Foto Giudici dopo oltre 40 anni lascia corso Promessi Sposi e va a Rancio

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Giuseppe e Lucia Giudici
Giuseppe e Lucia Giudici

La storico negozio dei fratelli Giuseppe e Lucia Giudici trasloca in via Antonio Bonaiti

“Il digitale ha di fatto ucciso questo settore, rinato sotto una vita nuova che consente a tutti di scattare, ma a pochi di fare fotografie”

LECCO – Dopo oltre 40 anni, Foto Giudici abbassa le serrande dello storico negozio di corso Promessi Sposi e trasloca ai piedi del San Martino, in via Antonio Bonaiti, nel rione di Rancio Alto.

Segno dei tempi che cambiano, da un lato, e della pandemia, dall’altro, durante la quale lo  storico negozio di fotografia (insignito lo scorso anno del riconoscimento di Bottega Artigiana Storica) ha resistito e adesso si rilancia razionalizzando gli spazi, portando tutta l’attività nell’immobile dove già si trova lo studio per la realizzazione di fotografia industriale, cataloghi, book fotografici e molto altro.

Lavori in corso quindi nello storico negozio al civico 110, dove le pareti si spogliano da cornici e fotografie, e si riempiono scatole e scatoloni: “Oggi è l’ultimo giorno – dice Giuseppe Giudici mentre sorride cercando di nascondere quel misto di tristezza e malinconia – Da lunedì si trasloca”.

Foto Giudici
Foto Giudici il negozio di corso Promessi Sposi, 110

 

Una vita trascorsa in quel negozio, per buona parte insieme alla sorella Lucia, arrivata nel 1985, prima con mansioni amministrative e poi col tempo specializzandosi anche lei stessa nella fotografia.

Un lavoro quello di Giuseppe che nasce da una passione: “Avevo 13 anni e già ero affascinato da questo mondo che mi incuriosiva a tal punto che in cantina avevo allestito la mia camera oscura. Mi rinchiudevo per ore a sviluppare i miei scatti, avendo come compagno di lavoro un ragno, che sembra quasi venisse a trovarmi per tenermi compagnia…”.

Poi gli studi, il diploma, il lavoro presso un’agenzia, la leva militare in marina e il ritorno a Lecco. “Era il 1980, ottobre del 1980, quando decisi di aprire la mia attività, proprio qui, in corso Promessi Sposi al civico 110. La mia prima macchina fotografica è stata una Konika, l’ho ancora, ben risposta con il kit completo insieme al mio primo ingranditore. Oggi invece uso Canon, dopo aver abbandonato Nikon nel 2007, perché ancora non aveva il pieno formato”.

Un cambio di marca dettato dalla necessità lavorativa e professionale. Giudici nel tempo si specializza nella fotografia d’arte, d’archeologia, d’architettura e dei beni culturali, sviluppando una tecnica verso metodi sempre più efficaci per la resa scientifica e documentaria, arrivando anche ad utilizzare tecniche di indagine fotografica per il restauro: U.V. e infrarosso.

Giuseppe Giudici
Giuseppe Giudici al lavoro

“Tutto è nato quando una ricercatrice dell’Università del Sacro Cuore di Milano mi ha interpellato per fotografare un manoscritto mal concio, che si trovava a Como, e i ricercatori non riuscivano a leggere. Grazie ad un lavoro fotografico imperniato sul bianco e nero, sono riuscito a consentire la lettura e da quel giorno sono entrato in questo settore tanto particolare quanto affascinante lavorando per conto di Università, Musei, CNR e altri enti e istituzioni”.

Passano gli anni e con l’arrivo della digitalizzazione il mondo della fotografia viene stravolto. “Il lavoro è cambiato radicalmente – spiega Giudici – Ed è stato un cambiamento veloce e repentino, a tal punto che sono rimasti spiazzati anche i big della fotografica come Kodak e Agfa che hanno dovuto chiudere i battenti. Il digitale ha di fatto ucciso questo settore, rinato sotto una vita nuova che consente a tutti di scattare, ma a pochi di fare fotografie”.

Giuseppe si passa la mano sulla fronte, guarda lo schermo del Pc, poi prende il suo telefono cellulare e prosegue: “Oggi con lo smartphone o con una macchina digitale si possono fare mille scatti e c’è chi, anche professionalmente, procede in questo modo, tanto su mille foto qualcuna buona ne salterà fuori. Nell’era pre digitale non potevi ragionare e men che meno lavorare così. Avevi un rullino, c’era la 6 per 6, quindi 12 scatti a disposizione e in certe situazioni dovevi calcolare i tempi per non arrivare al momento topico senza ‘cartucce’ . Erano tempi in cui questo lavoro era prima di tutto un’arte: bisognava conoscerla, apprenderla, impararla con dedizione, pazienza, sacrificio e tempo, non bastava fare click. E oggi, soprattutto guardando le foto di molti giovani, si nota a colpo d’occhio che manca quel background tecnico e culturale necessario che in ambito professionistico e professionale fa la differenza”.

Giuseppe Giudici vanta la collaborazione alla realizzazione di oltre 140 libri di arte e di storia, innumerevoli mostre in giro per l’Italia, lavori fotografici per la conservazione di beni culturali, ai quali ha affiancato servizi fotografici per matrimoni ed eventi.