Al Cenacolo Francescano la presentazione del libro ‘Cara Giulia’
Circa 400 i giovani presenti: “Imparate ad accettarvi così come siete”
LECCO – “Il consiglio che mi sento di darvi è: accettatevi, così come siete. Fate quello che vi piace fare, non quello che piace agli altri. E quando soffrite per le critiche, ignoratele, concentratevi sul bello della vostra vita”. Un appello potente quello lanciato da Gino Cecchettin, papà di Giulia, la giovane 22enne assassinata dal compagno Filippo Turetta lo scorso 11 novembre, ospite a Lecco per presentare agli studenti il suo libro ‘Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia’ scritto con Marco Franzoso.
L’iniziativa, che rientra nell’ambito del festival della lettura Leggermente promosso da Confcommercio Lecco, si è svolta questa mattina, martedì, presso il Cenacolo Francescano che ha accolto circa 400 studenti di terza media e delle superiori, provenienti dai principali istituti lecchesi. In platea c’erano anche il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni insieme alla vicesindaco Simona Piazza e al Prefetto Sergio Pomponio.
Accompagnato sul palco da Eleonora Marchiafava, giornalista del gruppo Rizzoli, e dal dottor Ottaviano Martinelli, Direttore del Dipartimento di Neuropsichiatria per l’Infanzia e l’Adolescenza di Asst Lecco, Gino Cecchettin ha raccontato di Giulia e del libro, parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime di violenza di genere, ma non solo: con aneddoti, inerenti anche alla sua vita, ha voluto mandare un messaggio importante sia ai giovanissimi che ha incontrato, invitandoli ad accettarsi, che agli adulti, che hanno il compito di ‘vigilare’.
La chiacchierata, condotta da Marchiafava, è partita proprio dal ricordo di Giulia: “Lei era amore e bellezza – ha detto papà Gino – mi ricordo di alcuni giorni ‘storti’, tornavo a casa di cattivo umore e lei mi salutava dicendo ‘Ciao, papino’. Giulia sapeva comunicare tutto il bello, filtrando il brutto della sua vita. Ed era sicura delle sue scelte, faccio un esempio banalissimo: aveva comprato un giubbotto che tutti noi giudicavamo orrendo, ma lei lo indossava con orgoglio dicendo che le piaceva. Forse una delle cose di cui vado più orgoglioso come genitore è proprio questa: avere insegnato ai miei figli ad accettarsi, senza dare retta al pensiero degli altri”.
L’idea di scrivere un libro è nata pochi giorni dopo il funerale di Giulia: “Ero a casa con Elena e Davide, gli altri due miei figli, il campanello suonava ogni 15 minuti, ricordo che ero stanco, fisicamente e mentalmente. Ma non so dire di no a nessuno, quindi ho accolto tutti, ringraziandoli per la vicinanza, le parole, i pensieri. Finché tra i visitatori arriva Marco Franzoso, che si presenza dicendomi di essere uno scrittore. Ammetto che il primo pensiero era stato “Oddio, un altro?” ma qualcosa in lui mi ha subito colpito, mi ha trasmesso umanità. Volevo conoscerlo meglio, così chiacchierando gli ho raccontato che avevo iniziato a scrivere delle lettere a Giulia, per mettere nero su bianco dei pensieri. Da lì è nato tutto”.
Il ricavato del libro verrà destinato a Fondazione Giulia, nata a sostegno di associazioni e realtà che si occupano di violenza di genere: “Il primo motivo che mi ha spinto a scrivere il libro è per fare un regalo ad una figlia veramente speciale. Da quando è mancata mi sono sentito incompiuto come genitore e ho iniziato a scriverle delle lettere per ricordarla in ogni singolo dettaglio. Poi, però, ho pensato che Giulia, oltre che essere mia figlia, era diventata un po’ di tutti e ho sentito il dovere di mostrare al mondo che persona era e di fare in modo, attraverso questo mio ricordo, che altre persone si pongano le mie stesse domande”.
Domande che, da quel tragico 11 novembre, sono state costanti e continue: “Non passa giorno che io non pensi a Giulia – ha raccontato – ma sono un piccolo essere umano e non ho risposte per quello che è accaduto. Quello che posso però fare è aiutare qualcuno a non avere la sua stessa sorte. Mia figlia Elena ha avuto ragione: il silenzio è la strategia sbagliata, fare rumore è la cosa giusta. Un grande aiuto è stato concentrarmi sulla sua figura anche nei momenti peggiori, quelli di rabbia: pensando a lei, mi calmavo, come per magia, arrivava il sollievo. E questo vorrei consigliare a voi ragazzi, che mi ricordate tutti Giulia: quando si fa fatica e ci si arrabbia, quando ci sono le critiche, pensate invece al bello della vostra vita”.
Cecchettin ha anche parlato del fenomeno del bullismo, ricordando un episodio avvenuto nell’azienda in cui lavorava: “Questo solo per dirvi che il bullismo non esiste solo a scuola o tra ragazzi, ma anche tra gli adulti e forse è ancora peggiore perché più cattivo. Comunque, c’era un mio collega preso di mira dal bullo dell’azienda, io invece lo apprezzavo molto perché era sempre disponibile e con il sorriso. All’ennesimo attacco, ho deciso di mettermi in mezzo e di prendere le difese del collega, poi mentre tornavamo a casa in auto gli ho chiesto: “Ma perché ti fai trattare così e non dici niente?”. Rispondendo, mi ha dato un grandissimo insegnamento: “Gino, io a quella persona do valore zero, per me ciò che dice non vale niente e così vivo sereno. Se invece gli dessi importanza, gli darei valore e questo lo farebbe sentire più forte”. E’ un insegnamento che giro a voi ragazzi: non date importanza al bullo, ignoratelo”.
Durante l’incontro, grazie al contributo del dott. Martinelli sono stati toccati anche il tema del disagio giovanile e dell’utilizzo del web, “un’arma a doppio taglio” in caso di fragilità: “Dobbiamo ricordare che la crisi adolescenziale è normale – ha detto Martinelli – la cosa importante è cogliere i segnali che qualcosa non va e qui entriamo in gioco noi adulti: genitori, insegnanti, allenatori, psicologi…non sottovalutiamo un disagio troppo internalizzato o al contrario esternalizzato”.
In conclusione, Cecchettin si è rivolto ancora una volta ai giovani presenti in platea: “Il più grande insegnamento ho dato ai miei figli è stato quello di è accettarsi così come sono e Giulia, nella sua bellezza, mi ha restituito questo importante insegnamento: fatelo anche voi, senza paura, anche di chiedere aiuto”.
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