Il fotografo Mauro Lanfranchi condivide il racconto di una giornata ad Artavaggio
Un’esperienza che può essere spunto di riflessione e mettere in guardia i tanti escursionisti che frequentano le nostre montagne
LECCO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera del fotografo Mauro Lanfranchi che vuole condividere il racconto della giornata di sabato trascorsa ai Piani di Artavaggio, un’esperienza che può essere spunto per una riflessione oltre che mettere in guardia i numerosi escursionisti che frequentano le nostre montagne.
“Desidero raccontare la mia giornata ai Piani di Artavaggio per mettere in guardia i numerosi escursionisti che in queste belle giornate di sole, frequentano le nostre località montane per l’estrema pericolosità dei nostri sentieri in quota, ricoperti di ghiaccio.
Sabato decido di salire in Artavaggio per omaggiare gli amici rifugisti dei calendari che annualmente propongo a un noto istituto bancario. Decido di salire da Moggio visto che il vallone sembra sgombro da neve. E’ veramente una stagione anomala, mi fermo più volte nella faggeta a fotografare magnifici cespi di primule.
Giunto a poche decine di metri dal vecchio rifugio Casari, ecco le prime avvisaglie di quello che avevo previsto: il ghiaccio. Non il solito sentiero ghiacciato ma una spessa coltre durissima, che non concede il minimo dubbio: RAMPONI SUBITO. Mentre li sto calzando, giungono due persone del Cai Milano che mi riconoscono, anche loro si attrezzano subito per poter proseguire. E’ incredibile come un facile sentiero possa divenire inaccessibile e pericoloso.
Visito gli amici della Castelli, del Casari e infine porto un saluto all’amico Angelo del rifugio Nicola. Decido di scendere nel vallone sotto la Cazzaniga, ancora ricoperto di neve ghiacciata. Giunto all’incrocio con la Casari vecchia, malgrado sia quasi mezzogiorno, ci sono ancora persone che salgono. Noto che alcune sono indecise sul da farsi e stanno discutendo animatamente. Cerco di convincere chi è sprovvisto di ramponi a non proseguire, ma chi ha prenotato il pranzo non vuole rinunciare. Purtroppo ancora non si rendono conto del pericolo che devono affrontare.
Mentre scendo decido di chiedere a tutti quelli che incontro se hanno i ramponi. Per fortuna quasi tutti ne sono provvisti. Poco dopo una signora mi segnala di avere incontrato una persona che, scivolando sul ghiaccio, si era procurata una brutta ferita sulla fronte. Decido di proseguire velocemente per accertarmi. Dopo pochi minuti lo raggiungo e scopro che è accompagnato dalla moglie. Mi racconta dell’incidente: è scivolato su una lastra di ghiaccio ed è caduto per alcuni metri battendo la testa. Ha un forte dolore alla mano, ma quello che mi preoccupa di più sono i capogiri. Ritengo ci siano gli estremi per allertare i soccorsi ma lui mi comunica che ci ha già provato ma non c’è campo.
Decido quindi di unirmi a loro per affiancarli lungo la discesa, più che altro a scopo precauzionale. Scopro che sono lecchesi e che abbiamo amici in comune. Quando dopo due ore giungiamo alla loro macchina, siamo diventati amici e ci diamo del tu. Questo è quello che può offrire la montagna a chi la sa affrontare con le dovute cautele”.
Mauro Lanfranchi