Un itinerario tra storia, industria e panorami alla scoperta del fiume Gerenzone e dei rioni di Lecco
Hanno partecipato circa 70 persone
LECCO – È stata proposta ai soci e simpatizzanti, domenica 14 dicembre, dal Cai Strada Storta, una peculiare attività sociale in ambito cittadino, pensata per concludere l’anno di escursioni in bellezza e rafforzare il legame con il territorio e con la propria città, capoluogo dei Promessi Sposi.
Con il supporto e la guida di tre membri dell’associazione Officina Gerenzone, il giovane presidente Paolo Colombo e i consiglieri Silvia Negri e Carlo Polvara, la Strada Storta è andata alla scoperta della valle del Gerenzone, percorrendo le vie di Laorca, Malavedo, San Giovanni, Rancio e Castello lungo il tracciato orografico dell’omonimo fiume.

Le tre guide, con entusiasmo e passione e in modo coinvolgente, hanno raccontato, da un punto di vista geografico-ambientale, storico e sociale, il ruolo che questo importante corso d’acqua ha avuto nei secoli per l’economia lecchese, dalla lavorazione del baco da seta alla produzione del fil di ferro.
L’obiettivo dell’associazione Officina Gerenzone, costituitasi nel 2019, è sensibilizzare e informare i cittadini sul fatto che Lecco non è soltanto lago, montagna e terziario, ma è stata ed è tuttora anche una città industriale, con un ruolo di primo piano in questo ambito.

Attraverso le proprie iniziative, Officina Gerenzone intende svelare le potenzialità di luoghi che hanno segnato la storia imprenditoriale della città. Per questo l’associazione ha particolarmente a cuore la valorizzazione e la tutela del fiume Gerenzone, non solo dal punto di vista ambientale ma anche storico-industriale. Nel 2024 è inoltre diventata un’associazione di promozione sociale (APS), contando oggi oltre 300 iscritti.
Nel secolo scorso, lungo il fiume, sono nate numerose aziende lecchesi, note non solo nei territori limitrofi e a livello regionale, ma anche a livello internazionale.

Il numeroso gruppo della Strada Storta, composto da circa 70 persone, in una fredda ma soleggiata domenica pre-natalizia di dicembre, con scarpe da trekking ai piedi e zainetto in spalla, si è dato appuntamento presso la chiesa di San Giovanni Battista a Laorca. Da qui ha preso avvio la gita culturale, con la visita al suggestivo cimitero di Laorca, dove è stato possibile ammirare i caratteristici fenomeni del carsismo: grotte e stalattiti ben visibili alla base del Corno Medale e l’acqua di una fonte che, sgocciolando dalla roccia, viene raccolta in una vasca.
Nel corso del racconto, i partecipanti hanno inoltre scoperto l’origine del soprannome degli abitanti di Laorca, detti “Craponi”, legato all’antica usanza di far battere la testa del bambino battezzato contro una colonna. Non solo Laorca possiede un appellativo: ogni quartiere di Lecco ha infatti un proprio soprannome distintivo, testimonianza di uno sviluppo urbano diverso da quello di molte altre città. Lecco non si è infatti espansa verso l’esterno a partire da un unico nucleo, ma il borgo lacustre originario ha progressivamente inglobato i borghi ai piedi dei rilievi, oggi riconosciuti come rioni cittadini.

Dopo un excursus sulle origini di Lecco, il gruppo ha raggiunto il letto del fiume, dove ha potuto apprezzare i reperti dell’archeologia industriale: opere e manufatti utilizzati in passato per convogliare l’acqua e azionare le turbine delle numerose fabbriche sorte lungo il corso d’acqua agli albori dell’industrializzazione (Falck, Alde, Badoni…). In quell’epoca si contavano ben 65 officine, dotate di 102 ruote idrauliche e 14 turbine, come documentato anche dal progetto di restauro conservativo del casello della diga in località Bassignana (progetto Paradone).
Dopo aver superato piccoli ponticelli e ascoltato la storia delle Fiumicelle, il gruppo ha rivolto attenzione ai resti di un antico acquedotto, collocato sotto il manto stradale della via che porta a Malavedo. Successivamente ha raggiunto la chiesa di San Giovanni, scoprendo che la facciata, nel corso degli anni, aveva cambiato orientamento: se in origine era rivolta verso il fiume, in seguito era stata girata verso il nucleo di case. Proseguendo il percorso, la Strada Storta ha fatto tappa in località Castello, entrando nel patio dell’ex Monastero delle suore Benedettine, oggi adibito a residenza privata.

La gita culturale della Strada Storta si è conclusa nel punto più alto della città, con la salita sulla torre campanaria della basilica di San Nicolò. I partecipanti hanno vissuto l’ebrezza di osservare la città dall’alto, salendo uno a uno i 400 gradini che conducono alle nove campane di diverse dimensioni, ciascuna intitolata a un santo. Le due campane più piccole sono dedicate a Santa Agnese e a San Luigi, protettori dei bambini, mentre la più grande ha un diametro di 164 cm.
Infine, arrampicandosi sulla scala a pioli, il gruppo ha raggiunto l’ultimo punto visitabile del campanile, a 92 metri sotto il tetto a spiovente, godendo di una prospettiva unica sulla città e sulle bellezze naturali del territorio circostante.

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