Ieri sera, nell’ambito di Leggermente Off, la presentazione del libro “Una casa di ferro e di vento”
Il romanzo, scritto a quattro mani da Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi, è nato da un caffè bevuto con Marta Badoni
LECCO – Un romanzo nato da un caffè bevuto insieme a Marta Badoni, ultima discendente della storica famiglia lecchese (scomparsa poco fa), diventato un affresco avvincente ed emozionante sulla storia, o meglio, sulle storie legate alla figura di Giuseppe Riccardo Badoni, imprenditore a cui si deve la fortuna dell’omonima ditta, storica azienda capace di portare il nome di Lecco in giro per il mondo.
Edito dalla casa editrice Nord, il romanzo, intitolato “Una casa di ferro e di vento” racconta il microcosmo, intimo e famigliare, della famiglia Badoni, utilizzando come stratagemma letterario il diario segreto di Giuseppe Riccardo Badoni e dando voce, capitolo dopo capitolo, ai suoi dodici figli, di cui uno solo maschio Antonio.
“E’ come se avessimo appoggiato una telecamera sulle spalle di ciascun figlio per entrare all’interno delle dinamiche familiari” ha puntualizzato Paolo Valsecchi, autore insieme a Lorenzo Bonini, del libro, uscito in libreria il 24 settembre e presentato al pubblico per la prima volta ieri sera, giovedì, a Lecco, all’Officina Badoni, all’interno di quelli spazi che fino all’inizio degli anni Novanta ospitavano la ditta, di recente riqualificati grazie a un intervento della Fondazione Comunitaria lecchese. Gremita la sala per l’appuntamento inserito nella programmazione di Leggermente Off.
“Siamo molto contenti di avervi qui e non nascondo di essere emozionata perché sono particolarmente vicina a questo libro e a Marta Badoni” ha esordito Maria Grazia Nasatti, presidente della Fondazione Comunitaria del Lecchese, intervenuta subito dopo i saluti di benvenuto di Marco Magistretti (Confcommercio).
Incalzati dalle domande di Rosa Valsecchi, Bonini e Valsecchi si sono alternati al microfono, lasciando intuire la complicità e la profonda amicizia che li ha uniti anche in questo percorso editoriale, arrivato a quattro anni di distanza dalla pubblicazione di “Io sono nessuno”, realizzato insieme a Stefano Scaccabarozzi.
Intrisi dalla profondità emotiva e dallo spessore umano dei personaggi dipinti nelle pagine del romanzo, hanno coinvolto per un’ora abbondante il pubblico nella saga familiare dei Badoni, trasmettendo la curiosità di andare a scoprire l’universo umano “nascosto” dietro uno dei più grandi imperi del ferro italiano. Una storia familiare intensa, segnata dai lutti, profondi e importanti come quello della scomparsa di Adriana, madre dei primi 5 figli, morta a causa della spagnola nel 1918 e poi, nel 1943, di Antonio, il sottotenente di vascello a cui è intitolato l’istituto tecnico industriale cittadino.
“I racconti di Marta sono stati fondamentali e importantissimi” ha precisato Bonini, sottolineando di aver poi trovato negli archivi, conservati al Politecnico, conferme e riscontri su aneddoti e vicende di una famiglia che viveva in sincronia con l’azienda: “Giuseppe Riccardo Badoni trattava i dipendenti come figli e i figli come dipendenti e non a caso aveva voluto che l’azienda, di cui spiccano ancora oggi gli archi ogivali, fosse bella come una cattedrale del lavoro”.
Le conquiste imprenditoriali dell’azienda, tra cui la realizzazione di uno dei piloni in acciaio del secondo ponte sul Bosforo a Instanbul, restano però ne “Una casa di ferro e di vento” sullo sfondo. In primo piano ci sono le scelte, spesso coraggiose e controcorrenti, delle figlie come Adriana che decide di andare in convento, mollando la carriera imprenditoriale o Piera che trova nel linguaggio poetico la via per dare voce alle fatiche e alle inquietudini personali.
“Entrare in questo mondo umano così variegato e profondo è stato per noi una scoperta. Ci abbiamo messo due anni per arrivare alla forma definitiva. Ci chiedono spesso come sia scrivere a quattro mani (e questo è un lavoro anche a tre teste, visto il ruolo ricoperto da Marta). Come nelle coppie, uno dei due deve capire quando è il momento di non incaponirsi su un accento” ha sottolineato Bonini con Valsecchi pronto a ricordare il frangente il cui tutto il malloppo rischiava di finire bruciato in un camino per colpa di un “poiché” di troppo. “Io e Paolo siamo complementari: lui è formidabile nei colpi di scena e nelle battute; io mi sono concentrato sulla circolarità del racconto. Insieme abbiamo cercato di cogliere e lavorare sullo stimolo ricevuto dall’editore di dare movimento al racconto”.
Il risultato? Tutto da leggere nelle 336 pagine che, parlando della saga della famiglia Badoni, raccontano anche drammi, speranze, inquietudini universali tenendo sempre fede alle parole, ripetute dalla poetessa Piera Badoni, che felici bisogna saperlo essere.