LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“In merito al Vostro articolo “Cinque milioni per la montagna, Rossi incontra gli operatori”, sarebbe utile conoscere nel dettaglio dal nostro assessore regionale quali sarebbero gli obbiettivi ed i progetti in concreto in tal senso. Se si parla della semplice valorizzazione dell’esistente, con, da quello si capisce, magari la possibilità di innevamento artificiale fuori stagione, niente di male (auguri, visto l’andamento del clima mondiale…).
Se invece tutto ciò è un modo come un altro per creare nuove infrastrutture o ampliare esageratamente le esistenti, a mio modesto parere oltre che distruttive dal punto di vista dell’impatto ambientale per il nostro territorio prealpino rischierebbero di diventare le ennesime inutili cattedrali nel deserto, vista la costante diminuzione del periodo annuale di innevamento naturale, con in più l’aggravante di ritrovarci in un futuro non troppo lontano nuove strutture abbandonate, fatiscenti e inutilizzate in un ambiente pregevole dal punto di vista paesaggistico (l’ex albergo sciatori di Artavaggio docet).
Tanto per intenderci, mi riferisco a quel fantomatico progetto-idea-prospettiva (non so sinceramente cosa fosse) presentato tempo fa circa una nuova struttura comprensiva di uno pseudo “tunnel” o qualcosa di simile tra i Piani di Artavaggio e di Bobbio: sarebbe veramente abominevole per gli occhi di chi ama veramente la montagna, ed è quello che temiamo abbiano in testa i nostri poco lungimiranti amministratori con questi comunicati dai quali poco o niente io nel mio piccolo riesco a capire (limite mio, per carità..).
Mi preme però ricordare che il turismo montano del futuro va sempre più in direzione di una frequentazione della montagna ad impatto leggero, cioè basata su attività come trekking, escursionismo, alpinismo se si vuole, realtà che non hanno bisogno di eccessive infrastrutture ma solo di un’oculata e mirata valorizzazione dell’esistente. Impariamo da altre realtà, dall’Austria e dalla Svizzera per esempio, anziché accanirci nel costruire nuove piste e nuove strutture per uno sport come lo sci alpino che, statistiche alla mano, anche per un diverso impatto economico non attira più le masse del passato, rischiando per contro di perdere anche quel turismo leggero faticosamente conquistato nel tempo costituito da camminatori, escursionisti, alpinisti, semplici amanti della montagna che di fronte a nuove brutture scapperebbero da qualche altra parte. E la Svizzera è vicina”.
Matteo Fumagalli (semplice amante della montagna)