– I ricordi di un ex motonauta –
Ho accettato volentieri la proposta di “buttar giù” degli appunti su alcuni dei miei ricordi lontani di ex motonauta: serve a me per riverdire momenti di felicità, entusiasmo ed emozioni condivisi con tanti amici della Canottieri, nella speranza che possa suscitare interesse anche a chi non sia “addetto ai lavori”.
Canottieri Lecco
Sono socio continuativo dal lontano 1954 e sono orgoglioso di questa appartenenza.
Devo comunque a questa Associazione la mia passione per la motonautica e la formazione di un gruppo nutrito e coeso di piloti-soci: ha acquisito record di velocità, ha gareggiato con notevoli successi in campo nazionale ed internazionale negli anni ’70-’80, successi riconosciuti dal CONI come i migliori in assoluto per ben 3 anni e premiati con 3 ambiti “fiamma azzurra”. Alcuni hanno raggiunto i vertici della federazione motonautica nazionale e mondiale.
Come segno di “bon ton” ricordo, in occasione delle premiazioni, le nostre eleganti “divise” in prezioso velluto offerto da Alfredo Redaelli, con bene in evidenza lo stemma della nostra Canottieri.
Il gruppo era formato da personaggi con speciali personalità (che meriterebbero qui, ciascuno, un profilo) che hanno arricchito di umanità, voglia di vivere e originalità la nostra “congrega. Inevitabilmente sono nate amicizie profonde che ancora perdurano nel tempo: grazie quindi agli amici, anche a quelli che ci hanno lasciato.
Ricordo che alla nostra Canottieri si deve l’organizzazione impeccabile della 6 ore di Lecco di motonautica per alcuni anni, sulla falsariga di analoghe manifestazioni a Parigi e Berlino.
Ricordo poi la cena presso la Canottieri il 16.07.15 organizzata dal Rotary Club Lecco Le Grigne alla quale sono stati invitati i piloti motonauti degli anni “ruggenti”. E’ seguita una serata a tema “Andavamo a 100 all’ora” con proiezione di un eccellente lavoro digitale sulla storia della nostra motonautica con fotografie, filmati e documenti; quindi nostri interventi sui ricordi, seppur lontani, che hanno suscitato curiosità ai presenti.
Una gioia esserci ritrovati tutti assieme dopo tanto tempo!
Carniti motori di Oggiono
Un altro ringraziamento va riconosciuto alla ditta CARNITI di Oggiono con il cui motore fuoribordo (strettamente di serie, come da regolamento) quasi tutti noi si gareggiava. Come motori concorrenti si avevano i colossi statunitensi MERCURY, EVINRUDE e JOHNSON ed il più delle volte li si metteva “nel sacco”; si portava quindi con orgoglio il “made in Italy” nelle competizioni: motori, imbarcazioni, eliche ecc. ..
Si gareggiava nelle classi intermedie e quindi le più affollate di piloti, utilizzando i nostri soldi senza l’inquinamento degli sponsor: i rari adesivi pubblicitari applicati avevano solo un scopo “cromatico” e non certo economico.
Indimenticabili le affollate sessioni di prova presso la base Carniti sul laghetto di Oggiono dove si sperimentavano eliche, assetti e strategie, anche con lo staff degli amici meccanici, veri “maghi” nel darci assistenza sul campo di gara. Si provavano imbarcazioni dei tre tipi consentiti: carena monoscafo, catamarano e battelli pneumatici: tutti e tre con diversi comportamenti in acqua ma questi ultimi i più divertenti, come cavalcare un cavallo di razza, che ti castigavano ogni errore con “decolli”, quindi cappottamenti e bagno finale.
“Premiata ditta”
Agli amici Luigi Baggioli ed Alfredo Redaelli si deve l’idea bizzarra della società virtuale RE.RI.BA (Redaelli – Riva – Baggioli) International, con tanto di logo, e sono onorato di essere stato scelto come terzo “socio” da tali campioni: lo scopo “sociale” era la gestione tecnica ed economica delle attività motonautiche del trio.
Obiettivi tutti perfettamente riusciti, soprattutto nella riduzione dei costi dovuto all’abilità commerciale di Luigino: appena una nostra imbarcazione risultava vincente, lui riusciva a venderla, con decisione unilaterale, con un buon margine sul costo di acquisto; ma con la costernazione degli altri due in quanto, in piena stagione di gare, si doveva ricominciare da capo con ricerca e messa a punto di un nuovo mezzo.
Il palmares è stato più che soddisfacente: due primi assoluti in due anni consecutivi (1972 e 1973) alla 24 heures motonautiques di Rouen con il trio che si alternava alla guida, oltre a importanti successi individuali in campo nazionale ed internazionale dei miei due soci, mentre io non posso lamentarmi dei miei, anche se ben più modesti.
Emozioni di gara in circuito
La partenza, con adrenalina al massimo; si doveva intuire la posizione più favorevole ed il tragitto, poi arrivare in velocità sulla linea di partenza al momento del via evitando collisioni: quindi il ruggito della decina dei motori che ti circondavano, lo schiaffo violento degli spruzzi sollevati da chi ti precede e che ti impedisce la vista, il procedere alla massima velocità affidandosi all’intuito ed infine sperare che la fortuna ti evitasse incidenti alla prima boa di virata.
Finita questa prima violenta emozione, ti potevi allargare dalle scie, potevi raccoglierti per valutare la situazione ed impostare una strategia: se sei indietro come recuperare, se sei avanti come mantenere la posizione, il tutto considerando onde e vento del circuito.
Le imbarcazioni monocarena guizzano sulle onde con impressionanti balzi e sbandamenti laterali, i catamarani apparentemente con maggiore tranquillità, ma sempre con l’agguato del “decollo” dovuto al combinato onda anomala e refolo di vento traditore, i battelli pneumatici riuniscono le caratteristiche delle due prime imbarcazioni.
Inoltre la decisione sull’assetto del mezzo: se troppo “aggressivo” premiavi la velocità a scapito della stabilità e quindi il pericolo di finire tra i pesci.
Comunque guai a chi molla!
Le 24 ore di Rouen
E’ una delle gare motonautiche internazionali più importanti, con caratteristiche uniche, che richiama piloti e mezzi da tutto il mondo.
È il primo di maggio, si è nel nord della Francia, quindi temperature piuttosto rigide e piovaschi frequenti: si arriva alle ore 16,00 dopo essere partiti alla stessa ora del giorno prima senza interruzioni, con 3 piloti che si alternano alla guida, approfittando dei rifornimenti di carburante. Una bella prova di resistenza per uomini e mezzi!
I nostri piloti della Canottieri sono stati numerosi ed hanno mietuto nei vari anni vittorie e piazzamenti più che onorevoli: una menzione particolare per la nostra Gabriella Corti che, unica donna, ha “messo in riga” molti maschietti!
Gareggiare di notte poi rappresenta un’emozione tutta particolare; i due fari anteriori accesi sull’ imbarcazione servono solo per farsi notare da giudici di gara ed altri concorrenti, mentre la loro luce, riflessa dall’acqua, è addirittura controproducente per i piloti. Sul casco viene applicato un (troppo!) piccolo lampeggiante rosso fornito dall’organizzazione.
Si naviga nel buio nel circuito della Senna attorno all’isola Lacroix, contornati sui lati dalle forti luci delle rive e dei ponti, confortati tuttavia da un numeroso pubblico anche di notte fonda.
In queste condizioni è impossibile vedere ostacoli o relitti in acqua e le onde che si producono durante il cambiamento della marea del vicino atlantico. L’unica precauzione è quella di vedere cosa sta succedendo a chi ti precede: salti , sbandamenti, ecc. ..Poi quando li superi sei tu che “tiri” chi ti segue.
In conclusione, per tre notti non si dormiva: la prima si festeggiava l’incontro con altri piloti, la seconda si gareggiava e/o si seguivano le fasi della gara e la terza per la grande festa a seguito della premiazione.
Le 24 ore di Rouen – interminabili attimi di paura
Durante le diverse partecipazioni della RE-RI-BA a questa gara, quando non ero alla guida, tiravo fuori la mia cinepresa da 16 mm. con super-zoom per filmare le varie fasi della competizione; in seguito ho montato i vari spezzoni per raccontare la gara, quindi ho pregato un giornalista per il commento, registrata poi dalla voce di un professionista.
Il risultato finale non è stato male…
Una notte l’imbarcazione di un concorrente si è ribaltata: questa è subito sparita (affondata, portata dalla corrente?) e del pilota (stava bene, si era fatto male?) era visibile a pelo dell’acqua solo il piccolo lampeggiante rosso posto sul suo casco.
Intanto la gara inevitabilmente continuava (impossibile fermarla immediatamente) ed immagino il terrore dell’uomo vedersi sfrecciare a pochi centimetri lo sciame dei concorrenti con i loro riflettori potenti, ma inutili ad individuare il poveretto.
Non ritengo che si potessero accorgere del naufrago se non all’ultimo momento.
Intanto gli addetti al soccorso con i loro natanti provvisti di grossi lampeggianti gialli sono accorsi prontamente, ma loro stessi dovevano agire con circospezione per non essere travolti.
Il fatto si risolse per il meglio: io ho visto tutto mentre ero a zonzo alla ricerca di spunti per le riprese e al ricordo mi si accappona ancora la pelle.
Le 24 ore di Rouen – Dario Castelnuovo detto Gabetto
Professore emerito in dialetto e detti lecchesi (che nostalgia, un abbraccio ovunque tu sia!), Gabetto gareggiava nella classe inferiore alla mia e stava facendo molto bene assieme ai suoi due co-piloti: durante il suo turno di notte ha dovuto rientrare ai box per un guasto al propulsore, il tutto annunciato dal centro stampa e commentato con rammarico dalla diretta televisiva.
Purtroppo il guasto era irreparabile e necessaria la sostituzione del blocco motore, cosa consentita dal regolamento: non però con una unità di potenza superiore, non essendo disponibile quello di pari potenza: pur di non rinunciare a proseguire anche se, ovviamente, fuori classifica, si procedeva eludendo i rigidi controlli e Gabetto rientrava in pista.
Con un tale motore risaliva progressivamente nella classifica della sua categoria, il tutto seguito con stupore ed interesse dalla diretta televisiva, fino ad arrivare alla prima posizione.
Come da consumato professionista anche dello show, a pochi giri dalla fine utilizzava lo stacco di massa, quindi simulando un improvviso guasto. Tutto il pubblico era costernato per questa sua “mala suerte” proprio pochi istanti da una vittoria ormai conquistata dopo un prodigiosa rimonta: Gabetto così ebbe gloria ed evitò un inglorioso controllo dai giudici di gara.
Le 24 ore di Rouen – Gli innominabili
Due soci della Canottieri inclusero nel terzetto dei piloti un loro amico (che qui indichiamo con XX) fuori dal nostro solito giro. Tutto andò bene fino al primo turno di notte di XX quando incominciarono i problemi: oltre a rallentare l’andatura, rientrava spesso ai box accusando improbabili guai tecnici, calo di potenza, deformazione dell’elica ecc.. e intanto si scendeva penosamente nella posizione di classifica. Gli altri due piloti erano preoccupati per l’inadeguatezza (paura?) del loro collega: ci fu una riunione con altri dei nostri non impegnati nella guida in quel momento per escludere XX dalla gara senza però umiliarlo.
Al suo ultimo immotivato rientro ci improvvisammo esperti medici e gli sottoponemmo le nostre preoccupanti diagnosi: pallori cutanee del viso, pupille dilatate, battiti irregolari, ecc. ..: fu lui stesso a chiedere una visita medica. Uno degli altri piloti riprese immediatamente la corsa, l’altro chiamò la lettiga presente per l’ospedale. Qui i medici ci “tennero bordone” somministrandogli dei placebo e tutto filò liscio.
Comunque meglio non svelare né il nome di XX né degli altri per la loro perfidia!
Maratona Pavia Venezia
Competizione unica e magica, una cavalcata di circa 500 Km. lungo il Ticino ed il Po!
Un’avventura, il cui obiettivo primario era di riuscire ad arrivare a Venezia possibilmente entro il tempo massimo, non importava in quali condizioni: bagnati e pieni di fango per la pioggia, sporchi di olio per rabberciate riparazioni di guasti meccanici, pezze sugli scafi per “botte” o “strusciate” sulle secche.
Si partiva a gruppi secondo le categorie e ci si dava subito battaglia, come se la gara dovesse terminare entro pochi minuti.
Le prime insidie erano rappresentati dagli ampi meandri del fiume: saggiamente i cartelli posti sulle rive, per evitare i bassifondi, indicavano il percorso sicuro, ma era anche il più lungo e fare dei tagli voleva dire guadagnare alla fine parecchi chilometri e quindi posizioni in classifica. Il primo eseguiva un taglio modesto, il secondo uno più ambizioso e così via fino a che qualcuno raschiasse il fondo scassando, se andava bene, solo l’elica che comunque doveva essere subito cambiata, operazione non senza difficoltà.
Analogo agguato era rappresentato dagli scherzi dei ragazzini: sulla traiettoria di un taglio sostanzioso si presentava la vista di un bagnante con l’acqua fino alla cintola, per cui si andava sul sicuro. Solo che un attimo prima del passaggio il ragazzo scappava a gambe levate: era solo inginocchiato e si finiva quindi a gran velocità dritto sulla secca!
Dopo qualche decina di minuti, per la seppure lieve differenza di velocità ci si trovava soli e mancavano i riferimenti: gli argini sono alti, non si vede niente al di là e quindi sembra di viaggiare per chilometri in un paesaggio senza “anime vive”. I punti visibili erano i ponti, i villaggi rivieraschi e finalmente i ritrovi dove ci aspettava l’amico con il rifornimento di carburante, per scambiarci veloci battute ed informazioni sugli altri piloti.
Allora non esistevano i cellulari e per emergenze ti fornivano due o tre numeri telefonici dell’assistenza alla gara. Se ti capitava un guaio irreparabile e, se tu stavi bene, se il tuo mezzo poteva galleggiare, ti dovevi lasciar trasportare dalla lenta corrente nella lunga attesa di arrivare ad un approdo abitato e subito alla ricerca di un telefono pubblico. Impresa non facile e riuscivi ad essere irreperibile talvolta fino al giorno dopo, a meno che qualche pilota in transito non avesse segnalato alla direzione la tua posizione!
Rally invernali sul Mediterraneo
Il grande campione motonauta Angelo Vassena (indimenticabile e compianto amico) aveva proposto due itinerari come promozione e collaudo in condizioni severe di due prototipi di fuoribordo CARNITI: il primo un diesel nel febbraio 1972 da Genova a Barcellona (circa 466 miglia in 5 tappe) in occasione della fiera nautica in questa ultima città. Il secondo con propulsione a getto (anziché ad elica) nel febbraio dell’anno dopo da Genova a Cagliari (circa 400 miglia in 5 giorni) anche qui in occasione di fiera nautica nella città sarda: entrambe le imbarcazioni erano “gommoni”, senza carena rigida che allora non esisteva. A noi si erano uniti altri amici con altri due gommoni dotati di fuoribordo tradizionali.
Accoglienza trionfale nelle due città di arrivo nelle cui fiere i nostri mezzi sono stati esposti in bella vista con note didascaliche sulla traversata. Molto interesse espresso anche dai giornali specializzati.
La sfida era infatti interessante: la stagione prescelta, caratterizzata da freddo, pioggia e improvvisi cambiamento della situazione meteo, gli itinerari impegnativi, che per il primo comprendevano il golfo del Leone e per l’altro le bocche di Bonifacio tra Corsica e Sardegna (punti critici anche per le navi), l’impiego di piccoli mezzi (lunghezza meno di 5 mt. e potenza –ad esempio il diesel – di soli 16 HP).
Non era una gara, ma si voleva impiegare il meno tempo possibile: si partiva all’alba e si arrivava, dove si capitava, al termine della luce. Quindi il rifornimento riempiendo le numerose taniche, una buona ed abbondante cena poi, carte nautiche alla mano, si tracciava il programma per il giorno successivo, tra cui determinare i gradi di bussola per i tagli dei golfi con navigazioni distanti dalla costa: il tutto, tempo permettendo.
Alcune note:
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il freddo, nonostante le protezioni adottate: memorabile una coda di forte maestrale e mare agitato nel golfo del Leone nei pressi di Tolone;
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l’attraversamento del canale di Piombino per l’sola d’Elba con un mare molto agitato, tanto che era stato sospeso il servizio dei traghetti e l’arrivo con la neve alle falde dei monti;
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il giorno successivo giornata con basse nubi, ma si decide lo stesso di partire per l’isola di Capraia. Ci impieghiamo ore ed ore di tempo per il mare mosso, vento teso e la continua pioggia che rallentavano l’andatura. Arriviamo con freddo e bagnati fin all’osso nonostante i maglioni e le cerate e veniamo sottoposti – l’isola era allora tutta un penitenziario – a un controllo rigoroso di polizia (ma chi sono questi matti?) Su uno stendino vicino ad una stufa mettiamo gli indumenti ad asciugare: la mattina, fortunatamente con il sole, li troviamo ancora pressoché bagnati;
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memorabile la cavalcata con i gommoni con onde alte di poppa per un forte maestrale prima del golfo di Cagliari: difficile tenere a bada le bizze dell’imbarcazione con il motore con propulsione a getto
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Meteo: a quel tempo avvisi “ ufficiali” troppo generici. Ci si affidava ai cosiddetti “segni premonitori del tempo” (ai quali i pescatori locali aggiungevano lo stato delle loro artriti e calli) interpretabili solo da loro: si innescavano quindi lunghe discussioni fra loro per divergenze di vedute, ben poco utili ai nostri fini;
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fantastiche queste esperienze invernali: il mare riprende la sua bellezza primordiale, severa e maestosa, non disturbata da altri natanti fino all’orizzonte ed attività turistiche sulla costa.
Gianrodolfo Riva, socio dal 1954
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