Ospedale. Dopo 15 anni il primario del Trasfusionale lascia Lecco e va al Policlinico

Tempo di lettura: 6 minuti
Il dottor Daniele Prati

 

LECCO – Dopo 15 anni a Lecco il dottor Daniele Prati, primario di Medicina Trasfusionale ed Ematologia, lascia il Manzoni e va al Policlinico di Milano.

54 anni, milanese, sotto la sua guida il reparto è diventato “hub” trasfusionale per la Lombardia, in pratica a Lecco  si accentrano oggi le attività di validazione e lavorazione del sangue per un’area che comprende, oltre alla nostra provincia, anche quelle di Sondrio e Monza Brianza.

Come mai ha scelto di tornare al Policlinico?
“La scelta è stata sofferta. Quindici anni sono tanti e l’affezione che provo per questo posto e per le persone è tanta. Dal momento che mi è stato chiesto di andare al Policlinico credo che la mia scelta possa valorizzare anche questa stessa struttura. Il primo istituto scientifico italiano in campo sanitario pubblico, il Policlinico, ha mostrato interesse verso il lavoro che è stato fatto qui e ritiene che l’esperienza di Lecco possa rilanciare anche le realtà milanese. Una realtà molto più complessa, più grande e poi, essendo un ospedale universitario, ci sono diverse unità all’interno della struttura di medicina trasfusionale che fanno ricerca. Al Policlinico c’è la banca del sangue raro, un riferimento a livello nazionale; poi c’è la banca del sangue placentare e poi c’è la prima cell factory nata in Italia che può manipolare e produrre prodotti cellulari per il trapianto. Mi troverò difronte realtà diverse che hanno bisogno di essere ordinate e riunificate e la ricerca ha bisogno di essere rilanciata. Considero tutti questi aspetti una sfida e penso che sia giusto raccoglierla. Lascio Lecco in buone mani, ma il legame che ho qui resta forte. Parto con entusiasmo ma anche con molta malinconia. Non è stata una scelta facile”.

Il reparto, in questi anni, è cresciuto tantissimo. Si pensa a Lecco come a una realtà di provincia ma, in questo caso, non è così.
“Di fatto siamo riusciti a mettere in piedi una struttura che è al centro della macro-area più estesa della Lombardia, va dalle porte di Milano fino alla Valtellina. Una struttura grandissima sia dal punto di vista del territorio che per quanto riguarda il numero di sacche raccolte e lavorate. Altro aspetto importante del nostro lavoro è assicurare il supporto trasfusionale a questo territorio ampio e complesso. Il numero delle sacche è il più alto della Lombardia e la rilevanza di questo centro è molto importante. Un traguardo raggiunto  perché abbiamo dimostrato di saper fare le cose bene. Abbiamo sempre puntato su due ruoli indipendenti: il volontariato dei donatori con il lavoro di reclutamento e motivazione svolto dalle Avis  e il nostro impegno per portare avanti una medicina trasfusionale moderna e completa. Il fatto di avere dei medici che sono in grado di tracciare tutto il percorso del sangue, dalla raccolta fino alla trasfusione del malato, ha rappresentato un valore aggiunto”.

La ricerca è un altro tassello del puzzle che ha determinato la crescita del reparto.
“Abbiamo lavorato bene anche sugli aspetti della ricerca portando all’ospedale di Lecco persone molto valide provenienti da importanti realtà milanesi: Barbara Foglieni, arrivata dal San Raffaele, l’abbiamo portata qui su un progetto di ricerca europeo; oppure Marta Spreafico, altra persona di grande valore che dopo aver lavorato con i gruppi di ricerca più importanti a livello nazionale, essendo originaria del territorio, volentieri è tornata a Lecco. Seppure con forze ridotte, con pochi fondi a disposizione, siamo riusciti a fare ricerca contribuendo anche ad alzare il livello di qualità dell’assistenza. Questo aspetto ci ha permesso di diventare il punto di riferimento in Regione per una serie di tematiche legate alla donazione. Avere autorevolezza sul piano scientifico, oltre che sull’aspetto clinico, ha fatto in modo che la Regione scegliesse Lecco come centro della macro-area preferendo rispetto a ospedali più grandi e importanti. Hanno capito che Lecco poteva essere una grande risorsa”.

Il dottor Prati con le biologhe del trasfusionale: da sinistra, Irene Guarnori, Marta Spreafico, Barbara Foglieni, Sara Frison

 

Quello che è successo a Lecco è stato un cambiamento epocale.
“Nel giro di pochi mesi siamo riusciti a triplicare il lavoro e questo senza creare alcun tipo di problema dal punto di vista logistico o della gestione dei processi di lavorazione del sangue. A oggi lavoriamo circa 85 mila sacche di sangue all’anno, al giorno arriviamo tranquillamente a 300 unità”.

I donatori sono una risorsa fondamentale per Lecco, parliamo di numeri molto importanti.
“Lecco, come anche Sondrio, è una realtà molto florida. La donazione è insita nella cultura del territorio e le Avis sono sempre state molto brave nel motivare le persone. Un aspetto che ci permette di stare molto più tranquilli. A Milano, ad esempio, la situazione è molto differente: c’è solo il Policlinico che è autosufficiente, per il resto il sistema dipende dalle realtà provinciali. Una cosa che mi ha colpito quando sono arrivato 15 anni fa è la disponibilità che hanno le persone nell’ascoltare e nel fare le cose. Il fatto di essere donatori è un dato di fatto: la gente dona il sangue perché c’è bisogno. Poi la gente qui lavora tantissimo, la quantità di lavoro che si svolge è impressionante, specialmente se la si confronta con altre situazioni”.

Cosa porterà di Lecco al Policlinico?
“Ho imparato tantissimo. Sono arrivato a Lecco dopo aver fatto prevalentemente il ricercatore e ho imparato a dirigere un reparto, motivare le persone, farle crescere. Mi porto l’idea che non ci si deve spaventare di nulla, bisogna fare le cose e, se la gente è motivata, si possono ottenere risultati impensabili. Ho imparato a fare cose molto cliniche e questo è importantissimo per fare medicina con la mente aperta e guardare le cose in maniera universalistica. Da un punto di vista umano, invece, ho avuto modo di costruire rapporti personali straordinari e mi porto dietro il fatto di essermi innamorato di questi bellissimi posti. Tutte queste cose restano e fanno parte di quindici anni bellissimi. Quando ho scelto di venire a Lecco ero titubante, non ero sicuro di voler lasciare il mondo della ricerca, adesso invece vado via con un po’ di malinconia. Ho fatto una scelta con molto spirito di servizio, perché il cuore mi tratteneva a Lecco”.

Il dottor Alessandro Gerosa subentrerà al suo posto in qualità di facente funzione.
“Una persona di grande esperienza e buon senso. Sicuramente sa bene cosa fare per continuare su questa strada. E’ chiaro poi che l’amministrazione giocherà un ruolo fondamentale nel mantenere il primato di questa struttura. A volte, quando le cose funzionano bene, si dà tutto per scontato, invece un’amministrazione intelligente deve capire che le cose che funzionano vanno potenziate. Visti i risultati bisognerebbe avere il coraggio di investire e capire che in realtà come quella di Lecco, basata su pochissime persone che fanno un sacco di cose, il materiale umano è prezioso ed è quello più difficile da reperire e formare. Nel momento in cui va via una persona importante dal punto di vista operativo si rischia di mandare in collasso tutto. Qui ci sono figure che vanno valorizzate altrimenti, via quelle, non ne trovi facilmente altre. Se io potessi prendere tutte queste persone e portarmele dietro andrei al Policlinico con la certezza di riuscire a far funzionare le cose benissimo. Persone straordinarie, devo ringraziarle, non è scontato trovarsi così bene”.