Conciliazione e gender pay gap, i sindacati: “Ancora troppe differenze tra uomo e donna”

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“La vita è come una corsa, ma quella delle donne è una corsa a ostacoli”

Il video di Cgil, Cisl e Uil di Lecco per mettere in luce di un problema ancora troppo diffuso

LECCO – Cgil, Cisl e Uil di Lecco hanno realizzato un video, presentato oggi, 8 marzo, nella Giornata internazionale della Donna, per provare a dare una rappresentazione fisica di quella che è la condizione del lavoro delle donne: una gara in cui gli uomini hanno davanti una corsia libera, mentre le donne incontrano una serie di ostacoli, incombenze che ogni giorno sono costrette ad affrontare perché culturalmente l’aspetto della cura è ancora totalmente affidato al genere femminile.

Conciliazione, gender pay gap, medicina di genere: sono questi alcuni dei temi trattati durante la conferenza stampa che si è svolta oggi on-line. “Un video molto significativo che rappresenta un mercato del lavoro e profilo di carriera dove le donne devono affrontare una serie di ostacoli – ha detto Francesca Seghezzi, segretaria Cgil Lecco -. Poi c’è la questione delle retribuzioni più basse delle donne rispetto gli uomini: più alto è il profilo più alto è il gender pay gap. Un altro fenomeno molto preoccupante anche nel nostro territorio  è la disoccupazione femminile che passa dal 4,6% del 2018 all’8,7% del 2020, nel giro di due anni siamo passati da percentuali ampiamente sotto la media europea a percentuali ampiamente superiori a fronte di una disoccupazione maschile che è rimasta stabile”.

“C’è un problema di numeri e di dati anche sul territorio lecchese: il 64% delle donne di questo paese subisce il part time perché gli viene offerto solo quel tipo di contratto. Tutti questi problemi si traducono in una scarsa autonomia economica delle donne che sono costrette a dipendere dal proprio compagno o dalla propria famiglia e, nel caso estremo di violenza fatica, non hanno nemmeno gli strumenti per fare denuncia”.

Conciliare si può per vivere meglio – ha detto Marilisa Rotasperti, componente esecutivo Uil del Lario -. Nei mesi scorsi sul territorio abbiamo visto la partenza di cinque sportelli di conciliazione nelle nostre sedi sindacali che, al momento a causa del covid, operano solo a distanza. La conciliazione è un fenomeno che pesa in particolare sulle spalle delle donne a discapito del loro lavoro. La conciliazione è un’attività che richiede molto tempo e che non sempre consente alle donne di svolgere carriere qualificate con stipendi che non raggiungono mai livelli alti. Per ovviare a tutte queste problematiche pensiamo sia necessario un salto culturale da parte della popolazione maschile. Le nuove generazioni si fanno a carico un pochino di più del lavoro di cura ma non è ancora sufficiente. Serve un impegno importante anche dal punto di vista legislativo. Dedicarsi alla cura non è solo un onere ma anche un arricchimento”.

Il tema della parità retributiva, invece, è stato affrontato da Annalisa Caron, Segretaria Cisl Monza Brianza Lecco: “Una parità riconosciuta già dai primi passi dell’Unione Europea che però stenta a essere riconosciuta – ha detto -. Non solo i carichi di lavoro famigliare incidono, ma le donne sono anche occupate nei settori con minore reddito. Lo stesso problema lo si rileva nella presenza delle donne nei quadri dirigenti. C’è ancora molto da fare e ci auguriamo che le risorse del Recovery Plan possano aiutare a far crescere la possibilità delle donne di partecipare al mondo del lavoro alle stesse condizioni degli uomini”.

“Una differenza di trattamento economico tra uomo e donna che si ripercuote anche nelle pensioni – ha detto Luigia Valsecchi dello Spi Cgil di Lecco -. Si sono alzati livelli di povertà soprattutto per le donne che hanno curato da sempre l’ambito famigliare e che oggi si ritrovano con redditi molto bassi. Le donne hanno pensioni più basse in media del 35%. Il 37% delle donne Over 65 prende 1.200 euro lordi di pensione al mese contro i 1.900 euro lordi di un uomo. C’è la necessità che venga consolidato il concetto di cura come un’attività vera e propria che la donna svolge e che possa vedersi riconosciuto questo lavoro come reddito nella parte anziana della sua vita”.

“Chiediamo inoltre che si vada a discutere anche della questione della medicina di genere – conclude Valsecchi -. Chiediamo una medicina che sia conforme al genere di persona che si ha davanti poiché oggi, tutti gli esperimenti delle case farmaceutiche vengono condotti su tipologie che non prendono in considerazione il genere. Ricerche già in atto ci dicono che l’aspirina e la tachipirina non hanno lo stesso effetto sull’uomo e sulla donna. Anche la ricerca medica va adeguata tenendo conto del genere e non solo delle fasce d’età”.