Tutto esaurito al Teatro della Società per lo spettacolo di Moni Ovadia. Andato in scena nella serata di giovedì e parte della rassegna Teatro d’Attore, “Il registro dei peccati” è stato un percorso alla scoperta delle comunità ebraiche khassidiche. Più di due ore di monologo in cui, senza alcuna scenografia e con l’ausilio solo di un leggio e un microfono, il noto attore di origine bulgara ha catalizzato l’attenzione del pubblico.
Dopo aver aperto lo spettacolo con una breve introduzione sul perché del suo interesse nei confronti delle realtà ebraiche dell’Europa centro-orientale e averne evidenziato le influenze sulla nostra cultura, Ovadia ha voluto subito precisare la sua posizione anti-nazionalista. «Il mio interesse è indagare le culture e le religioni senza cadere nell’errore di considerare il territorio come una proprietà di qualcuno. Nella Bibbia si legge che la terra è di Dio, non dell’uomo. In questo senso nella spregiudicata presa di possesso della terra, cui assistiamo da tempo in Medio Oriente e non solo, non ritroviamo nulla di divino. C’è anzi qualcosa di pestilenziale nel nazionalismo». Ed è dopo queste parole che lo spettacolo è entrato nel vivo. Ovadia si è, quindi, cimentato nel raccontare e leggere numerosi aneddoti sulle comunità in questione, dalle letture su Noè alla nascita di Isacco da Abramo e Sara. Ai racconti sono seguiti i canti, tradizione molto radicata tra gli ebrei della diaspora. «Tutti sanno cantare – ha spiegato – e non è una questione di tecnica. Il canto è qualcosa che abbiamo in noi, che ci appartiene sin dalla nascita e che non deve essere controllato. Per queste comunità cantare significa esprimere noi stessi». Ed ecco che l’attore ha cantato con la sola voce, coinvolgendo emotivamente il pubblico in sala.
Infine l’umorismo, quella qualità tipica degli ebrei di scherzare su tutto, persino sul divino. «Un ebreo khassidico sa scherzare su se stesso, sa fare autoironia e, conseguentemente, riesce a sdrammatizzare anche le situazioni più difficili, arrivando a rapportarsi con umorismo anche alla fede, a Dio». Numerose, quindi, le storielle raccontate su personaggi della tradizione ebraica, rabbini dell’Europa centro-orientale oppure amici dello stesso attore che, in epoche e situazioni diverse, hanno utilizzato l’umorismo nella quotidianità. «Pur essendo una caratteristica degli ebrei – ha precisato – l’umorismo si può trovare anche in tradizioni e culture diverse. Da Winston Churchill, che è uscito da situazioni imbarazzanti con questa capacità, a Don Andrea Gallo, dalla risposta sempre pronta e spiazzante, sino ad alcuni miei amici musulmani».
Per concludere un monito sulla situazione attuale. «Il nostro Paese dovrebbe imparare a investire sulla cultura e a capire che da qui si può partire per risollevare le sorti dell’Italia. La cultura è un bene per tutti e se è vero che un teatrante può essere di sinistra, di destra o di centro, è ancora più vero – ha chiuso il monologo – che il teatro è di tutti».
Per leggere l’intervista esclusiva di Lecconotizie a Moni Ovadia: moni-ovadia-stasera-al-sociale-intervista-esclusiva-a-lecconotizie-40971
Prossimo appuntamento, venerdì 20 gennaio con “Apocalisse” di Lucilla Giagnoni.