Della Bordella sulle orme di Casimiro Ferrari: “Scalare le sue vie era l’unico modo per conoscerlo veramente”
Applausi per la prima mondiale del film che ha fatto incontrare due generazioni di alpinisti
LECCO – Un dialogo a distanza tra il mito di Casimiro Ferrari e l’alpinismo moderno di Matteo Della Bordella. Un ping-pong di emozioni tra passato e presente, appesi alle voci di coloro che le montagne della Patagonia non le hanno solo scalate ma le hanno nel sangue. “Il Ragno della Patagonia” è un pezzo di storia dei Ragni della Grignetta (alcune delle pagine più belle dell’alpinismo mondiale) vissuto attraverso le scalate di Casimiro Ferrari e Matteo Della Bordella: due generazioni diverse, due persone che non si sono mai incontrate, ma le cui vite si sono intrecciate in quella terra che ha folgorato entrambi.
Ci sono voluti ben 6 anni di lavoro, in mezzo il Covid e la morte di due amici e compagni di scalata di Matteo Della Bordella (Matteo Bernasconi e Matteo Pasquetto), ma il noto regista svizzero Fulvio Mariani alla fine è riuscito a creare un grande capolavoro. 1h45′ minuti intensi che, siamo sicuri, diventeranno una pietra miliare della cinematografia di montagna oltre ad essere un documento prezioso di storia dell’alpinismo che racchiude immagini e momenti che pochi conoscono. “Il Ragno della Patagonia” non è solo un magnifico film, ma prima di tutto è un’importante operazione culturale.
Fulvio Mariani, regista che non ha bisogno di presentazioni, ha scelto Lecco per la prima assoluta del film e la città ha risposto in modo incredibile, il colpo d’occhio del cinema teatro Palladium stracolmo di gente era da togliere il fiato. Non sono bastati i posti a sedere: accanto alle vecchie generazioni di alpinisti con il “maglione rosso d’ordinanza”, tanti giovani in piedi ai lati della sala e seduti sui gradini. E’ stato davvero bello, c’era un aria che non si respirava da un po’ di tempo…
“L’idea di fare un film sulle orme di Casimiro Ferrari è nata assieme nel 2017 e ci ha portato in Patagonia per ben cinque volte – ha detto Matteo Della Bordella in apertura di serata -. Non ho mai avuto la fortuna di conoscere Casimiro Ferrari perché sono entrato nei Ragni nel 2006 quando era già mancato, però mi aveva già ispirato tantissimo con le sue salite. Quando non hai la fortuna di conoscere un alpinista del genere l’unica cosa che puoi fare per entrare in contatto è ripercorrere le sue vie, mettere le mani sulle stesse rocce e sulle stesse montagne”.
“L’idea di fare un film sulla figura di Casimiro Ferrari viene da molto lontano – ha detto Mariani -. L’ho conosciuto nel 1985 quando, con Marco Pedrini, stavo lavorando al film ‘Cumbre’, è un personaggio che mi ha subito appassionato perché quel suo carattere particolare mi intrigava. Lì è nata l’idea di fare un film, poi l’ho abbandonata e mai più avrei pensato di realizzarlo. Invece ho conosciuto Matteo Della Bordella ed eccoci qui con questa prima mondiale”.
Cerro Riso Patron, la montagna misteriosa; Cerro Murallon; Fitz Roy, il cuore di pietra delle Ande patagoniche; Cerro Torre, il grido di pietra: questa il canovaccio utilizzato da Matteo Della Bordella per percorrere quel viaggio all’indietro “sulla tela del ragno” che Fulvio Mariani è stato abilissimo a raccontare attraverso le voci e le immagini di ieri e di oggi. Da una parte Egidio Spreafico, Giuliano Maresi, Bruno Lombardini dall’altra Silvan Schüpbach; da una parte Paolo Vitali e Carlo Aldé e dall’altra Matteo Bernasconi e David Bacci e si potrebbe andare avanti ancora in questa contrapposizione di immagini in bianco e nero e a colori…
“Mi sono reso conto che seguire questa tradizione era un passo logico: provare a fare qualcosa di simile ma con uno stile diverso – ha detto Della Bordella -. Ti puoi rendere conto di certe cose solo quando sei sotto la parete e ti immagini di avere a disposizione solo l’attrezzatura di 40 anni prima. In quell’istante comprendi la grandezza di quello che è stato fatto”.
Nel racconto emerge chiaramente il carattere spigoloso di Casimiro Ferrari e si raccontano anche degli ultimi giorni all’Estancia Punta del Lago prima del rientro in Italia dove morirà poco dopo (settembre 2001) per una malattia: “Quando spegneva la sigaretta e partiva bisognava andare. All’epoca non c’erano Gps, ma la strada era sempre quella giusta. Casimiro aveva una grandissima capacità di coinvolgere e trascinare le persone”.
Un racconto articolato che prosegue anche oltre le tracce lasciate da Casimiro Ferrari, un film intelligente, che richiede attenzione e curiosità, perché ogni storia ne richiama tante altre. Vicende alpinistiche ma anche umane, storie di vita ma anche di morte… Un lavoro distante anni luce dalla tempesta quotidiana di immagini fatte per impressionare ma destinate a sparire nella memoria. Il momento più bello della serata? Quando capisci che grazie ad alpinisti come Matteo Della Bordella gli intricati fili della “tela dei Ragni” non si sono mai spezzati…