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GARLATE – Il perfetto padre di famiglia, non una persona disagiata o un alcolista, non un tossicodipendente, ma un uomo che si spezzava la schiena per non far mancare nulla ai suoi tre figli e alla moglie, tanto da arrivare a svolgere due lavori, entrambi come impiegato, uno di giorno a Lecco e uno in orario serale in un altro comune dell’hinterland: così i carabinieri descrivono Fabrizio Alborghetti, 51enne di Garlate, accusato del tentato omicidio della madre anziana.
Sentito in caserma dai militari, è crollato in un pianto ammettendo le sue responsabilità su quanto accaduto la sera precedente nella casa dell’anziano genitore, Ermanna Panzeri, vedova, che nonostante i suoi 83 anni vive autonoma nella sua casa in via Statale, nello stesso paese dove abita il figlio.
Nella notte tra lunedì e martedì, la donna è stata svegliata da un intruso che l’ha aggredita mentre era a letto, il quale, usando una pellicola trasparente per alimenti e un nastro adesivo, avrebbe cercato di soffocarla, coprendole naso e bocca, impedendole di respirare. Lei è riuscita a reagire, forse sorprendendo il suo aguzzino, ed ha tentato di liberarsi dalla stretta dello sconosciuto, ha urlato e con una mano ha raggiunto il tasto del dispositivo elettrico posizionato sul comodino che ha attivato le telefonate di allarme ai propri parenti.
Quello, secondo gli uomini dell’Arma, è stato il gesto che ha definitivamente messo in fuga l’aggressore, suo figlio, il quale ben conosceva casa tanto da agire al buio per nascondere la propria identità e sapeva bene che di lì a poco sarebbero arrivati altri familiari, allertati dal “salvavita” della madre.
Le urla della donna che, secondo quanto emerso, non avrebbe effettivamente riconosciuto il figlio, sono state udite da un vicino di casa che in breve è accorso in suo aiuto, mentre l’aggressore si era già allontanato.
“Ricevuta la segnalazione dell’accaduto abbiamo attivato diverse pattuglie per perlustrare il territorio e cercare gli aggressori in fuga” ha spiegato il capitano Roberto De Paoli, comandante dei Carabinieri della Compagnia di Merate.
Nel frattempo alla casa dell’anziana erano già arrivati i parenti, la seconda figlia e la moglie del 51enne, preoccupata per il mancato rientro a casa del marito dal lavoro serale. Lui, che aveva raggiunto la casa del genitore in scooter, dopo essere scappato vagava per strada in stato di shock, completamente bagnato ed è stato notato intorno alle 3.45 da un ambulanza che transitava nella zona del Terzo Ponte, a Pescate, e che lo ha trasportato al Pronto Soccorso.
Intorno alle 5 i carabinieri sono stati allertati dall’ospedale ed hanno ascoltato il racconto dell’uomo, il quale ai militari avrebbe spiegato di aver raggiunto la casa della madre per recuperare alcuni suoi effetti personali e di avere incrociato i malviventi in fuga, i quali lo avrebbero prelevato, legato con lo scotch, caricato in auto ed infine spinto nel lago, dopo avergli rubato il cellulare e un orologio.
“La sua versione presentava diverse lacune – ha sottolineato De Paoli – la sequenza temporale non era definita in modo logico. L’ipotesi della rapina, poi, non regge perché i gioielli della donna era sul comodino e i soldi sono rimasti nel cassetto”.
Ai dubbi dei carabinieri si sono aggiunte le prove che dimostrerebbero l’accusa a carico del 51enne: “Il nastro usato per fare violenza nei confronti dell’anziana, lanciato sulla siepe del giardino esterno alla casa, è stato trovato anche nelle disponibilità del figlio – ha spiegato il luogotenente Germano Montanari, comandante del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Merate – Ci sono poi le immagini delle telecamere del sistema di videosorveglianza cittadino, di alcune aziende e abitazioni private ad avvalorare la tesi dei carabinieri ed altri elementi ottenuti durante un’intensa giornata di indagini”.
Quel che resta ancora oscuro ai militari è il movente: “Lui non ha saputo spiegarci le ragioni di questo gesto – ha spiegato De Paoli – quel che risulta chiaro dalle indagini è che si tratta di un atto preparato e che vi era la volontà di volerlo portare a termine. La cosa che ha sconvolto anche noi, è che non stiamo parlando di un disagiato ma di una persona che non ha mai manifestato problemi, un uomo che si faceva in quattro per la sua famiglia e che probabilmente covava dentro sé un malessere che lo ha trasformato in un potenziale omicida. Quando ha ammesso le sue responsabilità, ha pianto e ha ringraziato il cielo che la madre fosse ancora viva”.