LECCO – Il nome dell’associazione – Ashia – è di per sé un’esortazione. In lingua camerunense significa infatti “forza coraggio”. Fondata nel 2008 e nata da un’idea di un gruppo di amici intenzionati concretizzare il sogno di incanalare appunto in un’associazione le attività di solidarietà svolte individualmente, si propone di sostenere appunto iniziative di solidarietà sociale sul territorio ma anche in realtà lontane.
Non a caso tra i progetti portati avanti vi è l’assistenza sanitaria e ortopedica presso l’ospedale “San Giovanni di Dio” a Nguti, in Cameroun. Particolare impegno viene riservato poi al cosiddetto “prestito d’onore”, che prevede un sostegno economico per favorire il percorso di laurea di ragazze e ragazzi diplomati che altrimenti non potrebbero accedere alla carriera universitaria, pur avendone le capacità. Alla fine del percorso universitario e dopo aver trovato un’occupazione, i giovani si impegnano a restituire una piccola parte del contributo ricevuto.
L’associazione sostiene inoltre a Mandello il “progetto Iride”, collaborando al programma di integrazione e alfabetizzazione delle donne e dei bambini stranieri avviato una decina d’anni fa in frazione Rongio.
In questi anni va detto che i percorsi di crescita, autonomia e miglioramento dell’autostima nelle donne coinvolte nel progetto hanno fatto importanti passi in avanti.
Anche per questa ragione proprio a Mandello negli ultimi anni era stato organizzato un momento di incontro per conoscere e assaggiare la cucina di altri mondi. Quest’anno, invece, per il quarto appuntamento con la degustazione etnica responsabili e animatori di Ashia hanno ritenuto che le donne fossero pronte a uscire un po’ dai loro confini e che dunque si potessero spostare alla “Casa sul pozzo”, nel rione lecchese di Chiuso, realtà a sua volta particolarmente attiva nei progetti di integrazione.
E all’evento dell’ultimo fine settimana si è accompagnato un successo inaspettato sia per numero di partecipanti sia per la varietà dei cibi proposti e per la presenza di numerose cucine, tra le quali la turca, la marocchina e quella dell’Africa nera, ma anche dell’area dell’Est europeo.
“Situazioni come quelle vissute domenica 29 novembre – spiegano i promotori dell’apericena – l’atmosfera della Casa che accoglie, il suo giallo di luce che diffonde gioia, dagli arredi all’allestimento realizzato, fino al velo nella stessa tinta e all’abito con i profili gialli indossato da una ragazza turca che aiutava nella distribuzione dei cibi ci fanno cogliere quanto nei microcosmi delle nostre esperienze le cose vadano in una giusta direzione”.
“Un gruppo di ospiti variegato – affermano – ha condiviso l’iniziativa accompagnato dagli operatori del progetto e dai membri dell’associazione e ha apprezzato quanto è stato proposto. Tutti si sono aperti con entusiasmo (qualcuno un po’ più cauto, ma alla fine contento) ad altri sapori, mostrando curiosità e entrando gradualmente in queste diversità”.
I responsabili di “Ashia” aggiungono: “La metafora del cibo è del resto espressiva della relazione con l’altro, con chi ci viene proposto come diverso. E’ frequente sentire… puzza uscire dalle abitazioni di chi arriva da altri mondi, ma lo scorso fine settimana tutti hanno sentito soltanto profumi e questo è espressione di un capovolgimento di tanti sguardi e ci deve infondere ottimismo”.
Quindi un’altra considerazione: “Questo cambio di prospettiva di osservazione ha fatto sentire veramente bene le donne presenti in cucina: le donne del nostro progetto, ma anche quelle dell’Est europeo che si sono aggiunte all’ultimo per dare man forte nella preparazione dei piatti, visto l’alto numero di partecipanti alla cena, e quelle che hanno cucinato per lunghe ore a casa propria e le ragazze G2 – seconda generazione – che hanno aiutato in cucina, curiose e attente, che hanno visto il valore e apprezzato il sapere delle loro madri, così come la piccola marocchina, figlia di una donna in cucina, che ha rubato con i suoi occhi tutti i fotogrammi del film in cui si è ritrovata per una sera”.
La “Casa sul pozzo” è stata in definitiva l’occasione propizia per il piacere dell’incontro. E l’associazione Ashia e i responsabili del “progetto Iride” sono stati espliciti: “Vogliamo continuare nel solco fin qui tracciato e percorrere ancora parecchia strada”.