Beltrami: “Nella stessa grotta il mio primo soccorso speleologico”

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Gian Attilio Beltrami
Gianni Beltrami

Correva l’anno 1976, alla fine della consegna del pantentino il responsabile Adriano Vanin porta dei nuovi abilitati a casa per il brindisi augurale. In quel mentre arriva la chiamata di soccorso, mano allo zaino e via si parte. Tra questi ‘nuovi’ c’è Gianni Beltrami non ancora  responsabile della XIX delegazione lariana del Soccorso alpino e speleologico come oggi.

Era forse una situazione meno grave, perché l’uomo si è infortunato all’ultimo livello prima dell’uscita” ricorda Beltrami.

Era la stessa grotta di oggi? “Un altro pozzo, chiamato ‘Omber in bando al bus del zel‘, la grotta è molto complessa si sviluppa su 21 chilometri ed ha cunicoli stretti, a volte ciechi”.

E come è andata? “Lo abbiamo salvato, un bresciano che si chiamava Mario Vinai
Ma trent’anni fa sarà stato diverso? “Da una base militare vicino arrivò un grosso compressore. Quella poi è un’area di minatori. Vennero in molti ad aiutarci ad aprire i varchi nei passaggi stretti, perché allora le microcariche di esplosivo nono esistevano e si lavorava di punteruolo e mazzetta. Allora esisteva un unico responsabile del soccorso speleologico per tre regioni: Liguria, Piemonte e Lombardia che era Pier Giorgio Baldracco, l’attuale responsabile nazionale del CNSAS “.

La grotta bresciana quindi è davvero insidiosa l’ultimo incidente risale a due anni fa.