Partecipato l’evento organizzato per ricordare la mitica impresa
Alla serata presente anche il lecchese Gildo Airoldi che scalò l’Eiger con Aste, Asquistapace, Solina, Perego e Mellano
PIANI RESINELLI – 16 agosto 1962: a ventiquattro anni dalla prima salita lungo la terribile ‘Nordwand’, la parete Nord dell’Eiger, compiuta dai tedeschi Heinrich Harrer e Andreas Heckmaier, due cordate di forti alpinisti italiani raggiungono la vetta, firmando la prima ascesa italiana. Un’impresa straordinaria, a pochi anni di distanza dalla tragica spedizione dei lecchesi Claudio Corti e Stefano Longhi, finita in tragedia: da quel tentativo, la mitica parete, simbolo dell’alpinismo dell’epoca, sembrò destinata a non essere mai scalata da un italiano.
Fino all’arrivo di sei alpinisti, tra cui tre lecchesi, partiti in due cordate, l’una all’insaputa dell’altra, e finiti per salire assieme la mitica nord dell’Eiger, sogno e allo stesso incubo. I loro nomi sono Armando Aste, Pierlorenzo Acquistapace, Gildo Airoldi, Andrea Mellano, Romano Perego e Franco Solina.
La mitica impresa è stata ricordata, sessant’anni dopo (neanche a farlo apposta proprio il 16 agosto) martedì sera ai Piani Resinelli con un evento-racconto in collaborazione con i Ragni di Lecco molto partecipato. Tantissime le persone che si sono radunate nella Piazza della Chiesa e che, grazie a foto, video, aneddoti e racconti, hanno potuto rivivere la prima italiana sulla Nord dell’Eiger.
La serata, condotta da Serafino Ripamonti (Ragni di Lecco), ha visto la presenza dello storico Alberto Benini e di Giovanni Capra, autore del libro ‘Due cordate per una parete. 1962, la prima italiana sulla Nord dell’Eiger’. “Sono davvero molto emozionato – il suo commento – la storia dell’Eiger è molto complicata, piena di incontri e di persone. Una montagna da sogno ma allo stesso da incubo, la cui fama sinistra non ha però scoraggiato i numerosissimi alpinisti che negli anni vi si sono cimentati, con esiti spesso tragici. Per me è stato un onore raccontare questa storia tramite i suoi protagonisti”.
Tra il pubblico c’era anche Gildo Airoldi, membro di una delle due cordate che compirono l’impresa. Airoldi era legato con Perego e Mellano: “Sull’Eiger si diceva che era meglio andare in tre – ha raccontato Capra introducendo la spedizione – Perego era già d’accordo con Mellano e per terzo ha scelto Gildo Airoldi. Dall’altra parte c’erano il formidabile rocciatore delle Dolomiti Armando Aste con Franco Solina. Pierlorenzo Acquistapace, meglio conosciuto come ‘Canella’, era invece appostato da due settimane alla Kleine Sheidegg attendendo una finestra di bel tempo. In teoria avrebbe dovuto subito telefonare a Giuseppe Alippi, il Det, che da buon contadino a tempo pieno non poteva prendersi troppe ferie. Ma era a casa, con lo zaino pronto per partire. Acquistapace però poi incontra Aste e Solina e decide di salire con loro l’Eiger. I due si sono alla fine trovati all’Eiger per un altro segno del destino e durante il viaggio di ritorno hanno avuto modo di chiarirsi” ha sorriso ricordando l’episodio.
Le due cordate così formate si trovano per caso sotto il primo nevaio e decidono di proseguire insieme. Il resto è storia.
“Sono cresciuto ‘con la frusta’ alpinisticamente – ha raccontato Gildo Airoldi – la prima regola era non dire dove andavi ad arrampicare, soprattutto se andavi all’Eiger. Con Romano (Perego, ndr) abbiamo fatto un po’ di allenamento prima di partire per la Svizzera. Ci son stati anche problemi in dogana perché in teoria non potevo passare visto che ero in leva. Comunque, ce la facemmo. Ricordo che in cammino incontrammo un pastore, ci guardò e ci chiese se fossimo lì per l’Eiger. Al nostro sì scosse la testa e disse “Italiani, Eiger, kaputt! (cioè morti)’. Gli risposi che prima sarebbero morte tutte le sue mucche”.
L’agitazione però non mancava, come ha ricordato l’alpinista: “La notte prima di attaccare la trascorsi insonne. Quando cominciammo la salita il mio problema era il nevaio, paurosamente verticale e con ghiaccio vivo. Avevamo i ramponi a 10 punte, la progressione era lenta e ricordo che dovevamo scavare gli appigli”.
I ricordi si intersecano poi con la (dis)avventura del Det e di Nando Nusdeo, anche lui presente alla serata: “Avevamo deciso di partire per l’Eiger io e il Det, ero andato a casa sua a prenderlo, stava sfalciando il fieno, forse per smaltire la rabbia della telefonata del Canella che non arrivava più” ha raccontato ridendo. La salita dei due lecchesi si interseca però con il maltempo e con un salvataggio ‘da film’: “Stavamo salendo quando ci ha colto il brutto e si siamo riparati su una cengia. Eravamo li ad aspettare quando ad un certo punto vediamo questi due alpinisti, due scozzesi, scendere in arrampicata. Uno dei due vola, cade per 20 metri. Lo abbiamo recuperato, era seriamente ferito, e portato in salvo attraverso la finestra aperta in piena parete durante la costruzione della ferrovia per lo scarico dei materiali. Tutto grazie al sangue freddo del Det che è partito sotto la pioggia per cercare l’entrata”.
Sul maxischermo allestito scorrono le fotografie scattate con la macchina fotografica di Romano Perego: “Sono poche perchè le foto della spedizione erano state fate con la macchina di Aste, andata però dispersa durante la salita” racconta Giovanni Capra. Poche ma buone, si direbbe oggi, le difficoltà e la verticalità sono perfettamente rappresentate.
La serata si è conclusa con il racconto della salita invernale compiuta di recente da Serafino Ripamonti: “Sessant’anni non sono pochi, le cose sono molto cambiate – ha raccontato mostrando le sue foto – attrezzature, equipaggiamento e direi in particolare la possibilità di avere previsioni meteo attendibili, contrariamente ad allora quando il maltempo ti poteva cogliere all’improvviso, in quota. Quello che han fatto ‘i nostri’ sull’Eiger è qualcosa di incredibile” ha concluso.