“Mi cercarono l’anima”, successo per la serata dedicata a Stefano Cucchi

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Serata Stefano Cucchi (01) - 20.11.13LECCO – Arrestato per spaccio il 15 ottobre 2009, una settimana da detenuto tra carceri e ospedali romani e infine la morte, avvenuta il 22 ottobre 2009, a soli 31 anni: sono queste, in estrema sintesi, le date che hanno segnato la tragica conclusione della vita di Stefano Cucchi, il giovane romano la cui vicenda è stata ripercorsa a Lecco in occasione della presentazione del libro “Mi cercarono l’anima. Storia di Stefano Cucchi” di Duccio Facchini, alla presenza di Giovanni Cucchi, padre di Stefano, e di Cecco Bellosi, della Comunità “Il Gabbiano”.

Una storia di cronaca come tante, se non fosse che sul corpo di Stefano sono stati rinvenuti evidenti segni di percosse e che tutt’ora la vicenda, almeno a livello giudiziario, non ha ancora trovato una verità ufficiale: la morte di Stefano, infatti, esige ancora una risposta, un desiderio di verità che la famiglia Cucchi non s’è mai stancata di perseguire e di ricercare in tutti questi anni e che ha portato Facchini a scrivere il suo libro-inchiesta. “Si tratta di un documento prezioso – ha affermato in collegamento telefonico da Roma Ilaria Cucchi, sorella di Stefano – perché porta alla luce cose che altrimenti passerebbero nell’indifferenza che tanti vorrebbero per casi come questi. E’ assurdo pensare che le famiglie coinvolte in queste vicende, oltre al dolore atroce, debbano soffrire anche per la colpevolizzazione che viene puntualmente fatta delle vittime: da qui è nata l’esigenza di difendere con ogni mezzo i nostri cari e quindi l’interessamento costante della gente serve da supporto a noi parenti”. “Purtroppo – ha concluso Ilaria Cucchi – esistono tanti altri soprusi e altre vicende simili alla nostra che avvengono nel totale silenzio: per chi non ha le amicizie giuste, esiste una giustizia a doppia velocità, che porta a sentenze assurde. Mio fratello è morto di giustizia, non sarebbe finita allo stesso modo se fosse stato a casa: per questo io e la mia famiglia andremo avanti chiedendo la verità sulla morte di Stefano, che merita di avere giustizia e dignità”.

Giovanni Cucchi (02) - 20.11.13Richieste condivise completamente anche dal padre del giovane morto nel 2009, che era presente in Sala Ticozzi: “Stefano è stato ucciso tre volte – ha spiegato Giovanni Cucchi – prima con il pestaggio, poi con il processo per direttissima e infine per le oscenità dette nei suoi confronti da pubblici ministeri e magistrati durante le fasi del processo: per questo ci batteremo fino alla morte affinché gli venga restituita la dignità, è un obbligo morale prima ancora che genitoriale”. “Al processo – ha continuato il padre di Stefano Cucchi – c’è stato un completo ribaltamento della verità: quale credibilità può avere un collegio medico che afferma che Stefano è morto di fame e di sete in quattro giorni? Come si fa a credere che il processo non sia stato guidato e che le ferite subite non abbiano influito sullo stato di salute di mio figlio? E ancora, come fanno ad asserire che era già deperito quando le analisi dopo l’autopsia dicono che era sano e la magrezza dipendeva dall’attività sportiva praticata?”. “Quella di primo grado – ha concluso Giovanni Cucchi – è una sentenza iniqua, che rispettiamo ma alla quale ci opponiamo, perché purtroppo la giustizia in questo paese non è uguale per tutti. Stefano va rivalutato, gli va data dignità, perché è morto nell’ambito di uno Stato che doveva proteggerlo, anche se aveva commesso un reato”.

Duccio Facchini (01) - 20.11.13“Rivendico un diritto di interessamento alla vicenda Cucchi di lungo corso – ha spiegato l’autore Duccio Facchini – non è stato un interesse dell’ultimo minuto o semplicemente giornalistico, ma prima di tutto civico: il libro è una ricostruzione degli avvenimenti fatta dalla parte dei vinti, che però permette a tutti di comprendere meglio una storia di assurda normalità che ci riguarda direttamente. Si tratta di un ragazzo arrestato per la cessione di sostanze pari a un valore di 20€, tradotto in caserma dai carabinieri e identificato in modo sbagliato già nel verbale d’arresto, dove viene definito erroneamente un albanese del 1975 senza fissa dimora; pertanto la scelta della custodia cautelare in carcere per Stefano, da cui poi si svilupperanno tragicamente tutti gli altri fatti, nasce da un errore nel primo verbale d’arresto, al quale si aggiungeranno altri elementi di assurda normalità, come il processo per direttissima a causa della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, l’udienza di convalida del fermo durata in tutto 43 minuti, un PM e un magistrato che riconoscono a processo di non aver mai guardato in faccia Cucchi, fino a giungere al pestaggio da parte dei tre agenti”. “La descrizione di tutti i passaggi di questa storia – ha concluso Facchini – si è resa necessaria non per un puro intento scabroso, ma per evitare che la vicenda Cucchi restasse soltanto una drammatica foto dai contorni vagamente delineati”.

Serata Stefano Cucchi (04) - 20.11.13“La vicenda Cucchi – ha aggiunto Cecco Bellosi, della Comunità “Il Gabbiano” – è comune a tanti altri cittadini, nei confronti dei quali certi comportamenti passivi e burocratici si trasformano in attività omicida, senza contare il fattore delle botte”. “Per volontà omicida – ha precisato Bellosi – intendo ad esempio il fatto che a norma di legge, per i quantitativi di droga ceduta, Stefano avrebbe avuto diritto ai domiciliari, ma fu dichiarato senza fissa dimora; mi riferisco all’umiliazione provata dai parenti dei detenuti che si trovano a peregrinare da un ufficio all’altro del Tribunale in cerca di verità; mi riferisco al rapporto collusivo che s’è ormai instaurato nelle carceri italiane tra vittima e carnefice, con un processo di delegittimazione della vittima in condizioni di fragilità che per prassi è meglio che non denunci quanto subisce durante la detenzione. Dobbiamo lavorare per cambiare questa prassi, che come effetto peggiore ha quello di continuare a garantire l’impunità per certi esponenti delle istituzioni”.