Analizzate quattro stazioni di monitoraggio con tre alveari ciascuna, di cui due in territorio lecchese
“Dati nel complesso positivi e salva anche la qualità del miele, ma lo spopolamento degli alveari non può più essere ignorato”
LECCO – Quali sono i sono i nemici delle api? In che misura i pesticidi minacciano la loro salute fino a causarne la morte? Per rispondere a queste domande il Dipartimento Veterinario di ATS Brianza ha varato in questi due anni un progetto di monitoraggio e prevenzione degli avvelenamenti delle api causati da pesticidi e fitofarmaci, che ha avuto come referenti il dottor Giovanni Prestini e il dottor Franco Rainini. Uno studio innovativo in Lombardia e sostenuto dalla Regione, che si è avvalso della collaborazione dell’Istituto Zooprofilattico Lombardia-Emilia Romagna e delle più rappresentative associazioni apistiche presenti sul territorio: Apilombardia e Associazione Apicoltori Lombardi.
Le api sono sentinelle preziose della qualità dell’ambiente, dalla loro attività di impollinazione dipendono il raccolto di molti alimenti, dalle mele, alle ciliegie, alle arance, ai girasoli, e la fioritura di almeno il 70% delle specie vegetali presenti sulla terra. Per questo la cosiddetta sindrome da spopolamento degli alveari, come è stata anche definita dalla Commissione Europea, è fenomeno da valutare con attenzione, perché il calo del numero di questi insetti rischia di mettere in crisi l’intero ecosistema e la catena alimentare umana. ATS vuole invertire questa tendenza. Nelle province di Lecco e Monza si stima una presenza oscillante nel corso della stagione tra i 200 milioni e il miliardo di api. Gli alveari censiti sono circa 19.600, 1300 gli apicoltori, 140 circa quelli che svolgono attività professionale.
È acclarato che l’avvelenamento delle api, registrato in modo crescente negli ultimi decenni, dipende da insetticidi, diserbanti, fungicidi, antiparassitari, utilizzati in agricoltura e nell’attività florovivaistica, e in alcuni casi molto gravi dagli insetticidi utilizzati in ambiente urbano per la lotta alle zanzare. Non manca inoltre l’effetto generato dai cambiamenti climatici, che provocano drastica riduzione della disponibilità di fioriture e quindi della produzione di miele, dall’inquinamento atmosferico e idrico dovuto a emissioni civili e industriali di mezzi di trasporto e cicli produttivi, e da alcune patologie specifiche delle api, come la varroa, un pericoloso e diffuso parassita.
Per testare l’impatto di queste fonti di contaminazione sulla salute delle api il progetto ha previsto il campionamento e l’analisi di polline (che ricordiamo essere prodotto ben diverso dal miele, raccolto dalle api sui fiori e destinato all’alimentazione e allo sviluppo delle larve delle future api) in 4 diverse stazioni di monitoraggio con 3 alveari ciascuna, dislocate sul territorio di ATS: una nella periferia di Monza in un’area in prevalenza urbana e residenziale, una nel Vimercatese, dove prevalgono elevatissima antropizzazione e nel contempo aree di agricoltura intensiva con seminativi, una nella zona collinare fra il lago di Lecco e di Annone, dove si trovano un’importante area industriale e l’inceneritore dei rifiuti, e una in alta Valsassina, in territorio montano, poco popolato, con pascoli e flora spontanea.
L’esito delle verifiche ha fornito risultati in generale confortanti: sul fronte di pesticidi e fitofarmaci, in 22 campioni su 40 (il 55%) è stata rilevata la presenza di soli 6 tipi di molecole sui 260 principi attivi ricercati (il 2,3%), come erbicidi e fungicidi per uso agricolo e civile, ma con bassa tossicità e quantità limitate. In particolare la situazione migliore è risultata quella relativa alla Valsassina, dove è limitata l’agricoltura intensiva e l’antropizzazione.
La maggiore criticità riguarda sicuramente gli insetticidi a elevata tossicità per le api, come i piretroidi, riscontrati sporadicamente nel 2021 ma frequentemente nel 2022 nella stazione ubicata nella zona periurbana di Monza: la rilevazione della loro presenza infatti in un solo anno si è triplicata. Si tratta di principi attivi, come permetrina e cypermetrina, vietati in agricoltura, ma autorizzati per uso civile e sanitario, principalmente nella lotta alle zanzare, operata sia da privati cittadini, che condomini o attività produttive. I campionamenti effettuati da ATS tra aprile e settembre, su segnalazione di apicoltori e cittadini, hanno riscontrato inoltre alcuni episodi di mortalità da avvelenamento delle api non nei pressi della stazione di monitoraggio, ma a distanza di circa 700 metri della stessa.
Ciò significa che l’uso di questi insetticidi, rilevati in concentrazioni elevate nel corpo delle api morte o morenti, non ha contaminato tanto gli alveari e i loro prodotti, dunque il miele, quanto piuttosto ha provocato la morte per avvelenamento acuto delle api adulte e di altri impollinatori, come i bombi che vengono letteralmente investiti dai trattamenti insetticidi durante l’attività di volo e impollinazione. Di qui l’intento di ATS di riprendere il confronto con le Amministrazioni comunali, anche attraverso un convegno dedicato, per una strategia coordinata e condivisa di lotta alle zanzare, capace di ridurre indesiderati effetti collaterali sulla vita di altri insetti.
Tra i dati emersi dal progetto ce n’è altresì uno particolarmente confortante, ovvero l’assenza di non conformità nel territorio di ATS Brianza per i pesticidi nel miele, prodotto dalle api a partire dal nettare, soluzione acquosa zuccherina prodotta dalle piante. Il miele, che costituisce una piccola ma significativa eccellenza dell’agroalimentare lombardo, frutto dell’impegno di una rete estesa di apicoltori amatoriali e professionali, mantiene dunque piene garanzie di integrità e salubrità per i consumatori, grazie anche alla capacità naturale delle api di filtrare e ‘neutralizzare’ la presenza di pesticidi.
In generale la presenza di pesticidi, anche a concentrazioni non elevate, tali pertanto da non causare episodi allarmanti di moria, richiede comunque la massima vigilanza, perché può contribuire sensibilmente a danneggiare lo sviluppo delle colonie di api, con un calo della longevità, una minore fertilità delle api regine, un abbassamento delle difese immunitarie nei confronti delle patologie, e influire sulle loro funzioni vitali, di comportamento e orientamento. Tutte concause che incidono sulla sindrome da spopolamento di questo prezioso insetto.
“Il progetto di monitoraggio avviato 2 anni fa da ATS Brianza– sottolinea il direttore del Dipartimento Veterinario dottor Diego Perego – si inserisce in un più ampio lavoro da noi svolto per la costante tutela del patrimonio apistico, ed è un primo prezioso strumento scientifico di analisi approfondita dello stato di salute delle api, del loro spopolamento, e dell’impatto che su di loro hanno le evoluzioni del clima, dell’economia, dell’inquinamento. Una cartina di tornasole universale sulla qualità dell’ambiente, le prospettive dell’agricoltura, la qualità della vita umana in territori fortemente antropizzati e sfruttati, ma altresì connotati da pregio paesaggistico e biodiversità. Gli esiti di questo studio, che ha messo in rete autorità sanitaria, ricerca scientifica e operatori, e che è destinato ad avere un seguito con l’intensificazione del monitoraggio nelle 4 stazioni anche per tutto il 2023 – conclude Perego – confermano che il quadro generale è positivo, nell’interesse di addetti ai lavori e consumatori, ma che le dinamiche di un fenomeno ormai planetario non possono essere ignorate“.