MILANO – Non c’è l’associazione mafiosa: lo ha ribadito la Corte di Appello di Milano che lunedì ha condannato l’ex consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, ad una pena di 6 anni e 8 mesi nell’ambito del processo sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta nel lecchese denominato “Metastasi”.
La sentenza, già attribuita in primo grado e confermata dai giudici, è giunta nel tardo pomeriggio: dopo svariate ore di riunione la Corte d’Appello si è infine pronunciata.
Il processo d’Appello per Ernesto Palermo e i suoi imputati Alessandro Nania e Claudio Bongarzone era cominciato lo scorso 22 marzo presso il foro meneghino: i tre erano stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta Metastasi condotta dalla Dda di Milano,ma a differenza degli altri imputati (tra cui Mario Trovato e l’ex sindaco di Valmadrera Marco Rusconi, condannati lo scorso 1 marzo dal Tribunale di Lecco rispettivamente a 21 e 8 anni di carcere) Palermo, Nania e Bongarzone avevano scelto il rito abbreviato.
Per i tre la sentenza in primo grado era arrivata il 17 aprile 2015: scontata di molto la severa pena richiesta dall’accusa (16 anni per Palermo e 10 per Nania e Bongarzone), e tolta l’aggravante dell’associazione mafiosa, non riconosciuta dal Gip Roberto Arnaldi che aveva quindi condannato l’ex consigliere comunale a 6 anni e 8 mesi.
L’intenzione di andare in Appello era stata subito annunciata dai suoi legali Armando Veneto e Vincenzo Belvedere: la prima udienza si era svolta il 22 marzo scorso (unico presente tra gli imputati Claudio Bongarzone, difeso dall’avvocato Michele D’Agostino) e aveva visto un battagliero pubblico ministero (la dott.ssa Bruna Albertini, titolare del fascicolo) sostenere con convinzione l’associazione mafiosa, depositando una corposa memoria di 125 pagine. Il 10 maggio la Corte d’Appello aveva però rifiutato di utilizzare il documento dell’accusa: “Conteneva prove che non facevano parte del fascicolo processuale quindi inutilizzabili in questa sede” avevano sostenuto i difensori.
Quest’oggi, dopo diverse ore di attesa, la Corte si è definitivamente pronunciata: “C’è grande soddisfazione, la corte d’Appello ha rigettato le richieste del pm e riconfermato la sentenza di primo grado che escludeva l’associazione mafiosa – ha spiegato l’avvocato Vincenzo Belvedere, difensore di Palermo – Nonostante la sentenza del tribunale di Lecco avrebbe potuto influenzare la corte d’Appello, questa ha riconosciuto ai tre imputati reati di natura comune e non mafiosa”.
Il pubblico ministero Albertini potrà comunque fare ricorso in Cassazione ma per ora la difesa di Palermo è appagata dell’esito giudiziario. “Il mio assistito è felice della sentenza – ha proseguito l’avvocato – sapeva di essere lontano dal mondo mafioso, del resto è stato consigliere comunale ed insegnante per anni. Avere la ragione della Corte di Appello di Milano è una bella soddisfazione”.