LECCO – “Possibile che non riusciamo e liberarcene di questa famiglia? Cosa dobbiamo aspettare visto che questi da 30 anni sono dediti alla delinquenza? Cosa ci devono dimostrare ancora?”. E’ l’ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, a parlare così dei Coco Trovato, alla luce degli ultimi arresti.
“Esiste un istituto che è quello dell’internato che serve a levare dalla circolazione quei personaggi ritenuti pericoli. Faccio un appello al Prefetto, alla magistratura e alla Bocassini, consiglio questo istituto che forse ci consentirebbe di vivere più tranquilli”.
Le dichiarazioni di Castelli sono giunte nel corso della conferenza stampa che la Lega ha convocato sabato mattina, in seguito a quanto emerso nell’inchiesta condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Milano.
“Metastasi”, il nome dell’operazione che ha portato in galera 10 lecchesi tra cui il sindaco di Valmadrera e il consigliere comunale Ernesto Palermo: una parola che non è nuova all’ex ministro Roberto Castelli, visto che è anche il titolo del libro che parla dei presunti rapporti tra ndrangheta e Lega Nord scritto dal giornalista Gianluigi Nuzi e Claudio Antonelli, querelati dall’allora senatore.
Il libro si apriva con le rivelazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Di Bella, per decenni amico e fiduciario del boss calabrese emigrato a Lecco, Franco Coco Trovato, e identificava in “Gamma” un giovane politico locale raccontando del suo incontro con il capoclan. Di Bella, nel corso di un’intervista ad “Anno Zero”, ha poi identificato in Castelli quel personaggio.
“Oggi la verità è stata ristabilita – ha commentato Castelli, mostrando una lettera di scuse da parte degli autori del libro – Se c’è una cosa che mi ha fatto un male terribile, più di qualsiasi altra, è stato quel libro e vedere il sottoscritto, che per convinzione personale ha sempre combattuto la mafia, accomunato ad un clan che, se l’odio fosse mio costume, odierei”.