MANDELLO – “Amò la sua piccola parrocchia come fosse il suo paese. Ne parlava il dialetto, quasi accentuandone le particolarità locali, ne investigò l’umile storia. Non volle lasciarla mai, nonostante i ripetuti inviti, le difficoltà incontrate e le proposte di Parrocchie di ben altro rilievo. Unico tentativo di andarsene, ma soltanto per qualche tempo, fu quello fatto quando chiese di essere arruolato tra i cappellani militari nella guerra 1915-1918”.
A pronunciare queste parole fu, il 27 novembre 1967, monsignor Clemente Gaddi nel giorno dei funerali di don Giuseppe Peduzzi, parroco di Somana dal 1901 al 1954.
Quattro anni prima monsignor Gaddi era stato nominato vescovo di Bergamo. Fu appunto lui, quel giorno di fine novembre del ’67, a presiedere il rito funebre del “curato di Somana”, come don Peduzzi continuava a essere chiamato tanto lunga e attiva era stata la sua permanenza nella frazione mandellese.
E oggi, domenica 25 gennaio, il ricordo di quel parroco rivive nella comunità mandellese che gli dedica una strada. A Somana, naturalmente, dove – come ebbe a dire all’omelia della messa funebre il vescovo Gaddi – “lui ci stava bene”. “E se erano frequenti le assenze e talvolta prolungate – aggiungeva il prelato – sembrava le facesse per godere meglio la gioia del ritorno tra la sua gente, ancora così sana nel costume e così fedele alle tradizioni religiose”.
“Don Peduzzi fu prete in tutta l’espressione del termine – ricordò sempre il vescovo – e perché prete curò come pochi l’istruzione religiosa ai piccoli e ai grandi, con una insistenza, un’autorità e una specie di prepotenza davanti alla quale bisognava cedere. Usava metodi pedagogici e didattici che ora non sarebbero né approvati né tollerati, ma il mondo era diverso dall’attuale e lui accettava con qualche critica ciò che ora non sopporterebbe affatto”.
Monsignor Clemente Gaddi aggiungeva: “Aveva un’oratoria quasi violenta tanto era convinto della verità di cui era maestro. Era, la sua, una predicazione più moraleggiante che dottrinale ma viva, pratica, ardente. Promosse la devozione alla Madonna del Rosario e diffuse la lettura del Vangelo… Non era molto legato alle norme della liturgia, ma era devotissimo della pietà individuale e assai regolare nel compierne le pratiche. Recitava gran parte del breviario davanti al tabernacolo e qualche parte, nella bella stagione, passeggiando sul sagrato, con molte interruzioni perché non c’era verso che una persona passasse per la strada che egli non chiamasse per una parola, un rimbrotto, uno scherzo, un incarico”.
Quindi il pensiero conclusivo del vescovo di Bergamo: “Noi abbiamo una viva devozione per i morti e il camposanto è meta di molte visite. Ora lì c’è una tomba che interessa tutti, che è di tutti, che dice qualcosa a ogni casa, a ogni cuore. E che domanda, nel nome di Gesù, che non si spenga mai il ricordo e che non venga mai meno la preghiera di suffragio”.