Sottoscritto l’accordo per la realizzazione di un ospedale di Comunità a Introbio
“Nuovi servizi per la Valsassina, i medici di base saranno protagonisti”
INTROBIO – “Stiamo dando il via ad una cosa importantissima. Si parla spesso della necessità di collaborazione tra Comuni, qui a Introbio inizia qualcosa che non servirà solo al nostro paese ma a tutta la comunità valsassinese”.
E’ entusiasta Adriano Airoldi, sindaco di Introbio, mentre pone la firma sul protocollo d’intesa che porterà alla futura realizzazione di un ospedale di comunità nel cuore della Valsassina.
Da definizione, l’ospedale di comunità è una struttura di ricovero breve, con funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero per pazienti che necessitano di interventi sanitari a bassa intensità. A Introbio conterà 10 posti letto e sorgerà in un nuovo edificio che sarà edificato nel terreno della Comunità Montana accanto all’attuale sede del PreSst, in località Sceregalli, dove sono già presenti anche la Casa di Riposo Villa Serena, il centro diurno per i disabili, il Centro soccorso Valsassina e la Guardia medica.
Nello stesso stabile dell’ospedale di Comunità sarà ospitata anche la Casa di Comunità. “Sarà una piccola cittadina della salute” ha rimarcato il sindaco.
Fondamentale per il risultato è stato il confronto tra l’ente montano e l’ATS Brianza: “Era emersa con la Comunità Montana la possibilità di collocare un ospedale di Comunità ad Introbio, ma guadando ai parametri che sottendono a queste strutture, non c’erano le condizioni per farlo” ha spiegato Carmelo Scarcella, direttore dell’ATS, in riferimento al requisito demografico che prevede un ospedale di Comunità ogni 50 mila abitanti.
“Non bisogna però appiattirsi sugli standard quando parliamo di servizi alle persone, i numeri vanno contestualizzati alla situazione – ha proseguito Scarcella – Abbiamo deciso quindi di condividere questo percorso con le istituzioni e con i medici di medicina generale che dovranno essere l’anima fondante dell’ospedale di Comunità”.
Dopo il PreSst arrivato nel 2016, Introbio diventa nuovamente riferimento per la valle: “E’ un accordo che sancisce nuovi servizi alla Valsassina – ha aggiunto Paolo Favini, direttore dell’azienda ospedaliera di Lecco – un ospedale di Comunità sperimentale, perché la realtà valsassinese ha dei numeri diversi da quelli previsti ma che necessitava delle riposte”.
“Con il direttore Scarcella ci siamo incontrati a settembre, discutendo di questa possibilità – ha ricordato Fabio Canepari, presidente della Comunità Montana – ci siamo detti che Introbio sarebbe stato il luogo ideale perché già sede del distretto sanitario e pochi mesi dopo siamo arrivati a sottoscrivere questo accordo, significa che tutti ci hanno creduto e che la sanità sta sostenendo la nostra Valsassina”.
Alla firma del protocollo era presente anche il prefetto Castrese De Rosa che plaudito alla collaborazione tra le istituzioni e all’importanza “di guardare al di là degli standard, di cifre e statistiche, laddove c’è la necessità del cittadino”.
Potrà attrarre nuovi medici in valle
“Ancor di più nelle aree periferiche, il medico di famiglia è un riferimento effettivo per tutti i problemi di salute del cittadino. Agli stessi medici di base viene chiesto oggi uno sforzo straordinario per garantire un servizio che non dovrebbe esistere in queste condizioni” ha rimarcato il direttore di ATS.
La presenza sempre meno capillare di medici di famiglia sul territorio è un problema anche della Valsassina: “Tanti ne vanno in pensione e i medici giovani tendono a scegliere altri luoghi dove esercitare – è intervenuto Guido Agostoni in rappresentanza dei sindaci del Distretto – un ospedale di Comunità può essere un incentivo a scegliere invece di operare qui, perché ci sarà una maggiore interazione con altre strutture sanitarie”.
La pensa allo stesso modo il dott. Libero Tamagnini, rappresentante dei medici di medicina generale: “Oggi non si può erogare assistenza su un territorio così vasto come la Valsassina con un medico singolo, i servizi devono essere organizzati affinché vadano a coprire i bisogni delle persone. I giovani medici fanno effettivamente fatica ad arrivare perché vogliono fare più clinica, assistere i pazienti e avere meno burocrazia. L’esperimento del Presst ha già dimostrato con successo che l’organizzazione sgrava il medico di molti compiti e consente loro di dedicarsi esclusivamente alla clinica”.