LECCO – La sfida più urgente della nostra civiltà? “Imparare a convivere come diversi, pur condividendo lo stesso territorio geografico e sociale, senza distruggerci, senza ghettizzarci, senza disprezzarci o guardarci in cagnesco o neanche senza tollerarci; dobbiamo fare di più: vivificandoci e fermentandoci a vicenda.”
E’ questa citazione, riferita al cardinale Carlo Maria Martini, a riassumere l’obbiettivo e il filo conduttore perseguito dal libro “Lecco sono anch’io”, un testo scritto a più mani dai coordinatori della Comunità di via Gaggio Onlus, e illustrato domenica pomeriggio, in un incontro inserito nella giornata di chiusura della rassegna letteraria “Leggermente 2012”.
Il convegno si è svolto al Palazzo del Commercio, ed è stato introdotto da Carlo Brigatti, titolare della libreria San Nicolò di via Mascari, che ha presentato al pubblico i relatori: padre Angelo Cupini, missionario clarettiano e fondatore della Onlus, e Angelo Villa, collaboratore dell’associazione e tra gli autori del libro. L’opera letteraria nasce dal lavoro dei volontari del progetto “La Casa sul Pozzo”, una vera e propria struttura ricettiva per i figli degli immigrati residenti in città, che si fa carico di tutte quelle problematiche relative all’integrazione di questi giovani nella nostra società, favorendone la crescita come attivi cittadini.
E’ stato padre Angelo ad illustrare il percorso che ha portato alla stesura dell’opera letteraria: “Il tutto nasce da una scommessa: diventare i portavoce di persone che vengono da altri pezzi di mondo, con una parola che è italiana ma che non cancella la parola della propria lingua, e che non sia solo stereotipata, ma che sia un intuizione del futuro. Ne è nato un libro, che non è un libro in senso classico perché ha degli autori ma non un editore, e alle spalle c’è un’associazione che si fa carico del rischio della promozione. Quello che proponiamo è uno strumento di lavoro che vuole accompagnarci in un pezzo di strada, con uno sguardo alle passate migrazioni per giungere ad un vicino futuro; è un testo che vuole rendersi utile ad una riflessione collettiva, e che vuole colpire la sensibilità di ognuno, risvegliando lo straniero che c’è in noi”.
“Il titolo dell’opera – continua padre Angelo – riprende il nome della campagna di sensibilizzazione “L’italia sono anch’io”, conclusasi con una raccolta firme per l’ottenimento della cittadinanza agli immigrati nati nel nostro paese e per il loro diritto di voto. Ciò vuole essere una doppia provocazione: allo straniero che giunge in Italia, si vuole far presente che anch’esso è parte del processo sociale e civile nel quale si è inserito, e alle popolazioni originarie chiediamo invece di non chiudersi in una torre, ma di incontrare e conoscere i nuovi arrivati. L’incontro avviene solo uscendo dagli usci delle nostre case, imparando la lingua dell’altro, rifiutando la schematizzazione ideologica e scegliendo la persona come principio interpretativo della vita e della regola.”