LECCO – Rapire il ministro del lavoro per costringerlo a cambiare il decreto che non gli ha permesso di andare in pensione quando ormai gli mancavano pochi contributi da versare e riducendolo, per altro, senza lavoro, con i sogni di vita nuova ormai alla deriva.
“L’ho fatto per il mio paese” (Francesco Freyrie, Andrea Zalone e Antonio Cornacchione) vede uno splendido Antonio Cornacchione nei panni di Benedetto (Benni), infermiere prima, fotografo poi, sposato con Maddalena (che mai entra in scena), fumatrice incallita e dalle dimensioni notevoli; mentre, l’eccellente Lucia Vasini, è Eleonora Burci Campani, donna altolocata, commercialista, sposata con un finanziere di alto rango (anch’egli come Maddalena mai in scena), nonché, per l’appunto, ministro del lavoro.
Tutto si svolge in una sorta di “garage – bunker” situato in un’area industriale dismessa e dimenticata da tutti, isola di pace per Benni e unico luogo, insieme al cesso di casa, dove poter stare con se stesso senza avere tra i piedi moglie e suocera.
E’ questo il nascondiglio in cui ha sequestrato il ministro dopo il rapimento. Unico obiettivo di Benni è quello di costringerlo ad abolire il decreto che gli ha spostato in avanti di anni il pensionamento. Solo a quel punto libererà nuovamente il ministro.
La strategia apparentemente è semplice, dare a stampa e tv un video nel quale il ministro annuncia, leggendo un comunicato, l’intenzione di fare retromarcia e abolire il decreto. Ma d’ora in poi accade di tutto e di più.
Due vite totalmente diverse, due punti di vita diversi, due caratteri diametralmente opposti costretti nella stessa stanza si incontrano e si scontrano. Benni che parla di felicità, di uguaglianza e che dice di aver compiuto il rapimento per sé e per il suo paese; il ministro, snob e borghese, che sostiene di essersi dedicata alla politica per fare un favore a “voi italiani”, ma che nel contempo ha cercato un riscatto professionale e non solo.
Ne nasce una piece di teatro brillante, tragicomica e amaramente divertente, dove si ritrova, in certo qual modo, la condizione di moltissimi italiani, “sfigati”, che quando cercano di far valere i propri diritti alzando la voce e puntando il dito contro le istituzioni lontane anni luce dai bisogni della gente, vengono bollati come “comunisti”; dall’altro lato il politico che vive su un altro pianeta, distante e a tratti persino non curante dai veri problemi di vita quotidiana con cui la gente comune è costretta a lottare; un ministro tuttavia a suo dire impegnato, la cui agenda è costellata di appuntamenti in palestra, dall’estetista e nei vari talk show televisivi.
E così, rapito il ministro e rinchiuso nel suo nascondiglio segreto, Benni tenta di realizzare il video ma per un motivo o per l’altro viene interrotto dal ministro. Quando lo realizza e lo consegna ai mass media, sbaglia e dà tutta la registrazione, “fuori onda” compresi.
Il risultato ottenuto è diametralmente opposto a quello desiderato. Nessuno crede ai due che vengono scambiati per attori. Persino il marito del ministro, si legge su un giornale, conferma che quella del video non è la vera Eleonora Burci Campani, la quale, si pensa sia scappata o, più probabilmente, si sia congedata dal mondo con un gesto estremo.
Nessuno gli crede, nessuno li cerca, intanto cade il Governo e Burci Campani non è nemmeno più ministro. Benni ha fallito il suo obiettivo e i suoi sogni tramontano per l’ennesima volta; il ministro invece si ritrova nuovamente a vivere la solitudine che l’ha accompagnata per tutta la vita, vita, la sua, preconfezionata da un padre, commercialista pure lui, che le ha tarpato le ali sin da ragazzina quando voleva fare la poetessa.
Si arriva all’atto finale con i due, ormai soli, che scoprono, nonostante le rispettive differenze e diversità, di avere qualche punto di intesa “lasciandosi” con la promessa, (quasi) da buoni amici, di rivedersi tutti i giovedì… “Ma oggi è giovedì”.