L’Italia nel bicchiere. Tocai: vino friulano dal sapore inconfondibile

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RUBRICA – Un saluto e un augurio per un 2020 ricco di soddisfazioni, anche se piccole come quella avuta recentemente da un prestigioso produttore di vini che si è complimentato per “consigli” enogastronomici del mio ultimo articolo e m’ha ringraziato per aver inserito il suo Friulano tra i miei vini preferiti.

 

Tocai: un po’ di storia

Questo mi da lo spunto di parlarvi di questo controverso vitigno, che fino al 2007, abbiamo sempre chiamato Tocai. Successivamente la Corte Europea ha emanato una sentenza a favore del Tokaji Ungherese impedendo a Italiani e Francesi di utilizzare un nome talmente somigliante da crear confusione sui mercati.

Personalmente ho sempre ritenuto questo fatto una vero e proprio affronto all’intelligenza e alla competenza, visto che mi sembra davvero impossibile che si potessero confondere un Tocai Friulano o un Tokay-Pinot Gris d’Alsace con un Tokaji Ungherese, che generalmente è un vino dolce – spesso anche muffato – ottenuto con diverse uve quali il Furmint, l’Hàrslevelu ed altre varietà che comprendono anche il Muscat petit grain.
Il colmo della beffa è che quasi tutte queste uve sono state portate in Ungheria proprio dai Friulani, tra l’altro è quasi certo che anche il nome Furmint derivi da Aurora Formentini, una nobildonna friulana che lo portò in quei territori nel 1600. Non è mia intenzione sminuire la grandezza del Tokaji ma si tratta di un vino con caratteristiche inconfondibili ottenuto con svariate uve, per lo più colpite dalla muffa nobile Botrytis Cinerea, quindi non era così necessario penalizzare storici vini prodotti in altre nazioni con caratteristiche profondamente diverse.

Non conosco quali altri fattori e quali interessi abbiano determinato il provvedimento ma sta di fatto che non son serviti ricorsi e controricorsi, compreso quello fatto dalla Regione Friuli alla Corte Costituzionale nel 2008, per revocarlo.

 

Tocai: la provenienza

Meglio tornare parlare del vitigno “friulano” (“Tai” per il Veneto) che ha origini francesi e più precisamente dalla regione della Gironde, vicino a Bordeaux. Le recenti analisi genetico/molecolari sull’origine dei vitigni lo conducono infatti alla varietà Sauvignonasse, che attualmente in Francia è quasi scomparso, ma che si è diffuso abbondantemente già dal 1500 in diverse diverse zone del Triveneto e, successivamente, anche in Cile dove viene chiamato Sauvignon Vert pur non avendo particolari analogie col Sauvignon Blanc.

E’ un vitigno mediamente produttivo, ed essendo piuttosto precoce nella maturazione viene generalmente vendemmiato entro metà settembre. I vini sono generalmente molto eleganti ed equilibrati, con sentori fruttati ed erbacei, buona anche la persistenza gustativa con gradevole retrogusto di mandorla amara.

In zone come il Collio Goriziano e l’Isonzo si ottengono anche vini di grande struttura adatti ad un medio invecchiamento soprattutto se ottenuti con vecchi storici vigneti.

 

I vini Friulani o “tai” da non perdere

Sul mercato si possono trovare dignitosissimi “friulani” e/o “tai” ad un prezzo più che accessibile di aziende come Altùris, Le Monde, Di Lenardo o Monviert.

Nella fascia mediana ho assaggiato recentemente, il Colli Orientali di La Tunella il Collio di Muzic e il “Fiore di Campo” di Lis Neris in cui sono presenti piccole aggiunte di Riesling e Sauvignon, vini che si bevono molto volentieri e c’è solo il rischio di assaggiarne qualche mezzo bicchiere in più.

Gli ultimi assaggi di “friulani d’eccellenza” che mi hanno convinto, indipendentemente dai costi elevati, si riferiscono al Collio 2016 di Schioppetto, all’Isonzo 2016 “la Vila” di Lis Neris, al Collio 2016 “Ronco delle Cime” di Venica e all’Isonzo “Doleè” 2017 di Vie de Romans. In passato ero rimasto colpito dal Collio 2015 di Toros e dal Colli Orientali 2015 “Vigna 50 anni” di Zamò.

Fuoriclasse assoluto lo storico “Mario”, appena aggiustato con tocco di riesling, nasce da una vigna impiantata nel 1954 a Capriva d. F. / Collio, punta di diamante dell’azienda Schioppetto in onore di un pioniere del tocai friulano che ricordo già dai tempi della TV in bianco e nero nelle primissime rubriche enogastronomiche in cui faceva spicco la presenza del compianto maestro Luigi (Gino) Veronelli.
Per ciò che concerne gli accostamenti è un vino decisamente versatile, lo si può servire con dei ravioloni ricotta-spinaci o con un risottino ai fiori di zucca, non lo vedrei male neppure con un bel tagliere di salumi in cui inserirei i prosciutti di Sauris e di San Daniele e anche la mitica Pitina friulana per onorare il territorio, infine con una bella trota al “cartoccio”.

Assaggiare per credere
Roberto Beccaria


 

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