Inchiesta sul traffico di rifiuti, QLL: “I soci di Silea pretendano chiarezza”

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Il forno inceneritore di Valmadrera

LECCO – L’intervento dell’Associazione Qui Lecco Libera relativa all’inchiesta su un presunto traffico illecito di rifiuti provenienti dalla Campania a smaltiti nel Nord Italia.

“Nelle carte dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia e del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Milano su un presunto traffico illecito di rifiuti (ecoballe) tra la Campania e la Lombardia – venticinque indagati, tra cui l’imprenditore lecchese Paolo Bonacina– il forno inceneritore di Valmadrera occupa una posizione delicata.

Lo certificano le due ordinanze firmate a marzo e a giugno di quest’anno dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, Alessandra Sabatucci.

Il 13 luglio scorso, “Il Fatto Quotidiano”, facendo riferimento ai documenti dell’indagine, ha citato l’impianto gestito da Silea Spa. “Centomila tonnellate di rifiuti dell’’emergenza Campania’ smaltite illecitamente negli inceneritori e nelle discariche del Nord -si legge-. Ecoballe napoletane, ma anche rifiuti urbani di Roma e Salerno che finivano negli impianti di incenerimento di A2a a Brescia, Lomellina Energia a Pavia, Silea a Lecco e nelle discariche della municipalizzata Aral ad Alessandria, senza ricevere il trattamento necessario”.

Il direttore generale di Silea è intervenuto a stretto giro annunciando contro il giornale azioni di tutela dell’“immagine e integrità” della società. Non solo. Ha aggiunto che “Silea non ha mai ritirato ecoballe da Napoli né rifiuti urbani da Roma o Salerno. Silea ha ritirato rifiuti urbani fuori regione (provenienti da Regione Liguria) solo nel 2014 e limitatamente a 1500 tonnellate, a seguito del Decreto Maroni. Nemmeno oggi li ritira, anche se la Legge 133/2014 art 35 lo consentirebbe senza alcuna limitazione legislativa”.

Non resta che far parlare le carte dell’inchiesta.

I protagonisti del presunto “commercio illegale di rifiuti” avrebbero gestito “abusivamente” – come scrive il Gip – “ingenti quantità di rifiuti speciali non pericolosi, ricevuti con codice CER 191212”, prodotti negli stabilimenti di tritovagliatura di Giugliano in Campania (NA) e Tufino (NA), “non sottoponendoli alle previste attività di recupero”. Per abbattere i costi di smaltimento, Bonacina, le sue imprese (B&B Srl, BPS Srl su tutte) e soci ricorrevano secondo gli inquirenti a “fittizie operazioni di recupero”.

La scintilla del traffico sarebbe stato un discutibile ragionamento “costi-benefici”: “Se il profitto d’impresa programmato, a causa dei costi per la corretta gestione si vanifica, il rifiuto ricevuto non deve essere sottoposto alle necessarie attività di recupero”, ricostruisce l’ordinanza. Dunque era fondamentale “massimizzare la differenza tra ricavi (derivanti dall’acquisizione delle commesse pubbliche) e costi (sostenuti per il recupero dei rifiuti, in previsione degli smaltimenti presso il termovalorizzatore delle società A2A Spa di Brescia, SILEA Spa e LOMELLINA ENERGIA Srl)”.

Il meccanismo funzionava così. “I rifiuti speciali provenienti dagli Stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti (STIR) della Campania […] venivano sistematicamente avviati a smaltimento senza attuare le previste operazioni di recupero (obbligatorie per legge in forza dei contratti sottoscritti con i committenti) allorquando si rendevano disponibili i conferimenti presso il termovalorizzatore della società A2A AMBIENTE Spa di Brescia e/o quello della società SILEA spa di Valmadrera”.

Non solo. “Le investigazioni – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – hanno evidenziato come intere ‘balle’ complete ancora di reggette e/o filo di ferro, ricevute ‘tal quali’, oppure semplicemente ‘sballate’ (con semplice taglio della reggette e/o filo di ferro) venivano conferite presso i due citati termovalorizzatori utilizzando il CER 191210 per i rifiuti conferiti presso l’impianto di Brescia o il CER 191212 per quelli conferiti presso la società SILEA spa”.

“La documentazione acquisita in B&B srl alla data del 27 novembre 2015 -annotano gli inquirenti-, permetteva di accertare che nel corso del 2015 venivano inviati a recupero energetico (con causale R1 ) al termoutilizzatore della società SILEA spa di Valmadrera tonnellate 826 di rifiuti classificati con CER 191212”.

Un passaggio della tesi degli inquirenti contenuta nelle carte è durissimo. “Gli illeciti smaltimenti sono stati effettuati grazie a conoscenze dirette dei responsabili tecnici che assicuravano agli indagati il ricevimento di materiale non conforme e tuttavia non contestato”.

Le valutazioni “penali” è bene lasciarle a chi di dovere. Ma è evidente come non si possa liquidare la dirompente inchiesta bresciana e milanese come un teorema volto a screditare Silea. Al contrario, è necessario e urgente che i soci – cioè i Comuni della provincia di Lecco – alla luce di quanto emerge dalle carte, pretendano subito chiarezza e trasparenza. E che la dirigenza prenda atto delle evidenze e si assuma le dovute responsabilità, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno rilevanza penale.

Qui Lecco Libera