“Era un secondo di cordata che, al fianco di Cassin, è entrato nella storia dell’alpinismo”
La mostra, realizzata partendo dall’album dello stesso Esposito, sarà esposta fino al 28 maggio al Circolo Figini di Maggianico
LECCO – Una lavoro a quattro mani quello svolto dallo storico di montagna Alberto Benini con Marta Cassin della Fondazione Cassin. Al Circolo F.lli Figini di Maggianico è stata presentata ieri, mercoledì 11 maggio, nell’ambito della rassegna Monti Sorgenti, la mostra sull’alpinista Ginetto Esposito che sarà visibile fino al 28 maggio.
“Un lavoro semplice ma anche complicato – ha raccontato Benini -. Ginetto Esposito aveva raccolto un album di fotografie dei suoi anni e delle sue attività. Al momento della sua morte la famiglia lo ha lasciato al Cai di Lecco, quindi ce lo siamo trovato pronto e lo abbiamo seguito per impostare il nostro racconto”.
Il materiale raccolto da Ginetto Esposito è stato impaginato e integrato con alcuni pannelli realizzati dai due curatori della mostra: “Ginetto Esposito era un alpinista ‘strano’: prima di tutto era un secondo di cordata. Era un ottimo scalatore, ma dentro un gioco di cordate che prevedeva dei ruoli molto precisi: un capocordata (Riccardo Cassin) e dei secondi. Ginetto è autore di una grande carriera alpinistica nella quale si riconoscono, al di là della capacità di arrampicare, una grande capacità psicologica e una straordinaria resistenza fisica. Il Badile ne fu un esempio con i comaschi Molteni e Valsecchi, due alpinisti bravi, che incontrarono una macchina da guerra che non ebbe un attimo di cedimento”.
Riccardo Cassin in testa alla cordata a risolvere il problema “ma ben consapevole su che spalle poteva appoggiarsi. Ginetto Esposito è stato un elemento integrante di una storia incredibile: la Nord-Est del Badile e lo sperone Walker alle Grandes Jorasses sono perfettamente sufficienti per mettere il nome di esposito nella storia dell’alpinismo”.
“Ginetto era un uomo intelligente, uno che capiva le cose. E le immagini di questa mostra, i cimeli, vogliono raccontare la figura di questo alpinista che ha lasciato sicuramente delle tracce indelebili – ha concluso Benini -. Le pagine del suo diario rappresentano pezzi di storia, ma rappresentano anche come Ginetto vedeva e interpretava questi pezzi di storia. Si parla di vie che sono state fino agli Anni ’80 del XX Secolo quelle su cui ancora si misurava la grandezza di un alpinista. Guardate questa mostra pensando che è lo stesso Ginetto a raccontarvi la sua storia“.
“Sono ormai anni che mi occupo delle mostre storiche e che collaboro con Monti Sorgenti – ha detto Marta Cassin, nipote del grande Riccardo -. E’ per me un grande onore accompagnare il lavoro di ricerca di persone come Alberto Benini o Pietro Corti perché mi piace l’idea di aiutare a valorizzare queste storie molto belle. Per me è facile perché gioco in casa, perché inevitabilmente si parla sempre anche di Riccardo Cassin, perciò le storie le conosco, le fotografie riesco sempre a individuarle… per me è sempre un modo per continuare a parlare del nonno e di raccontare di lui. Prendere in mano l’album del Ginetto è stato molto bello e l’abbiamo potuto lasciare come era perché è stato molto minuzioso anche nei suoi appunti scritti a penna, nel modo di impaginarlo. Grazie alla famiglia che ha mantenuto questo album perché è fondamentale continuare a ricordare questi personaggi“.
Emilio Aldeghi, coordinatore di Monti Sorgenti, ha accolto tutti i presenti tra cui c’erano anche i volti di alcuni alpinisti. Uno su tutti, Tino Albani, classe 1930, che quell’aria l’ha respirata in prima persona ed è cresciuto con questi grandissimi personaggi. La rassegna, ancora una volta, è riuscita ad accendere i riflettori su un nuovo pezzettino della storia dell’alpinismo lecchese: “E’ un patrimonio troppo importante per essere perso o dimenticato – ha concluso Aldeghi -. Come Monti Sorgenti ci sembra doveroso recuperare immagini e storie che col passare del tempo rischiano di andare perdute”.