Ieri sera, domenica, alle 22 sul sagrato della chiesa di Merate il gesto di pace per Gaza
I rintocchi delle campane e il fracasso di campanacci, fischietti, pentole e coperchi hanno richiamato l’urgenza di rompere il silenzio sulla tragedia che si sta consumando nella striscia di Gaza
MERATE – C’è chi ha portato pentole e coperchi da casa, chi il tamburello del figlio piccolo e chi ha ripescato in qualche cassetto dei vecchi fischietti. E ci sono state poi le campane che, dall’alto del campanile, hanno iniziato a suonare, puntuali alle 22, dando il ritmo alla rumorosa manifestazione promossa anche a Merate per rompere il silenzio su Gaza e fare in modo che le parole e il dialogo tornino a essere lo strumento per risolvere il conflitto in Palestina.
Anche la comunità di Merate ha voluto partecipare all’iniziativa promossa a livello nazionale da Pax Christi per richiamare l’attenzione sulla tragedia che si sta consumando nella striscia di Gaza. Il ritrovo è stato fissato alle 21.45 sul sagrato della chiesa prepositurale di Sant’Ambrogio, addobbato con le bandiere della pace e con i lumini posizionati a scrivere la parola pace.

“Vogliamo ringraziare la parrocchia per avere aderito a questa proposta e la tavola meratese per la pace per l’organizzazione di questo momento di riflessione e condivisione” le parole della vice sindaca Valeria Marinari, attiva anche in parrocchia, che ha poi lasciato a una rappresentante del consiglio pastorale il compito di leggere la dichiarazione congiunta dell’arcivescovo Cardinale di Bologna Matteo Zuppi e del Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Daniele De Paz.

Un testo vibrante, in cui viene ribadita la necessità assoluta di chiedere il cessate fuoco immediato a Gaza: “Di fronte alla devastazione della guerra nella Striscia di Gaza diciamo con una sola voce: fermi tutti. Tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari. Si cessi l’occupazione di terre destinate ad altri. Si torni alla via del dialogo, unica alternativa alla distruzione. Si condanni la violenza. Ci uniamo al grido dell’umanità ferita che non vuole e non può abituarsi all’orrore della violenza: basta guerra”.

Una lettera che si chiude con una precisa richiesta alle forze politiche nazionali e internazionali: “Chiediamo alle istituzioni italiane e internazionali coraggio e lucidità perché aprano spazi di incontro e aiutino in tutti i modi vie coraggiose di pace. Il dolore unisca, non divida. Il dolore non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza. La pace è sempre possibile. E comincia da qui, da noi. Fermi tutti!”

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