Associazione Monte di Brianza, “No alle moto nei boschi”

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LECCO – Riceviamo e pubblichiamo l’intervento dell’Associazione Monte di Brianza in merito alla recente approvazione della modifica di legge che consente alle moto di circolare nei boschi e sui sentieri; altre critiche sono state invece avanzate in merito ai richiami utilizzati per cacciare.

Cine - 5 Boschi Monteregio Trail“Quando si parla di Lombardia, di norma si parla della regione motore trainante dell’economia nazionale, di una regione con un alto tasso di innovazione, sempre al vertice, tra le eccellenze in molti settori dell’industria, dei servizi e della cultura. Una regione modello alla quale il resto d’Italia guarda come un punto di riferimento autorevole, moderno e sempre pronto a cogliere i cambiamenti della ormai cosmopolita società che le ruota attorno. Tutto oro quel che luccica ? O meglio, per dirla come l’avrebbe detta Totò: “….ma mi faccia il piacere“!

Si, perché le ultime vicende che la riguardano la fanno piombare indietro di millenni. La recente approvazione della modifica di legge che consente di organizzare gare o manifestazioni dove mezzi motorizzati possano circolare nei boschi a scopi ludici è una di queste. Di fatto la modifica dà un duro colpo alla tutela e alla conservazione di ambienti dove gli unici mezzi motorizzati autorizzati a percorrerli erano trattori o carri agricoli per la pratica di taglio ed esbosco. Una norma che di fatto incoraggia un atteggiamento ed una pratica che, almeno per il Monte di Brianza, non avevano certo bisogno di essere legittimati ed incoraggiati, essendo svolti in barba a divieti, leggi, rispetto e buon senso. E sempre per favorire una minoranza che pensa a torto che anche attraverso queste pratiche sia possibile valorizzare un territorio.

In Regione Lombardia pare abbiano poche idee e ben confuse…. o forse confuse ad arte. Perché la seconda norma che la riguarda vede al centro la crudele usanza del’utilizzo dei richiami vivi per la pratica venatoria dell‘appostamento fisso. Una pratica che, permessa da poche altre regioni, fa vergognare il resto di Italia. Noi di sicuro! Una pratica che ci è costata una procedura di infrazione e relativa sanzione da parte della Comunità Europea. Per non parlare della frequenza con cui si è ricorso alla caccia in deroga a specie protette altrove . E anche questo in barba a norme costituzionali, leggi comunitarie ed altro ancora. Intanto chiariamo un equivoco: questo è stato fatto per favorire una minoranza; ma le sanzioni, diversamente, sono a carico della comunità intera. Cacciatori e non.

Stabiliamo allora una cosa, solo per associazione di idee. Nell’attesa che certe pratiche finiscano nel dimenticatoio facciamo che le sanzioni le pagano chi produce questo danno economico, sociale e di immagine? Noi, in questo caso ci chiamiamo fuori, prendiamo le distanze e ci sentiamo respingere al mittente, o meglio, a coloro che hanno responsabilità oggettive in materia. Il tutto nell’attesa che la Regione Lombardia esca da questo medioevo culturale e si porti al pari di altre regioni o nazioni moderne ed evolute.

Con l’auspicio che quando parlano i politici lombardi si ricordino di cosa significano concetti quali modernità, eccellenza ed efficienza …ma anche “coerenza”. Perché gli stati evoluti per davvero ci guardano come si guarderebbe un appestato di lebbra! Perché non è possibile millantare modernità e comportarsi da trogloditi….con rispetto di quest’ultimi, perché hanno vissuto il loro tempo.

I lombardi ringraziano: quelli che non circolano nei boschi in moto e quelli che gli uccelli preferiscono vederli volare liberi.”