Il lecchese arrestato insieme a Silvia e Paola Zani, figlie della donna
L’ex vigilessa era scomparsa l’8 maggio e il suo cadavere è stato ritrovato solo tre mesi dopo
BRESCIA – Svolta nelle indagini sul caso della morte dell’ex vigilessa Laura Ziliani di Temù, Alta Vallecamonica (BS), è stato arrestato anche Mirto Milani, olginatese di origine poi residente a Calolziocorte e quindi nella Bergamasca, a Roncola San Bernardo. Insieme a lui i carabinieri di Brescia hanno arrestato le due sorelle Silvia (fidanzata del lecchese Milani) e Paola Zani di 26 e 19 anni, rispettivamente impiegata e studentessa, figlie della 55enne Laura Ziliani, scomparsa da Temù l’8 maggio 2021.
Il cadavere della donna era stato ritrovato solo l’8 agosto, tre mesi dopo la scomparsa. Le indagini hanno fin da subito evidenziato parecchie incongruenze nella versione fornita dai tre arrestati. Perciò, a fine giugno, le due figlie e Mirto Milani, 27enne studente universitario e fidanzato della più grande, erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
L’allarme per la scomparsa verso le ore 12 dell’8 maggio
Le indagini svolte hanno delineato un ampio quadro indiziario a carico dei tre arrestati. Erano state proprio le due figlie a dare l’allarme quella mattina, verso le 12, contattando il 112 e segnalando il mancato rientro della loro mamma, uscita di casa intorno alle ore 7 per andare a fare una passeggiata nella frazione di Villa Dalegno. La donna sarebbe dovuta rientrare verso le ore 10, per poi andare con le figlie presso la locale discarica a disfarsi di vecchi materassi.
Le ricerche della 55enne
Poco dopo la segnalazione della scomparsa, un vasto dispositivo di soccorritori composto da personale dei carabinieri, del soccorso alpino e dei vigili del fuoco, oltre che numerosi volontari, aveva battuto palmo a palmo il luogo della presunta scomparsa, senza rinvenire il corpo dell’impiegata, esperta conoscitrice di quei luoghi. Fin dai primi giorni però, i carabinieri hanno maturato perplessità sulla tenuta logica della ricostruzione dei fatti offerta dai tre giovani.
Le indagini: intercettazioni e analisi dei dispositivi elettronici
Le indagini, avviate immediatamente e parallelamente alle ricerche, sono consistite in attività di intercettazione, complesse analisi di tabulati, analisi di smartphone e computer in possesso degli indagati, coniugate con perquisizioni domiciliari, sopralluoghi e acquisizione di reperti di carattere scientifico a cura del SIS (Servizio Investigazioni Scientifiche) del Comando Provinciale. Le numerose anomalie emerse hanno indotto i carabinieri e la Procura a ritenere poco credibile la versione dell’infortunio o del malore in montagna.
A giugno l’iscrizione nel registro degli indagati
Per queste ragioni, a fine giugno le due figlie e il fidanzato della più grande, erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla relazione di parentela con la vittima e occultamento di cadavere. Sin da subito, sono risultati sospetti sia l’allarme dato troppo in fretta dalle due figlie, sia il rinvenimento del telefono cellulare, da cui la donna non era solita separarsi, trovato sotto una panca in cantina.
Il ritrovamento di una scarpa
Ad aggravare il quadro e a convincere ancora meno gli inquirenti circa l’ipotesi della scomparsa è stato, nella tarda mattinata del 23 maggio, il ritrovamento della scarpa che la donna – a dire delle due figlie – indossava la mattina verso le 7, quando sarebbe uscita di casa per fare la passeggiata. La scarpa, infatti, è stata rinvenuta nel torrente Fumeclo, in un punto che sarebbe incompatibile con la direzione verso monte che avrebbe intrapreso la signora Ziliani. Sempre nel Fumeclo, poco distante dall’abitazione della donna, agli inizi del giugno scorso, era stato rinvenuto un jeans femminile rovesciato, compatibile con quello che – secondo il racconto delle figlie – la Ziliani avrebbe indossato la mattina della scomparsa. Infine è stata rinvenuta anche la seconda scarpa della signora Ziliani che, per come emerso dalle indagini, è stata collocata nel luogo del rinvenimento proprio dagli odierni arrestati al fine di depistare le attività investigative avvalorando l’ipotesi dell’infortunio o del malore.
Il ritrovamento del cadavere sulle rive del fiume Oglio
Il rinvenimento del cadavere lungo la pista ciclabile di Temù, avvenuto nella tarda mattinata dell’8 agosto, ha ulteriormente alimentato il solido quadro indiziario. Passeggiando lungo le rive del fiume Oglio, un bambino aveva notato il corpo di una donna in stato di decomposizione, non riconoscibile in volto, parzialmente nascosto tra i rami e le foglie, probabilmente accumulatesi a seguito dell’esondazione del fiume. La donna indossava solo una canottiera e degli slip, abbigliamento assoluta incompatibile con la ricostruzione fornita dagli arrestati. Gli orecchini in oro giallo e una cisti presente sul piede destro avevano portato a ritenere che il corpo fosse proprio quello di Laura Ziliani. La definitiva conferma è giunta dalla comparazione del Dna, eseguita presso l’Istituto di Medicina Legale di Brescia.
L’autopsia
Durante l’autopsia, il medico legale non ha rilevato segni di lesioni esterne. Inoltre il corpo non presentava tracce compatibili con una lunga permanenza in acqua: l’ipotesi è che il corpo possa essere stato nascosto in un ambiente le cui caratteristiche hanno rallentato il processo di decomposizione. Sono in corso indagini scientifiche di particolare complessità al fine di valutare l’effetto degli agenti esterni sul processo di decomposizione corporea. I preliminari accertamenti tossicologici eseguiti dall’istituto di medicina legale di Brescia hanno riscontrato la presenza di benzodiazepine nel corpo dell’ex vigilessa. I tre arrestati si trovano in carcere a Brescia.