MANDELLO – Si accende lo scontro a mandello sullo Ius Soli: lo scorso martedì, il consiglio comunale ha approvato il regolamento per conferire la cittadinanza civica ai figli minorenni degli immigrati nati in Italia, provocando la ferma reazione della Lega Nord.
“Aria fritta” e “ideologia pura” secondo il segretario cittadino del Carroccio, Fabiola Bertassi, che ha pesantemente criticato la scelta della maggioranza e sulla quale ha optato per l’astensione:
“Non è la prima volta che come cittadino mi pongo il quesito: perché una giunta comunale invece di programmare un welfare basato su progetti per il rilancio del lavoro, perde tempo prezioso a pianificare un regolamento intorno a modifiche di legge ben lontane dall’essere ancora state approvate ai vertici di governo?”
Di fatto si tratta di un provvedimento dal carattere simbolico, ma se nel lecchese sono solo due finora i Comuni ad averlo varato (Osnago e Mandello) in tutta la penisola superano quota 160 e tra questi città come Milano, Napoli, Torino, l’Aquila e Lucca.
Una misura presa dai Comuni per spronare il Governo centrale ad una legge nazionale che potrebbe ben presto arrivare con l’impegno del ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge.
Un’ipotesi fortemente contrastata dai leghisti:
“Se passassero le modifiche volute dalla Kyenge, e che va ribadito sono ancora lungi dall’essere attuative, saranno pronti i cittadini italiani a esborsare di propria tasca quanto servirà a mantenere famiglie intere che chiederanno di ricongiungersi al proprio neonato il cui primo vagito è stato emesso sul suolo italiano? E cosa significa “ricongiungimento”? Parenti che dovranno essere alloggiati, riscaldati, a cui andranno dati cibo e cure sanitarie. Se la sentono i cittadini italiani di adottare centinaia, migliaia di persone all’anno a proprie spese?” si chiede Bertassi.
“Lo Ius Soli non può e non deve essere consegnato a tutti, non può diventare un diritto acquisito non appena si varchi il confine del nostro Paese – conclude – Il vero significato di integrazione passa attraverso la volontà dell’immigrato di lavorare, pagare i contributi, crescere economicamente e culturalmente nel paese dove è stato ospitato, non di vivere di assistenzialismo”.