L’operazione Cardine Metal Money al centro della relazione della Direzione Investigativa Antimafia
“Usura ed estorsioni reati impercettibili per la ritrosia delle vittime ma generano profitti e possibilità di riciclaggio”
LECCO – E’ stata pubblicata giovedì, sul sito web del Senato della Repubblica e su quello della Direzione Investigativa Antimafia, la relazione del 1° semestre 2021 sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA e per quanto riguarda la Lombardia, il territorio lecchese è in primo piano.
L’operazione “Cardine Metal Money” condotta dalla Guardia di Finanza a carico di un sodalizio criminale di origine calabrese ha infatti riacceso l’attenzione sul fenomeno della ‘ndrangheta in Provincia di Lecco. Le indagini hanno rilevato come dai proventi derivati dal traffico in nero di metalli e rifiuti ferrosi sarebbero derivati fondi per finanziare abusivamente e a tassi di usura almeno otto soggetti. Fra di loro, spiegano dalla DIA, figurano alcuni imprenditori mai rivoltisi ad eccezione di uno alle Forze di polizia.
Tra gli arrestati c’è Cosimo Vallelonga, per gli inquirenti il ‘boss’ che guidava il sodalizio, con base a La Valletta Brianza (vedi l’articolo precedente).
“I tratti caratteristici della consorteria malavitosa da anni radicata nel territorio lecchese, per come emergono dalle inchieste degli ultimi venti anni, risultano, analogamente a quanto avviene in altre regioni d’Italia, essere stati idonei a formare, all’interno della società civile, quel senso di tacita e remissiva consapevolezza o acquiescenza al
fenomeno criminale medesimo e ai suoi referenti” sono le parole del prefetto, Castrese De Rosa, contenute nella relazione della Dia.
“Gli usurai vogliono appropriarsi delle attività”
Il procuratore Aggiunto della DDA di Milano, Alessandra Dolci, di cui nelle precedenti relazioni erano stati condivisi i timori circa la possibilità di illecita percezione da parte della criminalità organizzata di risorse destinate al sostegno dell’imprenditoria, parlando alla stampa dell’operazione commentava:
“Gli usurai vogliono direttamente l’attività commerciale che la loro vittima non riesce più a mantenere, perché per loro è un presidio sul territorio, sul quartiere, più importante del denaro. Questi sono i loro piccoli affari. In grande, vogliono colonizzare i locali del centro di Milano … l’usura è destinata a crescere con la crisi economica … la criminalità organizzata rileverà le attività anche a prezzi zero o stracciati …”
Per recuperare le dazioni illecitamente erogate nel biennio 2018-2019 per oltre un milione di euro il sodalizio, scrive la DIA, si era avvalso di un “factotum” già al servizio della famiglia mafiosa calabrese che avrebbe posto in essere pesanti condotte estorsive alcune aggravate dall’utilizzo di armi da fuoco.
“Per quanto attiene all’usura e al recupero dei crediti con modalità estorsive, tali reati continuano ad essere di non facile e immediata rilevazione in Lombardia e a renderli impercettibili, come più volte evidenziato, è la ritrosia alla denuncia da parte delle vittime – scrive la DIA nella sua relazione – Va evidenziato che l’usura rappresenta senz’altro un investimento capitalistico per le organizzazioni mafiose in quanto il provento delle attività illecite costituisce il capitale di partenza per generare ulteriori profitti senza trascurare la possibilità di riciclaggio mediante canali legali ed illegali dei capitali illecitamente accumulati”.
“La tendenza – spiegano – infatti è la realizzazione di un prestito che viene mascherato tramite false fatturazioni emesse da società di copertura. In tal modo i ricavi vengono contabilizzati all’interno dei bilanci societari andando a costituire un patrimonio apparentemente lecito. Inoltre con l’usura l’organizzazione mafiosa può richiedere a un imprenditore insolvente in cambio della somma a suo debito la cessione di quote societarie o dell’intera impresa. Si tratta di uno schema classico e collaudato che consente ai sodalizi di mettere a punto la propria strategia di espansione nel perimetro dell’economia paralegale”.
La mappa della ‘ndrangheta in Lombardia
Attraverso le operazioni di polizia di più ampio respiro che negli ultimi anni hanno riguardato la Lombardia è stato possibile documentare l’esistenza e il radicamento nelle province lombarde di compagini riconducibili alla criminalità organizzata calabrese.
Quest’ultima è in particolare risultata attiva mediante le proprie strutture organizzative a partire da quella di coordinamento della cosiddetta camera di controllo “la Lombardia” sovraordinata ai locali presenti nella Regione e in collegamento con la casa madre reggina.
Nella Regione risulterebbero operativi 25 locali di ‘ndrangheta nelle province di Milano (locali di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano), Como (locali di Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco – Cermenate), Monza-Brianza (locali di Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (locali di Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locali di 8 Pavia e Voghera) e Varese (Lonate Pozzolo).
“Tale schema – spiegano dalla DIA – deve intendersi solo indicativo e non esaustivo in termini di mappatura criminale calabrese nel territorio lombardo in considerazione delle caratteristiche dei gruppi criminali che operano in Lombardia ove, al di là di alcune eccezioni, non sempre è replicato il modello di controllo del territorio tipico delle organizzazioni di riferimento delle regioni d’origine”.
Nelle zone di Varese e Lecco, spiega la Direzione Antimafia, “operano da diversi decenni sodalizi collegati alla ‘ndrangheta (ad esempio la famiglia Trovato attiva dagli anni ‘80 nel lecchese), i fenomeni riguardano prevalentemente i comparti illeciti degli stupefacenti, del riciclaggio, del traffico di armi, dello sfruttamento della prostituzione e in modo crescente soprattutto ad opera della componente allogena non integrata di reati predatori, dell’immigrazione clandestina e di altre manifestazioni di criminalità diffusa”.
Nel 1° semestre 2021, le Prefetture del distretto di Milano (Milano, Varese, Lecco, Lodi, Monza e Brianza, Pavia, Como e Sondrio) hanno emesso 20 provvedimenti interdittivi, 11 dei quali emessi dalla Prefettura di Lecco, 3 da quella di Milano, 3 da quella di Varese, 2 da quella di Monza e della Brianza e una da quella di Lodi. Rispetto alle matrici criminali di riferimento, 15 di questi hanno riguardato imprese in contesti di criminalità organizzata calabrese, 3 di criminalità organizzata siciliana e 2 di criminalità organizzata campana.
Cinque operazioni anti-mafia
Nel 1° semestre 2021 la ‘ndrangheta in Lombardia è stata al centro di cinque operazioni di ampio respiro tutte sostanzialmente accomunate da una trama mafiosa, per lo più orientate a reati di tipo fiscale economico.
In particolare ciò è stato registrato nel gennaio 2021 nell’operazione “Basso profilo” coordinata dalla DDA di Catanzaro e condotta dalla DIA che ha avuto riflessi investigativi nelle province di Brescia e Bergamo ma anche nel successivo febbraio con la già citata operazione “Cardine Metal Money” della DDA di Milano eseguita dalla Guardia di finanza e incentrata sulle attività illecite del gruppo Vallelonga nella provincia di Lecco.
A febbraio ed aprile 2021 invece la DDA di Brescia ha coordinato la Polizia di Stato e i Carabinieri nella conclusione di 2 operazioni che hanno riguardato gruppi criminali, propaggini della cosca Arena Nicoscia attivi a Viadana (MN) e nella provincia di Bergamo individuati rispettivamente nell’operazione “Gemelli” e nell’operazione “Isola Orobica”.
Sempre ad aprile 2021 è stata portata a termine dalla Guardia di finanza l’operazione “Petrol-Mafie spa” una maxi inchiesta transnazionale che ha raccolto gli esiti di 4 distinte indagini delle DDA di Reggio Calabria, Catanzaro, Roma e Napoli (coordinate dalla DNA e da EUROJUST) e nella quale è emersa la convergenza di strutture criminali di differente matrice nella pianificazione condivisa dei business della illecita commercializzazione di carburanti e nel riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere con sede anche in Lombardia intestate a soggetti insospettabili prestanome.