
LECCO – Un’attività di famiglia, ben funzionante (soprattutto nei fine settimana) e regolare dal punto di vista fiscale: è il quadro raccontato dai dipendenti e frequentatori della 046 di Via Pasubio, la pizzeria di proprietà della famiglia Trovato aperta nel 2005 e sequestrata lo scorso 2014 a seguito dell’arresto di Mario Trovato, fratello del boss ergastolano Franco Coco.
La nube Metastasi si è poi abbattuta anche sui figli di Trovato, e sulla sua compagna Alexandra Ivashkova, imputati insieme ad altre quindici persone nel processo che si è aperto oltre un anno fa, prima presso il Foro di Milano e quindi al Tribunale di Lecco.
E’ stata proprio la difesa Trovato protagonista della veloce udienza di questo martedì, con sei testimoni tra ex dipendenti e fornitori delle attività familiari tra cui la Pizzeria 046, del bar Petit Cafè (gestito dalla Ivashkova) e del ristorante La Diga, aperto dal figlio Rolando Trovato. Incalzati dalle domande dell’avvocato difensore Marcello Perillo e in alcuni casi dal pm Bruna Albertini, i testimoni hanno così raccontato al collegio giudicante come si svolgeva la vita all’interno dei locali, con particolare attenzione alla 046 di Via Pasubio, per gli inquirenti il vero e proprio covo della presunta locale mafiosa capeggiata da Mario Trovato.
Qui infatti stando all’accusa si sarebbero svolte cene ed incontri volti a pianificare gli affari malavitosi del presunto clan, presenti l’ex consigliere comunale Ernesto Palermo (già condannato in abbreviato) e volti quali Massimo Nasatti, Gaetano Mauri, Saverio Lilliu, Antonello Redaelli, Antonino Romeo, (soci della Lido di Parè Srl, una delle vicende cardini dell’inchiesta), oggi tutti imputati nel processo Metastasi.
Le storie raccontate dai testimoni in Aula hanno tuttavia tratteggiato una situazione normale, senza anomalie, a cominciare dalla contabilità della 046, in mano ad un’impiegata dell’Unione Commercianti Lecco, la prima ad essere ascoltata: “Una volta al mese Giacomo e Stefania – due dei figli di Mario Trovato – venivano in ufficio a portarmi le fatture e gli scontrini, è sempre stato tutto regolare, almeno fino ad aprile 2014 quando il ristorante è stato chiuso”. Anche uno dei fornitori di bevande – che serviva tutti e tre i locali, 046, Petit Cafè e La Diga – ha tratteggiato la stessa situazione pulita: “Mi mandavano gli ordini, consegnavamo e siamo sempre stati pagati regolarmente, di solito con assegni, anche circolari”.

Quindi la parola è passata a chi, come Maira Gherosa, alla 046 ha lavorato come cameriera, dal 2006 alla sua chiusura: “Io ero cameriera, Giacomo e Stefania gestivano il locale, Stefania stava in cassa o al bancone, zona bar, Giacomo ogni tanto aiutava con le pizze e in sala. C’era anche Rolando, ma poi ha lasciato la pizzeria per aprirne una propria a Olginate – ha raccontato la donna – Mario lavorava molto in pizzeria, al mattino faceva le pulizie, a pranzo aiutava in cucina mentre la sera stava al forno delle pizze. Il ristorante andava bene, era sempre pieno, soprattutto nei fine settima” ha ricordato la donna, che su richiesta prima dell’avvocato e poi del pm ha riconosciuto le persone all’interno della gabbia insieme a Mario Trovato: “Venivano in pizzeria – ha detto riferendosi a Nasatti e Romeo – a volte con le famiglie a volte tra di loro, c’erano anche Redaelli, Lilliu, Palermo”. “Ma c’erano tavoli riservati apposta per loro o situazioni strane durante quelle cene, magari stavano appartati?” la domanda del difensore “No, assolutamente, la sala era unica e grande, non si poteva stare appartati, si sedevano dove volevano. Non ho mai notato niente di strano” la risposta della donna.
Dello stesso parere Francesco Carnovali, nipote di Mario Trovato, ascoltato poco dopo: “Capitava che nei fine settimana mi chiedessero di lavorare in pizzeria, aiutavo quando c’era tanta gente – ha spiegato – stavo al forno con lo zio Sarino e lo zio Mario, alle volte stavo in sala come cameriere”. Anche lui riconosceva quegli amici che venivano alle cene a volte in famiglia a volte insieme, tra cui Palermo, Redaelli, Lilliu. “Ma lei conosceva le persone che vedeva ai tavoli?” la domanda dell’avvocato Donatella Saporiti, parte civile del procedimento “No, cioè si di vista” la risposta del ragazzo “Come sapeva che quella persona era il signor Redaelli o il signor Palermo allora?” “Bè Palermo lo conoscevo, era di Galbiate come me. Redaelli sapevo chi era di nome, non ci ho mai avuto niente a che fare ma sapevo chi era” la replica del testimone.
Al banco dei testimoni si è seduto anche Norman Ravasio, convivente di Stefania Trovato, figlia di Mario, a cui è toccato ricostruire le mansioni e lo stipendio della ragazza: “So che era socia della 046 col fratello Giacomo, in pizzeria stava dietro al bancone, faceva da bere, e alla cassa. Il guadagno non era molto, 500 – 600 euro al mese massimo” ha detto il giovane. “Non si è mai chiesto perché guadagnasse così poco nonostante tutti ci abbiano raccontato che l’attività andava bene?” “Preferiva pagarsi prima tutte le varie spese, del ristorante e di casa, quello era quanto rimaneva in mano”.
Collegio, accusa e difese torneranno in aula già questo giovedì, 17 dicembre, dove saranno ascoltati gli ultimi testimoni delle difese. A gennaio, dopo la pausa natalizia, sarà la volta degli attesi esami degli imputati.

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