Nucleare sì, nucleare no. Per la Germania è stata una scelta di tipo etico, formalizzata da una commissione che ha suggerito al governo di fermare immediatamente otto centrali e le restanti tre entro il 2022. In Italia sarà il referendum a determinare tra qualche giorno se riaprire o meno la porta a questa forma di energia a cui gli italiano avevano detto no nel 1987.
A pochi giorni dalla consultazione referendaria ieri a Lecco si sono confrontate due autorevoli voci: Marco Ricotti, professore ordinario di impianti nucleari del dipartimento Energia del Politecnico di Milano uno dei massimi esperti italiani in materia e il fisico Roberto Rizzo, redattore della rivista FV Voltaici, già ricercatore del Cern. L’incontro è stato organizzato dall’associazione Futuro Italia, che viene animata da Fabio Dadati, Pdl, assessore della giunta Nava in Provincia di Lecco e consigliere di minoranza al Comune di Lecco.
Poggiato soprattutto su numeri e statistiche il contributo di Ricotti (a destra nella foto sotto), per il quale molte delle nostre attività quotidiane racchiudono tassi di rischio e d’inquinamento ben più alti di quelli insiti del nucleare. Sono cifre basate soprattutto sul presente e il passato.
Più orientati alla prospettiva oltre che sul presente i dati di Rizzo (a sinistra nella foto sotto). Sarà forse per la diversa scansione temporale delle rispettive prospettive, che i due relatori non si sono trovati d’accordo che su un punto: la questione energetica va affrontata utilizzando un mix di fonti e massimizzando la resa di ciascuna. Per Rizzo comunque il nucleare è da escludere per la longevità delle scorie (100mila anni) e per i costi economici sia d’avvio che di smantellamento delle centrali.
Di rimando Ricotti considera il fotovoltaico altrettanto oneroso se non di più, soprattutto nelel fasi iniziali supportate dagli incentivi statali. Insomma alla fine il problema è apparso soprattutto d’indirizzo degli investimenti, entrambe queste fonti energetiche ne richiedono d’ingenti, nell’ordine delle decine di miliardi e l’arco temporale prima di goderne i veri frutti si spinge in là di vent’anni.
Peraltro allo stato attuale in tutto il mondo le due fonti coprono percentuali minime dei fabbisogni nazionali. L’Europa poi come alternativa ai carburanti fossili può contare anche su una forma pulitissima senza scorie, né CO2: l’efficienza energetica capace di toglierci dalle peste per almeno il 30% del fabbisogno attuale.
Ecco alcuni dei numerosi punti e spunti evidenziati.
Scorie. Da stoccare per migliaia di anni in depositi ancora allo studio quelle nucleari, riciclabili sia per i pannelli al cadmio (non tutti sono d’accordo sul suo possibile riutilizzo) e al silicio per il fotovoltaico.
Produzione. Senza sole e con le nuvole il fotovoltaico si ferma o rallenta. Per le centrali nucleare lo stop può arrivare dalla siccità, che fa mancare l’acqua necessaria per il raffreddamento.
Efficienza. Il nucleare deve produrre sempre a massimo regime, indipendentemente dalla domanda. L’energia proveniente dal fotovoltaico non si può stoccare.
In coda una platea differenziata senza defezioni al trascorrere delle ore, ha animatamente discusso per il sì e per il no. Alla fine è apparso chiaro a tutti che l’Italia ha bisogno di una politica energetica profondamente pensata e costante nei propri intendimenti, come pure che la ricerca scientifica deve essere supportata perché perdere terreno renderà ancora più pesante la nostra posizione di dipendenza netta dall’estero per gli approvvigionamenti.