MANDELLO – Era il capo del personale della Gilardoni, lo stesso che, insieme alla sua ex titolare, dovrà affrontare il processo per i presunti maltrattamenti subiti dipendenti della fabbrica di Mandello; licenziato dopo il cambio di gestione della società, aveva impugnato quel provvedimento ma sia il Giudice del Lavoro di Lecco che la Corte d’Appello hanno riconosciuto la legittimità del licenziamento: Roberto Redaelli non potrà rientrare in Gilardoni, così è stato stabilito dal tribunale di Milano nella sentenza resa nota nella giornata di lunedì.
Non solo, il palazzo di giustizia milanese lo ha condannato a risarcire l’azienda, comprese le spese legali, per poco più di una decina di migliaia di euro.
La storia di Redaelli in Gilardoni si è interrotta nel novembre del 2016, quando sempre il tribunale di Milano aveva azzerato il consiglio di amministrazione, decidendo sulla causa civile tra il nipote e socio di minoranza Andrea Ascani Orsini e la presidente Cristina Gilardoni.
Marco Gilardoni era quindi subentrato alla madre Cristina, prima come amministratore giudiziario, poi come presidente alla guida della fabbrica di famiglia. Con il suo arrivo, oltre al riappacificarsi dei rapporti sindacali in fabbrica, è arrivata anche la lettera di licenziamento per “giusta causa” nei confronti di Redaelli.
Una motivazione riconosciuta ora anche dalla magistratura che nella sentenza definisce “gravi inadempimenti” quelli imputati a Redaelli che non consentirebbero, per i giudici, la prosecuzione “neppure provvisoria del rapporto di lavoro”.
Inoltre il tribunale d’Appello ha riconosciuto a Redaelli “il proprio e determinante contributo” nell’esporre l’azienda “al pericolo concreto di sanzioni di carattere amministrativo e di azioni giudiziarie finalizzate” da parte di parti offese, i dipendenti, per ottenere un risarcimento di eventuali danni a loro arrecati. Comportamenti che Redaelli avrebbe “posto in essere, anche in tempi immediatamente precedenti la contestazione disciplinare”, “senza alcun accenno di ravvedimento”.
Parole, quelle dei giudici milanesi, che pesano sull’ex direttore del personale, imputato insieme alla sua ex capa nel processo sui maltrattamenti denunciati dai dipendenti, che entrerà nel vivo a luglio. E pensare che, all’opposto, diversi lavoratori licenziati dalla Gilardoni, dopo essersi visti respinto il ricorso dal Giudice per il Lavoro di Lecco, avevano ottenuto il riconoscimento delle loro ragioni appellandosi al Tribunale di Milano.
“Apprendiamo la notizia di questa sentenza e restiamo convinti di quanto abbiamo sempre segnato su ciò che accadeva in fabbrica – spiega dalla Fim Cisl, il sindacalista Emilio Castelli – è importante che la magistratura faccia il suo corso e che acclari le responsabilità dei fatti denunciati dai lavoratori”.