Ndrangheta: scoperto il “locale” di Calolzio, arrestati gli affiliati

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CALOLZIO – E’ di nuovo un’inchiesta dell’antimafia di Milano a mettere in luce la presenza e il radicamento dell’ndrangheta in provincia di Lecco: sono infatti scattati all’alba di martedì ben 38 arresti da parte dei carabinieri del ROS su ordine della procura di Milano, 18 dei quali residenti nel lecchese e legati a quella che viene definito il “locale” di Calolziocorte.

L’inchiesta è affidata ai Pm Paolo Storari e Francesca Celle, coordinati dal capo dell’antimafia Ilda Boccassini.

Il  “locale” calolziese, secondo quanto appurato dalle indagini del ROS, vedrebbe a capo Antonino Mercuri, detto anche “Pizzicaferro”, 64enne originario di Giffone (RC) ma residente a Airuno. Lui si foggiava del titolo di capo locale mentre Antonio Mandaglio detto “Occhiazzi”, nato a Giffone (RC) e residente a Carenno, era il “capo società”.

Quest’ultimo, pensionato 60enne, era già stato coinvolto e poi assolto, nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito”.

L’indagine denominata “Insubria” avrebbe confermato in territorio lombardo la tradizione degli appartenenti alla ‘ndrangheta di organizzare delle riunioni di carattere operativo ed organizzativo, in eventi conviviali denominati “mangiate”.

BOCCAS
Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini

L’attività investigativa condotta dai Carabinieri del R.O.S., con il supporto dei comandi Provinciali di Como e Lecco, ha permesso di arrivare a filmare questi incontri, riuscendo ad ottenere testimonianze video realizzate per la prima volta in Italia dall’antimafia dei riti di affiliazione alla cosca. Riunioni avvenute in un casolare rurale a Castello Brianza nei giorni 12 aprile e 31 maggio 2014, dove si è tenuto il “battesimo” ‘ndranghetista di alcuni nuovi associati alla locale con il conferimento della così detta Santa, ovvero uno dei più altri gradi della criminalità calabrese. (vedi i video)

Castello Brianza è anche il punto di incontro tra la presunta cosca calolziese e le altre due organizzazioni criminali al centro dell’inchiesta, ovvero il “Locale” di ‘ndrangheta di Cermenate e il “Locale” di ‘ndrangheta di Fino Mornasco .

Filmato dai carabinieri anche l’arrivo del boss Peppe Larosa, giunto nel lecchese da Giffone, paese di origine di molti degli affiliati, per dare la dote di “Vangelo” ad alcuni membri del locale.

Un’altra delle conferme che giungerebbero da questa indagine è la consuetudine di tramandarsi di padre in figlio le regole del comportamento mafioso, tanto che nell’indagine risultano numerosi i casi di giovanissimi figli o nipoti di alcuni degli ‘ndranghetisti indagati, introdotti all’associazione mafiosa attraverso veri e propri rituali di affiliazione.

In un caso si sarebbe addirittura accertata l’affiliazione alla ‘ndrangheta del figlio ancora oggi minorenne di uno degli indagati, Salvatore Pietro Valente: quest’ultimo, operaio 48enne residente a Torre de Busi è risultato “affiliato” al locale di Calolziocorte con la dote di “Vangelo” e cugino di quello che gli inquirenti considerano capo della locale di Cermenate, Giuseppe Puglisi; Valente è anche zio di Nicolas Montagnese, 22enne di Torre De Busi anch’esso indagato come affiliato al gruppo mafioso calolziese.

Il principio varrebbe anche per il figlio del presunto “capo società”: risulta infatti arrestato Luca Mandaglio, 30enne, professione cameriere e residente a Olgiate Comasco, figlio di Antonio Mandaglio e “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della dote della “Santa”, una delle più alte per un associato.

carabinieriMandaglio è anche il cognome di Bartolomeo, 56enne imprenditore edile di Vercurago, arrestato nell’ambito della stessa indagine e cugino del già citato Salvatore Valente, a dimostrazione degli stretti legami di famiglia all’interno della presunta organizzazione di stampo mafioso.

Un altro dei nuclei familiari residenti nel lecchese, di cui alcuni componenti sono rimasti coinvolti dall’inchiesta come affiliati al clan, è quello dei Panuccio, residenti a Dolzago: agli arresti domiciliari il padre Michelangelo Panuccio, 61 anni, mentre è stata eseguita la custodia cautelare in carcere nei confronti del figlio Albano, 33 anni operaio, in possesso della dote di “Sgarro” e di suo zio di Antonio Panuccio, 57enne originario di Giffone e affiliato con dote di “Vangelo”.

Durante le perquisizioni, nella casa del 61enne è stata rinvenuta una pistola detenuta illegalmente e per questo sequestrata. Arrestato anche Rosario Gozzo, 50enne di Carenno e cugino di Albano Panuccio, anch’esso ritenuto affiliato con la dote di “Vangelo”.

Infine i fratelli Condò: Marco, operaio 43enne residente a Sotto il Monte, Antonio, camionista 44enne di Torre de Busi, Ivan, 39 anni di Calolziocorte ed anch’esso camionista; tutti e tre sono ora in carcere in custodia cautelare in quanto ritenuti parte della “cellula” calolziese.

C’è, in ultimo, Giovanni Buttà: 52enne originario della provincia di Messina e residente a Calolzio, già condannato per omicidio. sarebbe proprio lui ad apparire nel video del giuramento mafioso girato dagli uomini dell’Arma.

Per tutti gli indagati  vale l’accusa di associazione mafiosa, ma tra i reati contestati ai singoli soggetti ci sono anche quelli di estorsione, detenzione e porto abusivo di armi.

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