Riconoscere le proprie capacità – Come acquisire la testa del campione

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Negli articoli precedenti abbiamo affrontato alcune caratteristiche della testa del campione: la proiezione nel futuro e il rapporto con il fattore sfortuna.

L’ultimo elemento da affrontare riguarda le abilità: i campioni hanno la percezione di avere capacità sportive in grado di far fronte alle richieste.

Si tratta della sensazione di autoefficacia (Self Efficacy) che può essere descritta come la percezione di potercela fare, di avere le doti necessarie per far fronte ad una o più domande esterne.

Nello sport spesso è fluida e cambia in fretta, condizionata da fattori esterni, primo fra tutti il risultato: il famoso detto “vincere aiuta a vincere” in termini psicologici si può descrivere “come vincere aumenta il senso di autoefficacia che ci spinge ad impiegare maggiori risorse nelle competizioni successive, poichè sappiamo che la vittoria è alla nostra portata” 🙂

Ecco qui la chiave di volta di questo aspetto psicologico: si potrebbe credere che i campioni abbiano “solo” un’altissima Self Efficacy e siano convinti di avere sempre le risorse adatte per affrontare ogni situazione.

In realtà è una sfumatura a fare la differenza: il campione non è ciecamente convinto delle sue capacità, ma piuttosto è lucido nel capire i suoi limiti e, nel caso in cui la richiesta sia superiore alle sue abilità, sa scegliere la soluzione migliore: provare a capire se il limite è un passo più in là, oppure essere consapevole che oltre quella soglia si nasconde un “errore”. L’errore in questo caso rappresenta una compromissione della prestazione stessa (subire un gol a partita finita, inforcare una porta, scivolare nella ghiaia, sbagliare l’atterraggio, sbagliare un putt decisivo, etc.) e in alcuni sport l’errore è persino un pericolo reale (in particolare negli sport di velocità).

Due consapevolezze guidano il campione:

1) E’ consapevole delle proprie risorse, senza filtri positivi o negativi, ciò gli permette di capire dove possono essere i suoi margini di miglioramento.

2) Egli sa che è in quel momento specifico che ha quelle risorse specifiche, non è perciò una condizione rigida ma è possibile modificarle nel tempo (a volte anche nell’immediato, durante la prestazione stessa).

La Self Efficacy del campione è un “sincero” esame della realtà, delle opportunità reali su di sè e dell’eventualità di trovare ulteriori possibilità durante l’esecuzione sportiva stessa. Ma, a differenza di buona parte degli atleti, la Self Efficacy del campione non diminuisce quando la soglia dell’errore è ad un passo: semplicemente egli cerca di ottimizzare il risultato. Se decide di osare lo fa con buone motivazioni.

La difficoltà dell’atleta “medio” è che quando si accorge di non avere le capacità per ottenere un risultato ha la tendenza a subire emotivamente questa limitazione, che rappresenta per lui una sconfitta che avviene ancor prima di scendere in campo.

Quando invece si ha addosso la sensazione che le proprie risorse siano dinamiche, in movimento, quando soprattutto si riesce a renderle fluide durante una prestazione sportiva (il saper cambiare passo quando serve), allora anche certe classifiche che ci creiamo nella nostra testa vengono meno: io non sono più quello che può arrivare fra il 10° e il 15° posto, ma sarò semplicemente curioso di vedere cosa otterrò oggi e, successivamente, domani!

L’esempio più significativo che mi viene in mente a riguardo è sicuramente Laguna Seca 2008, gara della MotoGP. Valentino Rossi pagava 1 secondo in qualifica da Casey Stoner. La gara era per tutti scontatissima: Casey avrebbe vinto agevolmente. Mi permetto inoltre fare una piccola provocazione: Stoner era semplicemente più veloce di Rossi, in generale, in quel periodo. Ma a qualcuno questi dettagli non interessavano granchè, perchè era troppo concentrato a capire cosa fare per “arrivarci”. Era la persona giusta al posto giusto: Rossi. La storia ci ha lasciato una delle gare più belle del motociclismo moderno, una lotta emozionante in cui la “mente” di Rossi ha duettato con il talento di Stoner. Non fu, del resto, l’unica gara vinta con la testa da parte del pilota italiano, segno che una predisposizione naturale psico-sportiva è abbondantemente parte del bagaglio del pilota di Tavullia.

Ma cosa può fare uno sportivo che invece vuole apprendere queste modalità di pensiero?

Sono 3 le indicazioni da seguire:

– indagare le proprie risorse. In psicologia dello sport si usano diversi strumenti diagnostici come test, questionari e prove di valutazione pratiche.
– Comprendere che possono cambiare nel tempo, attraverso le modalità di pensiero anche da un istante all’altro!
– Capire come richiamarle al momento giusto. Tramite il Mental Training è possibile sviluppare un protocollo che, attraverso degli esercizi personalizzati, permette di ottenere uno specifico stato di attivazione.

Dott. Mauro Lucchetta

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ARTICOLI PRECEDENTI

16 aprile – Proiettarsi nel futuro. Come acquisire la testa del campione

9 aprile – Il fattore sfiga. Come acquisire la testa del campione

1 aprile – Come acquisire la testa del campione? Il pensiero controllato

25 marzo – Come funziona la testa del campione?

18 marzo – La definizione degli obiettivi sportivi

11 marzo – Prima di visualizzare: osservare!

5 marzo – Il dialogo interiore

27 febbraio – Introduzione alla psicologia dello sport