Si discuteva, settimana scorsa, di come un atleta farebbe bene a capire come essere vincente con continuità, nell’arco della propria carriera, piuttosto che cercare la vittoria immediata al di fuori di un progetto di crescita sportiva.
Dicevamo che spesso l’atleta in difficoltà si pone obiettivi alti, altissimi, spesso utopici: questo perchè vive dentro di sè la frustrazione di non riuscire più a performare e crede di poter risolvere tutto con un bel colpo di spugna.
Abbiamo già accennato l’importanza della definizione degli obiettivi sportivi in un articolo precedente (potete rileggerlo qui), ciò che potrebbe essere utile, a questo punto, è capire se esiste un metodo, uno schema di riferimento, che possa aiutarci quando vogliamo a stabilire in maniera efficace un obiettivo.
Il metodo universalmente riconosciuto come il più valido è il modello SMART (aggettivo inglese per definire qualcosa, o qualcuno, come “intelligente”, “sveglio”, “abile”).
Ad ogni lettera del termine corrisponde ogni singolo elemento da prendere in considerazione per la buona formulazione di un obiettivo:
– S come Specifico: darsi uno scopo vuol dire segnare dei confini comprensibili, soprattutto per se stessi. Per fare ciò è importante verbalizzare con attenzione il proprio fine, più è dettagliato, più ci sarà facile capire anche le azioni che possono portarci a raggiungerlo! Se io mi pongo l’obiettivo di “fare bene” rimango sempre in una zona di grigio, poco chiara per l’atleta. Allo stesso tempo sconsiglio di stabilire un obiettivo in base ad un risultato in gara poichè, come sappiamo, diversi elementi concorrono a determinarne l’esito. Il “fare bene” può quindi diventare “il mio obiettivo è che, una volta conclusa la prestazione sportiva, io senta di aver fatto bene, pertanto, se dovessi accorgermi che in gara non sto performando al massimo, farò in modo di cambiare approccio”. Se vi sembra troppo elaborato provate a pensare quanto, all’atto pratico, siano ricchi e fluidi i vostri pensieri sulle normali attività quotidiane.
– M come Misurabile: un obiettivo deve essere misurabile, altrimenti come facciamo a capire se è stato raggiunto se non ha dentro di sè un cambiamento fra due condizioni? Non necessariamente è una misura numerica o un dato oggettivo, molte volte può essere un cambiamento di status (ad esempio il passaggio da novizio ad esperto), oppure anche solo percettivo (sfiducia/fiducia).
– A come Azione: parecchie volte a questa lettera viene attribuita la parola “accessibile” oppure “accattivante”, in questo articolo ho deciso che sia più importante valorizzare il termine “azione” e la scelta è contestuale al luogo in cui viviamo: in Italia, quando ci mettiamo d’impegno, siamo decisamente pigri! Aspettiamo sempre che le cose accadano e difficilmente ci poniamo nella condizione di farle succedere. Avere bene in mente che un obiettivo richiede sempre un certo grado di azione, di movimento, di un generico “fare”, può essere utile per compensare quell’indolenza che spesso ha il sopravvento.
– R come Realistico: questo è un elemento chiave dal mio punto di vista, poichè include la capacità di vedersi senza filtri. Se io so che ho un limite e allo stesso tempo so che io, come tutti, posso migliorare, mi pongo nelle condizioni ideali per farlo rispetto a chi crede di non avere limiti e di poter farcela sempre: a fronte di una sconfitta io comunque imparo e mi arricchisco, l’uomo “no limits”, invece, vede scomparire di colpo tutta la sua forza.
– T come Tempo: altrettanto critico come il precedente, risulta indispensabile per fare il punto con se stessi e tenere monitorato il proprio percorso di crescita. Chi non si dà un tempo è di solito quell’individuo che ripete a se stesso “domani lo faccio” per… tutta la vita! L’obiettivo deve avere un inizio e soprattutto una fine: quando esso è completo di norma subentra l’ obiettivo successivo.
A questo punto non vi resta che provarci, per quanto possa sembrare banale ad una prima lettura, questo modello permette di non tralasciare gli elementi che nel 99% dei casi dimentichiamo quando dobbiamo pianificare le nostre azioni.
Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport
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