Il 60,3% delle donne lombarde ha ricevuto almeno una forma di violenza

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Violenza donna

Il Coordinamento Donne Spi Lombardia ha presentato la ricerca “Le forme di violenza di genere nella popolazione anziana”

Violenze più diffuse: molestie fisiche-sessuali (30,5%); essere ignorate e non ascoltate (24,6%); umiliate di fronte ad altre persone (19%)

MILANO – In occasione dell’incontro “Violenza contro le donne. Parliamone con gli uomini”, il Coordinamento Donne dello SPI Lombardia ha presentato la ricerca Le forme di violenza di genere nella popolazione anziana. L’indagine nasce dalla volontà di indagare le diverse forme di violenza di genere con un focus specifico sulla popolazione anziana adottando una duplice prospettiva: quella delle donne e quella degli uomini.

“L’Italia è un Paese dove imperversa ancora una mentalità patriarcale che ha radici lontane, e per questo ben profonde – ha dichiarato Erica Ardenti, Coordinatrice del Coordinamento Donne SPI Lombardia -. Molti uomini mettono in atto comportamenti di violenza – non solo fisica ma anche verbale, psicologica – di cui nemmeno si rendono conto. Per questo, se vogliamo avviare quella profonda ‘rivoluzione culturale’ di cui sempre più parliamo, dobbiamo cominciare da una discussione con gli uomini per lo meno nel mondo degli adulti. Con i più giovani si tratta invece di mettere in atto pratiche educative innovative”.

Il fenomeno della violenza di genere è radicato nella cultura di genere, e per tale motivo è necessario indagare sia i modelli stereotipati relativi alla suddivisione dei ruoli di genere che l’atteggiamento stesso verso i comportamenti violenti. Sia in Italia che in Lombardia, nel complesso i maggiori pregiudizi rimandano a stereotipi sulla violenza sessuale e a stereotipi legati alla tradizionale suddivisione dei ruoli familiari in base al genere. Per il 48% dei lombardi, infatti, le donne che non vogliono un rapporto sessuale riescono ad evitarlo (a fronte di un 50% del dato nazionale). Il 13% degli intervistati, invece, sostiene che gli uomini sono meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche (contro il 15% del dato nazionale).

Per quanto riguarda il tema dell’ageismo, le principali forme di pregiudizio vissuto dal nostro campione in base all’età anagrafica sono: digitale, ovvero far sentire una persona anziana inadeguata nell’utilizzo di strumenti digitali; da mass media, ovvero la svalorizzazione della persona anziana nel dibattito pubblico; sanitario, ovvero il far sentire una persona anziana un peso per le richieste di attenzione in ambito medico-ospedaliero. L’indice di ageismo è basso ma si mostra relativamente più alto per le donne soprattutto più anziane, nei profili di benessere più bassi e in Lombardia anche per i titoli di studio più bassi. Il 25,3% degli anziani lombardi, infatti, si è sentito inadeguato nell’utilizzo dei nuovi strumenti digitali, di cui il 27% erano donne.

Spi Cgil violenza donne lombarde

L’analisi ha suddiviso schematicamente le forme e le fattispecie di violenza osservate in: pressioni di natura psicologica; offese e critiche; dipendenza economica; comportamenti persecutori; minacce e aggressioni fisiche; minacce e aggressioni sessuali; abbandono e negligenza.

Confrontando le prospettive, si evince come a fronte del 64,8% delle donne che ha subito almeno un comportamento violento nell’arco della vita, si rileva il 32,8% di uomini che ha messo in atto un comportamento violento. Per le donne, si riscontra una maggiore percentuale di chi ha subito da parte degli uomini più di una forma di violenza (44,6% a fronte del 20,3% con solo una forma). Il dato conferma come le violenze nei confronti delle donne prendano forma dentro storie e biografie di violenze non solo reiterandosi nel tempo ma anche assumendo diverse forme e modalità. Tutte le forme di violenza sono tra loro statisticamente correlate: indici di correlazione più alti per “comportamenti persecutori” e “aggressioni fisiche”; le correlazioni di coppia più alte sono tra “offese/critiche” e “violenza psicologica” e “comportamento persecutorio” e “violenza fisica”.

E se la violenza fisica, molestie o aggressioni sessuali, si attesta tragicamente ancora al primo posto della triste classifica – a livello nazionale il 32,4% delle intervistate dichiara di averne subite. In Lombardia la percentuale scende al 30,5% – sono sempre più sfaccettati i risvolti delle violenze psicologiche.

Il 26,9% delle intervistate dichiara di essere rimasta spesso inascoltata o addirittura ignorata, il 24,4% delle risposte indica situazioni di reiterato e accanito insulto. Il 22% del campione nazionale sostiene di essersi sentita limitata, almeno una volta, nei rapporti con famiglia e amici, mentre il 21,9% dichiara di essere stata umiliata pubblicamente. I dati nazionali non si discostano troppo dalla nostra realtà regionale: il 24,6% delle lombarde ha dichiarato di essersi sentita ignorata, il 19% di essere stata umiliata, il 18,9% di essere stata pesantemente insultata, il 17,7% di essersi sentita limitata nei rapporti con amici e famiglia. Un confronto interessante, se si considera che il campione preso in esame nella nostra regione non evidenzia situazioni di particolare disagio economico e sociale.

“Allarmante è il dato che riguarda le più giovani che ancora lavorano: il 14,7% dice di subire violenze e molestie sessuali sul luogo d’impiego – conclude Ardenti – un dato che in Lombardia si attesta sul 13,8%. C’è molto lavoro da fare.”

Dai dati emergono tre priorità di azioni di supporto e aiuto da intraprendere in Lombardia:

  • Avviare percorsi di sensibilizzazione contro la violenza di genere fin dalle scuole dell’obbligo (azione prioritaria per l’83%)
  • Favorire l’emancipazione economica e sociale delle donne sostenendole nei percorsi formativi nell’accesso al mondo del lavoro (prioritaria dal 57,8%)
  • Irrigidire le misure/pene contro chi commette violenza sulle donne (prioritaria dal 42,1%)

“Bisogna lavorare su due fronti diversi: il primo consiste nel lavorare su una cultura di genere più corretta, saperla affrontare nel quotidiano. Il secondo è produrre formazione su questi argomenti, cambiare le abitudini, i propri gesti. Diventare più sensibili e intercettare. Come si fa a rendersene conto? Ascoltare chi ne subisce. Stare più in silenzio, fare tesoro delle esperienze altrui per sentirsi responsabili. La sensazione di esagerazione è un condizionamento che abbiamo subito. Quando giudichiamo un comportamento estremo, dobbiamo chiederci chi ha deciso che ciò è estremo, e cambiare approccio”, afferma Lorenzo Gasparrini, filosofo Femminista.

Il Coordinamento Donne è un luogo di riflessione, raccolta dei bisogni, elaborazioni e proposte di genere che vengono poi portate all’interno di tutta l’organizzazione per un’azione comune. Contrariamente a quanto avvenuto in Cgil, lo Spi (come la Fisac) non ha mai sciolto tale suo organismo e la scelta della Cgil stessa di ridare vita alle assemblee dimostra quanto sia stata giusta la decisione, in quanto sul fronte delle pari opportunità la strada è sempre complessa e l’obiettivo non ancora raggiunto. Lo Spi ha un coordinamento donne a livello nazionale, suddiviso in divisioni regionali e poi territoriali, a riprova del forte radicamento sul territorio.

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