Rapito in Siria, il racconto di Domenico Quirico al Cenacolo

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LECCO – “L’immagine della Siria è il caos, perché nessuno è più quello che dice di essere”. Sono queste le parole con cui il giornalista Domenico Quirico ha concluso il suo intervento nell’ambito dell’incontro intitolato “Dalla Siria al quotidiano”, organizzato mercoledì 9 ottobre al Cenacolo Francescano dal Centro Culturale Alessandro Manzoni.

Una serata, quella con il giornalista Domenico Quirico e con monsignor Giuseppe Nazzaro, che è stata “l’occasione – come ha ricordato in apertura il caporedattore di “Credere”, Gerolamo Fazzini – per conoscere dalla voce di due testimoni diretti la vita e la morte di molte persone siriane, persone che vivono in un paese dove ogni famiglia è toccata dal dramma di una guerra che non è riuscita a bucare gli schermi né le coscienze della collettività”.

“Per capire davvero le dimensioni di questa tragedia – ha esordito l’inviato de La Stampa sequestrato in Siria per cinque lunghi mesi – bisogna trasformare i numeri in esseri umani, comprendere che l’ovvietà del dolore è la base della tragedia siriana, perché le parole di noi giornalisti non sono bastate per emozionare il mondo, non siamo stati in grado di trasformare il dramma di un paese in un sentimento di tragedia collettiva”.

“Ciò che dà senso ancora al nostro mestiere – ha proseguito Quirico – è raccontare il dolore e la sofferenza umana: per questo nel mio lavoro mi attengo al semplice principio di raccontare quello che vedo, senza trarre lezioni dai fatti accaduti. Serve essere onesti con chi legge e con le persone di cui si racconta, ma per essere onesti bisogna essere lì sul posto, a condividere gli stessi rischi di chi in quei posti cerca di sopravvivere”.

Un ragionamento, quello del reporter piemontese, che è proseguito ricordando quello che ha riscontrato direttamente in Siria: “ho visto Aleppo subito dopo lo scoppio della rivoluzione e mi sono innamorato dei rivoluzionari siriani, dei ragazzi che hanno lasciato le scuole per insorgere senza un progetto politico-sociale contro un mondo vecchio, marcio e corrotto che non sopportavano più”.

“La prima rivoluzione siriana – ha spiegato Quirico – quella che l’Occidente ha tradito voltandosi dall’altra parte e fingendo che non fosse importante, è stata una rivoluzione generazionale dei giovani contro i vecchi: ora però i protagonisti di quella rivoluzione non ci sono più, sono tutti morti nei bombardamenti e al loro posto sono subentrati i jihadisti, chiamati dagli stessi rivoluzionari quando non ce la facevano più”.

“Con la nostra viltà e miopia – ha affermato Domenico Quirico – abbiamo contribuito al rafforzamento della jihad islamica più radicale, la quale in Siria ha avuto la possibilità di ottenere per la prima volta nella sua storia uno stato nazionale in uno dei cuori pulsanti del mondo non solo mediorientale”. “Nella caldaia bollente che è diventata la Siria –  ha spiegato ancora il giornalista – si intrecciano le storie tremende di tante guerre civili ed è in questo terreno che operano i banditi e i delinquenti comuni, coloro che si travestono da rivoluzionari per fare soldi con l’industria dei sequestri: è la realtà di tutte le guerre civili, dove l’uomo usa la guerra come occasione per arricchirsi”.


Relativamente alle condizioni di vita dei cristiani in Siria, l’altro tema affrontato durante l’incontro, ha preso la parola monsignor Giuseppe Nazzaro, già Vicario Apostolico ad Aleppo: “cristiani e musulmani in Siria sono vissuti per secoli da buoni amici e ottimi vicini di casa, aiutandosi a vicenda. Il cristianesimo è di casa ed è rispettato liberamente dalle autorità civili del paese, anche se ora chi poteva è scappato in Libano e ha lasciato il paese”.

“A dimostrazione dei buoni rapporti tra cristiani e musulmani – ha affermato ancora mons. Nazzaro – c’è stata la reazione unanime alla giornata di digiuno e di preghiera promossa da papa Francesco: ho potuto verificare di persona che è stata benedetta da tutti, perché chiunque in quel paese vuole solo la pace. Nel popolo c’è voglia di pace, ad Aleppo cristiani e musulmani vogliono entrambi tornare a vivere in pace e io ho fede e speranza affinché questo avvenga”.

Fede e speranza che si sono intrecciate anche nell’ultimo intervento di Domenico Quirico: “temo che la Siria stia per entrare nel novero dei paesi che escono dalla storia – ha affermato il giornalista – come è accaduto per la Somalia e altri stati. Già oggi è impossibile fare il giornalista in Siria, perché nessuno sa garantire la sicurezza e un paese che non viene raccontato non esiste più”.

Se la speranza per una via d’uscita pacifica dal conflitto siriano in Quirico è sembrata essere meno marcata, lo stesso inviato ha raccontato come la fede in Dio lo abbia aiutato durante i cinque mesi di prigionia: “in quelle situazioni la cosa più angosciante è la solitudine. Per mia fortuna avevo un collega belga, ma so che se anche non ci fosse stato non sarei stato solo, perché chi ha fede non è mai solo. Quando Dio sembra più lontano o apparentemente distratto, bisogna saper aspettare, perché è proprio in quel momento che si manifesta la sua vicinanza: se uscirò migliorato da questa storia – ha concluso Quirico – è perché ho ricevuto una straordinaria lezione di umiltà”.