Giacomo Arrigoni, capostazione della Stazione Grigne, cerca di fare chiarezza in seguito alla missiva scritta da un paio di membri del Soccorso Alpino (vedi articolo) con la quale è stata criticata la scelta di utilizzare l’elicottero per il recupero di cinque escursionisti che sabato scorso si erano trovati in difficoltà lungo il canalone Caimi (Grignetta). Critiche rivolte agli operatori che quel giorno erano presenti nella Centrale Operativa del Bione rei, stando alla lettera, di non aver rispettato le disposizioni date dallo stesso Arrigoni nell’utilizzo degli uomini presenti sul territorio.
“Onestamente non ho informazioni sufficienti per poter condividere o meno quanto è stato scritto nella lettera che avete ricevuto in redazione. Anche perchè non ho ancora visto il rapporto. Tuttavia, trattandosi di cinque persone, effettivamente poteva essere problematico intervenire via terra. Chi ha preso la decisione di fare arrivare l’elisoccorso l’ha presa con cognizione di causa. Per quanto ne so, il Soccorso Alpino non ha mai richiesto l’utilizzo dell’elicottero se non era necessario e quando viene richiesto è in funzione della sicurezza sia degli escursionisti in difficoltà che degli stessi soccorritori”.
Poi Arrigoni entra nel merito della disposizione data ai suoi uomini: “Ho semplicemente chiesto loro di farmi avere le rispettive disponibilità in questo periodo estivo, perchè sono in molti ad andare in ferie e devo sapere chi c’è e chi invece è al mare sotto l’ombrellone… Quindi la mia richiesta era in funzione solo di una razionalizzazione delle forze senza la pretesa di nessun vincolo strategico. Dire che qualcuno non abbia rispettato le disposizioni è una sopravvalutazione, la mia era solo un’indicazione, nulla più”.
Tornando all’utilizzo dell’elicottero, sono sempre più le persone che ritengono giusto far pagare l’intervento a chi viene soccorso nei casi in cui l’utente non è ferito, ma si trova solo in difficoltà a causa della propria incapacità o della propria spavalderia nell’andare in montagna. Su questo punto Arrigoni fa sapere: “Il problema è più complesso di quello che sembra. Per esempio, i ragazzi di sabato hanno effettivamente sbagliato, ma tutti in montagna possono sbagliare. Dai più grandi alpinisti ai meno esperti e spesso, si sa, si sfiorano o accadono tragedie proprio per disattenzione e sottovalutazione. L’opinione che la montagna è assassina è sbagliatissima. Quindi è chiaro che se i cinque fossero stati più informati, preparati, meglio allenati avrebbero risolto la situazione di difficoltà senza grossi problemi. Invece è subentrato il panico e da una situazione tranquilla si è passati a una situazione di enorme pericolo. Le loro forze erano venute meno, è subentrata la paura e il rischio di compiere un gesto irrazionale che li avrebbe fatti precipitare era altissimo”..
Arrigoni non si ferma qui e aggiunge: “Ovviamente ci sono delle considerazioni da fare. Di elicotteri non ne abbiamo molti a disposizione e il loro utilizzo è comunque oneroso e sempre rischioso: fare manovre in determinate circostanze, avvicinarsi alla montagna, utilizzare il verricello, eccetera è sempre difficile. Tuttavia l’elicottero rimane una risorsa vincente, perchè in brevissimo tempo ci permette di arrivare sul luogo dell’incidente quando via terra ci impiegheremmo delle ore. Detto questo, è evidente che se viene utilizzato in casi non urgenti ed estremi ci si trova di fronte a un oggettivo spreco di risorse. E questo è un problema che va affrontato. In Veneto, Trentino e Val D’aosta si è optato per una soluzione repressiva: l’elicottero si paga. In Lombardia l’approccio al problema è diverso. Il Soccorso Alpino in concerto con 118 e Areu sta lavorando per cercare di responsabilizzare gli utenti. Maggior responsabilità meno spreco di risorse. Non nego però che c’è chi avanza richieste d’aiuto assurde, come quest’inverno, quando un signore ci ha chiamati perchè preso da crampi mentre saliva al Resegone… ovviamente nessuno elicottero si è alzato in volo. Gli abbiamo consigliato di fermarsi, di bere tanta acqua, di riposarsi e pian piano di scendere in Erna, visto che l’ora non era tarda e aveva tutto il tempo a disposizione. In questi giorni invece ci sono persone che chiamano perchè sfinite, distrutte, non riescono più a muoversi dopo essersi avventurate in lunghe camminate di due o tre ore senza avere con sé acqua da bere… in certe situazioni il corpo dice basta e si ferma. Non va più. Ripeto, serve un lavoro di sensibilizzazione e responsabilizzazione per evitare almeno queste situazioni e uno sperpero di risorse”.
Anche perchè i costi d’intervento non sono irrisori… “Esattamente – conclude Arrigoni – Prendiamo la vicina Svizzera. Per il recupero di un deceduto su un ghiacciaio, intervento di estrema facilità e della durata di circa un’ora, vengono chiesti 13mila euro. Se l’intervento è per un ferito e quindi più complesso e difficoltoso la cifra come minimo raddoppia. E i costi indicativamente sono questi anche in Italia”.