Marina Apollonio inaugura il programma espositivo del BAC con un progetto tra geometria e spiritualità
Percorso guidato in programma sabato 20 settembre alle 11
BELLANO – Con la mostra Uroboro di Marina Apollonio (nata nel 1940), figura di spicco dell’arte optical e cinetica a livello internazionale, BAC Bellano Arte Cultura ha inaugurato il proprio programma espositivo dedicato all’esplorazione dei linguaggi contemporanei in dialogo con l’identità del luogo, il paesaggio e la memoria che lo caratterizza.
A cura di Chiara Gatti, la mostra presenta due installazioni site-specific di Marina Apollonio, distribuite tra il Museo Giancarlo Vitali, dove dialogano con la collezione permanente, e lo spazio al piano terra di San Nicolao Arte Contemporanea, aperte fino a domenica 26 ottobre.
Sabato 20 settembre, a partire dalle ore 11, la curatrice Chiara Gatti accompagnerà i visitatori in una visita guidata completa tra le due sedi della mostra, raccontando l’esperienza artistica di Marina Apollonio e il suo rapporto con i luoghi di BAC. La visita, che comprende entrambe le sedi, ha un costo di 6 euro; è richiesta la prenotazione scrivendo a gruppi@comune.bellano.lc.it.
Reduce dall’importante retrospettiva ospitata alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, conclusasi lo scorso marzo, Apollonio arriva a Bellano con un progetto inedito, pensato per trasformare la percezione degli spazi che ospitano le sue opere di grande formato: una Dinamica circolare dal diametro di quattro metri e mezzo e un’Ellisse prospettica alta due metri.
“Il titolo della mostra, Uroboro, richiama esplicitamente la circolarità delle opere dell’artista, che si intrecciano idealmente con l’iconografia sacra presente nella lunga storia di San Nicolao, dai suoi affreschi trecenteschi alle tracce liturgiche dell’antico convento degli Umiliati” spiegano gli organizzatori.
“Simbolo del cosmo e dell’eterno fin dall’antica tradizione egizia, l’uroboro rappresenta il serpente che si morde la coda, formando un anello magico, allegoria dell’infinito ciclo di rigenerazione della vita – continuano i coordinatori dell’iniziativa – Oggi, una nuova leggenda dalle forme astratte prende vita nella ex chiesa, coinvolgendo il pubblico in un viaggio sensoriale e in un’interazione fisica con un’immagine che inganna i sensi e al contempo li risveglia”.
Marina Apollonio ha sempre focalizzato la sua ricerca sulla forma pura e primaria del cerchio, esplorandone nel tempo ogni possibile variazione organica per generare un moto interno capace di instaurare relazioni dinamiche tra l’opera e lo spazio circostante.
Le sue “dinamiche circolari” affondano le radici nei primi anni Sessanta, quando l’artista sperimentava il movimento illusionistico di spirali, volute e cerchi concentrici alterati da lievi interferenze o inversioni di rotta. Attraverso queste forme apparentemente statiche, Apollonio indagava le reazioni visive del pubblico, sfruttando la capacità del cervello di interpretare ipotesi di cambiamento come veri e propri movimenti, alimentati da variazioni di luce, sottili mutamenti ambientali percepiti come vitali e dai microscopici scatti oculari che ingannano la percezione.
“Scelta una forma primaria, come il cerchio – scriveva Apollonio nel 1966 – ne esploro le potenzialità strutturali per conferirle dinamismo, puntando a ottenere il massimo effetto con il minimo gesto”. “Un’economia intesa come sintesi geometrica, che rappresenta l’essenza stessa della natura delle cose e, di riflesso, il modo in cui le percepiamo e le osserviamo” sottolineano gli organizzatori.
La mostra invita il visitatore a entrare in dialogo con le opere, collocate sia a pavimento che a parete: due grandi forme circolari la cui struttura sembra prendere vita nello spazio, dilatandosi o implodendo, coinvolgendo le superfici murarie circostanti, gli affreschi e le volte, in una potente energia centrifuga che si sprigiona.
I cerchi concentrici di Marina Apollonio, con il loro spessore che si assottiglia e si ispessisce ritmicamente, richiamano onde e risacche, simili ai battiti di un organismo pulsante. Queste forme trascinano il pubblico in un’esperienza sensoriale inaspettata: un coinvolgimento non meccanico, ma percettivo, frutto di uno studio approfondito ispirato ai pionieri dell’arte programmata e alle loro intuizioni precorritrici nel campo delle neuroscienze.
In un’epoca in cui le neuroscienze approfondiscono lo studio degli organi di senso e la capacità del cervello di interpretare i segnali ricevuti, l’arte optical, così come fu concepita negli anni Sessanta, assume una straordinaria attualità. Essa sfida il sistema nervoso, invitandolo a districarsi tra realtà e illusione. La ricerca artistica di Marina Apollonio si concentra proprio su questi stimoli, fondendo l’elaborazione cerebrale e la precisione scientifica con un’estetica raffinata, caratterizzata da equilibri, simmetrie e ritmi perfetti.
Dopo la mostra dedicata alle fotografie di Giovanni Hänninen, che ha documentato le varie fasi del cantiere di restauro di San Nicolao, il BAC prosegue con Uroboro di Marina Apollonio, proseguendo così il programma espositivo volto a esplorare i linguaggi dell’arte contemporanea in dialogo con l’identità del luogo, il paesaggio e la memoria che li caratterizza.


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