Partecipata la serata con lo psicologo e psicoterapeuta Lancini che ha parlato di adolescenza, ma non solo
“Noi adulti dobbiamo dare spazio ai nostri figli senza chiedergli di essere se stessi a modo nostro”
LECCO – In un mondo che è profondamente cambiato gli adulti sono chiamati a puntare sulla relazione e sull’ascolto vero dei loro figli. Senza demonizzare internet, senza eludere le domande di senso anche più sconvolgenti come quelle legate alla morte, senza esaltare il mito dei no e dei paletti da mettere per potersi sentire autorevoli.
Venerdì 22 marzo la quindicesima edizione di Leggermente, manifestazione di promozione della lettura organizzata da Assocultura Confcommercio Lecco, ha avuto come ospite lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini. Titolo della serata “Adolescenti: quali prospettive di futuro nell’epoca della fragilità adulta?”.
Tanti gli spunti, tante le provocazioni lasciate al numeroso pubblico in un’ora e mezza densa di parole e di concetti, molti dei quali si ritrovano anche nell’ultimo libro scritto da Lancini ovvero “Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta” (Raffaello Cortina).
Introdotto da Angela Lamberti (Comitato scientifico di Leggermente), Lancini è partito da una premessa: “Serve un cambio di prospettiva ma non per sentirci in colpa. Nessuno vuole accusare nessuno. Serve un’assunzione di responsabilità davanti a una complessità conclamata”.
Quindi ha delineato un tragitto attraverso tre diverse fasi storiche e tre tipologie di adolescenti, partendo dalla famiglia tradizionale normativa in cui “l’impegno educativo si riassumeva in due frasi: “Devi obbedire” e “Prima il dovere e poi il piacere”. Un periodo caratterizzato da una società sessofobica e quindi in cui adolescenza era l’età della trasgressione”.
Poi Lancini si è addentrato nella seconda era, quella della famiglia narcisistica o della madre virtuale: “Si scopre che bambini sono intenzionali/relazionali e che hanno caratteristiche uniche. Non sono tabula rasa C’è una profonda revisione dei ruoli. Il padre ha una crisi identità e la madre organizza la famiglia“. In questa fase fa la sua comparsa la tecnologia, la solitudine viene bandita, i bambini devono avere tanti amici e decidono loro le amicizie degli adulti. E crolla la comunità educante.
L’ultima fase è quella attuale: “I bambini non sono al centro del pensiero degli adulti. E’ un’era di fragilità in cui non siamo in grado di ascoltare le emozioni. Viviamo in una società dissociata: la scuola alimenta competizione dalla prima settimana della primaria e impone modelli assurdi. La scuola poi crea confusione: vieta internet dai 12 ai 19 anni ritenendolo colpevole di tutto; parla di bullismo a sproposito quando invece il problema sono i gruppi di whatsapp dei genitori. Assistiamo a un vuoto identitario e i ragazzi sono governati dall’ansia: non si sentono pensati e vivono nell’angoscia “.
Suggerimenti? “No alla settimana detox senza cellulare. Basta domande sul come è andata a scuola: dovete chiedere ai figli se pensano al suicidio. Dovete fare le domande scomode”. Per poi concludere: “Noi adulti dobbiamo dare spazio ai nostri figli senza chiedergli di essere se stessi a modo nostro”.