Profumi, ombretti, mascara, fondotinta, ciprie e rossetti, da rifornire mezza profumeria, tutti falsi secondo l’accusa e pure pericolosi per la presenza in quantità eccessive di alcuni metalli pesanti come il nichel e il cromo, tossici per l’uomo, pardon per la donna.
Magari con qualche pregiudizio potrebbe sembrare una storia cinese e invece è … italianissima, anzi lecchese.
Le pesanti accuse formulate in aula del tribunale di Lecco dal pm Pietro Bassi (basandosi su un fascicolo preparato dal sostituto procuratore Paolo Del Grosso) sono alla base di una richiesta di una condanna a tre anni di carcere per l’imprenditore Giuseppe Ferraro. I reati contestati sono contraffazione e alterazione industriale, inoltre per la
vendita e commercializzazione di falsi prodotti industriali.
La vicenda venne alla luce due anni fa, dopo sei mesi d’indagini della Guardia di Finanza di Lecco allora guidata dal colonnello Bettini. Fu scoperto un traffico di cosmetici falsi, vestiti con etichette e confezioni contraffatte di note marche quali Chanel, Collistar, Deborah, Max Factor, Pupa e Revlon. Con quella operazione denominata non a caso ‘ Make up’ le Fiamme gialle sequestrarono più di 670 mila prodotti, alcuni macchinari per la stampa di etichette e due fabbriche.
Ferraro, ritenuto responsabile dell’intera organizzazione, venne arrestato in flagranza di reato. Le Fiamme gialle appurarono che i cosmetici, una volta confezionati a Sala al Barro (Galbiate) nel capannone di una ex tipografia, venivano stoccati in uno stabilimento vicino a Roma per poi essere avviati alla vendita nei mercatini di zona della capitale.
L’udienza di oggi è servita ad esporre le tesi dell’accusa, il prossimo 28 marzo sarà la volta della difesa e quindi della sentenza.