Presentato il documento che disegna un nuovo modello di sanità territoriale
“La vera scommessa è dar seguito agli intenti con una rete di servizi integrati che fanno sentire il proprio territorio la propria casa”
LECCO – 8 Case di Comunità, 4 Ospedali di Comunità e 3 centrali operative territoriali. Questo lo schema predisposto nel documento “Case di Comunità una proposta per il territorio del Distretto di Lecco” presentato nel pomeriggio di ieri, lunedì, all’ospedale di Lecco. Un importante contributo, frutto di un confronto unitario fra la componente sociale e quella sanitaria, che disegna una prospettiva e un modello di Case di Comunità per portare servizi sanitari e sociali di prossimità fortemente integrati in tutto il territorio della provincia di Lecco.
E’ infatti proprio sulla capacità di intessere relazioni e di fare rete attorno alle persone che si gioca la scommessa di rendere efficace la riforma del sistema sanitario regionale, valorizzando l’esperienza acquisita in questi anni di lavoro sul versante delle cronicità e delle fragilità nel nostro territorio. Il documento che è stato presentato offre alcune indicazioni e propone elementi di sperimentazione che possono favorire un miglioramento della qualità del vivere nelle nostre comunità. Dalla recente e drammatica esperienza della pandemia deve infatti nascere un modello diverso di concepire e promuovere la salute come capacità di affrontare i problemi delle persone in chiave complessiva, ricercando con sguardo integrato e comunitario risposte concrete e sostenibili.
“Il lavoro sta solo iniziando, la vera scommessa non è accordarsi sui documenti ma dare seguito agli intenti tessendo una rete di servizi integrati che fanno sentire il proprio territorio la propria casa – ha detto Guido Agostoni, presidente del Distretto di Lecco -. Voglio sottolineare la positività del metodo con cui si è arrivati a questo documento: questa collaborazione deve continuare e mantenersi viva e feconda. Continuiamo questo confronto per far si che queste strutture non siano solo muri, ma una vera e propria opportunità per dare risposte ai bisogni di salute e fragilità sociali”.
Un lavoro di squadra che ha visto seduti allo stesso tavolo: Distretto di Lecco – Ambiti di Bellano Lecco e Merate; OPMCeO – Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri – Lecco; OPI -Ordine Professioni Infermieristiche – Lecco; Federfarma Lecco; Cosma Coop. Prov. Medici Medicina Generale Lecco; Confcooperative dell’Adda – Lecco; CSV – Centro Servizi Volontariato Monza Lecco Sondrio; Ats Brianza; Asst Lecco. Tutti presenti ieri pomeriggio assieme al Prefetto Castrese De Rosa (che ha elogiato il modello Lecco), alla neo presidente della Provincia Alessandra Hofmann e a tanti amministratori locali.
Il documento
Marco Magri della Coop. Cosma e Ruggero Plebani del Distretto di Lecco sono entrati nel merito del documento: “E’ stato compiuto uno sforzo per risolvere i nodi critici tra livello sanitario e sociale e per calare le indicazioni di carattere generale nella nostra realtà territoriale molto variegata dal punto di vista geografico – hanno detto -. Pur con caratteristiche differenti, abbiamo individuato i bisogni comuni a tutto il territorio: vicinanza/prossimità; accessibilità; semplificazione e riconoscibilità”.
Il cambio di prospettiva sta nel considerare il territorio una risorsa. Nel descrivere la possibile organizzazione all’interno delle Case di Comunità, si è utilizzata l’immagine di
un tempio greco con quattro colonne, un tetto e una base a supporto di tutta la struttura. I quattro pilastri rappresentano le quattro aree/ servizi che compongono la struttura:
- area della medicina di famiglia, continuità assistenziale, gestione della cronicità;
- area dell’assistenza specialistica e della diagnostica di primo livello, farmacia dei servizi;
- area dei servizi di assistenza sanitaria e sociale (infermiere di famiglia) e volontariato incentrate sul concetto di domiciliarità e di supporto alla mobilità delle persone anziane e disabili;
- area dei servizi alla persona che racchiude le attività attualmente di competenza degli enti locali come i servizi sociali, le unità d’offerta sociali e sociosanitarie, educative gestite da enti pubblici e terzo settore semiresidenziali e residenziali e, più in generale, tutte le attività che rispondono con diverse modalità e mezzi ai bisogni di fragilità sociale.
“Le Case di Comunità sono un luogo fisico ma non solo, sono un’opportunità per ripensare all’organizzazione della sanità sul territorio e ripensare il ruolo dell’ospedale sul territorio, sono un’opportunità per mettersi in gioco. Le Case di Comunità sono anche l’occasione per valorizzare il tema della prossimità e quindi sviluppare il tema delle farmacie e della loro funzione; il tema dell’infermiere di famiglia; il tema dei servizi e dell’unità di offerta e il tema dei Servizi Assistenziali Domiciliari e reti di prossimità. Senza dimenticare un coinvolgimento attivo del paziente, della comunità per promuovere una cultura condivisa. Il cambio di paradigma a cui siamo chiamati non è però possibile se non c’è condivisione e un linguaggio comune in una visione unitaria. La strada è lunga ma abbiamo una buona base di partenza: il territorio lecchese vuol essere protagonista ma serve la capacità di fare sistema”.
Carmelo Scarcella, direttore generate Ats Brianza
“8 Case di Comunità, 4 Ospedali di Comunità, 3 Centrali Operative Territoriali: credo che per questo primo step, soprattutto se pensiamo che si tratta di un inizio, il territorio di Lecco possa essere soddisfatto – ha detto il dottor Scarcella -. All’interno di questo sistema non posso però non vedere delle criticità soprattutto legate alla carenza di professionisti. Stiamo assistendo a un grande turnover sbilanciato verso l’uscita, legato ai limiti di un percorso universitario e a un percorso nazionale che non ha tenuto conto di questo turnover. Noi però dobbiamo far funzionare questa rete con le risorse disponibili e la medicina generale dovrà giocare un ruolo diverso dal passato e assumersi responsabilità nuove. Anche il cittadino dovrà fare la sua parte, sia come malato che come caregiver, il cittadino deve avere un ruolo attivo. Fondamentale sarà anche il suolo dell’infermiere di famiglia così come le farmacie possono giocare un ruolo fondamentale perché hanno una presenza capillare e orari estesi di apertura. Nelle farmacie ci sono professionisti che possono integrare le proprie competenze per assumere ruoli diversi rispetto al passato. Credo che questi siano tutti aspetti da tener conto quando si parla di Case di Comunità”.
Paolo Favini, direttore generale Asst di Lecco
“I grandi discorsi alla fine si devono calare nella realtà, davanti ai cittadini che hanno delle aspettative e non possiamo creare aspettative che non siamo in grado di soddisfare – ha detto il dottor Paolo Favini condividendo le criticità rilevata dal dottor Scarcella -. Sul territorio abbiamo però una particolarità, il ‘modello Lecco’, unica realtà veramente avanti con i suoi Piani di Zona organizzati in maniera avanzata. A Lecco abbiamo anticipato i tempi di questa riforma sanitaria perché alcune cose ci sono già. Se il secolo scorso è stato quello dell’ospedale, questo secolo deve essere quello del sistema che mette assieme tutte le capacità e possibilità”.
Hanno partecipato alla presentazione del documento a cui hanno lavorato in prima persona anche Pierfranco Ravizza Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri Lecco; Fabio Fedeli Ordine Professioni Infermieristiche Lecco; Andrea Braguti Federfarma Lecco; Gabriele Marinoni Confcooperative dell’Adda e Filippo Viganò CSV – Centro Servizi Volontariato Monza Lecco Sondrio.