno aiutato mia madre che si trova da sola a seguirlo.
Al termine del mese di agosto mio padre è stato ricoverato all’ospedale di Merate per una polmonite e, conseguente sepsi. La prima notte dopo il ricovero, l’infermiera di turno mi ha chiamato pregandomi di recarmi in ospedale per assistere mio padre perché scavalcava le spondine del letto, si strappava le flebo, urlava contro tutti. Gli hanno messo le contenzioni all’addome e ai polsi e lo hanno sedato. Ci hanno poi chiesto un’assistenza continua perché si trattava di un paziente difficile da gestire.
Mia madre ha chiesto di parlare con l’assistente sociale dell’ospedale di Merate la quale, dopo un finto interessamento alla questione, ha comunicato che i due centri presso cui stavamo attendendo risposta non hanno ricevuto alcuna richiesta a nome di mio padre.
Mia madre, in difficoltà sull’eventuale gestione a casa, ha chiesto consiglio e si è sentita rispondere così: “Puo’ tornare a gestire suo marito come faceva prima, oppure mandarlo ancora al centro diurno. Poi abbiamo saputo che sua figlia è una oss (operatore socio sanitario) e puo’ darle una mano”.
Ora ci troviamo con un uomo di meno di 70 anni, disorientato, con allucinazioni e deliri, presidio di incontinenza durante il sonno, grosse difficoltà visive e difficoltà di deambulazione e conseguenti cadute; in attesa di risposta dal centro diurno (che potrebbe non essere positiva) e in difficoltà economica viste le alte rette delle case di riposo”.
Anna Arrigoni