Intervista al Direttore UOC Rete Dipendenze Franco Riboldi
Negli ultimi cinque anni l’utenza del Sert è incrementata del 28%. L’eroina resta la droga più utilizzata
LECCO – 1.435 persone seguite nel 2019 dal Sert, il Servizio Tossicodipendenze della Rete Dipendenze dell’Asst di Lecco. Un problema, quello della droga, sempre più presente, per quanto ‘silenzioso’, dietro al quale se ne nascondo molti altri.
Negli ultimi anni nella Provincia di Lecco il trend dei tossicodipendenti che approdano al Sert è in costante crescita (+5% all’anno) con un incremento del 28% negli ultimi cinque anni (2014-2019). L’età media dei pazienti è di 43 anni anche se, nel 2019, sono incrementati i giovani e giovanissimi con meno di 20 anni.
L’eroina resta la droga più usata, seguita dalla cocaina e dai cannabinoidi come hashish e marijuana. Un problema sempre più trasversale che colpisce indistintamente tutte le fasce sociali.
Dopo i recenti episodi di cronaca, avvenuti soprattutto nel meratese e nella zona della provincia a ridosso della Statale 36, nei cosiddetti ‘boschi della droga’, abbiamo voluto riaccendere i riflettori su un tema attuale e di difficile risoluzione. Lo abbiamo fatto incontrando il direttore del Sert di Lecco Dott. Franco Riboldi.
Quante persone vengono seguite dal Sert e qual è l’andamento degli ultimi anni?
“L’utenza complessiva afferita nel 2019 ai servizi della Rete Dipendenze dell’ASST di Lecco è stata di 1435 persone, mentre nel 2018 è stata di 1373 soggetti. Il trend dell’utenza è in costante crescita, in media del 5% all’anno. Se consideriamo gli ultimi 5 anni l’utenza complessiva dei nostri servizi è aumentata del 28%: siamo passati infatti da 1118 pazienti nel 2014 a 1435 pazienti nel 2019. Rispetto all’età rileviamo il picco nella fascia adulta tra i 40 e i 50 anni (circa il 30% dei pazienti è in questa fascia di età). Non a caso l’età media complessiva è di circa 43 anni. Anche se nel 2019 abbiamo registrato un lieve aumento dei soggetti sotto i 20 anni (siamo passati da 28 soggetti nel 2018 a 38 nel 2019) di fatto seguiamo prevalentemente soggetti che sono in una fase avanzata della loro patologia, se non già in fase cronica. Questo perché le persone con un problema di dipendenza si rivolgono ai servizi troppo tardi, condizionando da parte nostra interventi più tesi a limitare i danni che non a risolvere completamente la situazione”.
Come arrivano i pazienti al Sert?
“La domanda è interessante perché conoscere i canali attraverso cui arrivano i pazienti ai nostri servizi permette di ottenere informazioni sul ruolo e sulle relazioni che abbiamo con la rete territoriale. Analizziamo solo i nuovi utenti, cioè quelli non noti in precedenza ai servizi, nel 2019 sono stati 389 (circa il 27% dell’utenza totale). Il canale di accesso più rappresentato è quello volontario: 47% (su richiesta del paziente o dei famigliari); seguono i servizi per le dipendenze di altre province con il 19%, i canali legali/penali con il 14%, i canali medici con l’11 % e la Commissione Medica Patenti con il 9%”.
Si parla di un ritorno importante dell’eroina, è così? In generale quali sono le sostanze più utilizzate dai pazienti che si rivolgono al servizio?
“E’ un po’ improprio parlare di ritorno dell’eroina perché questa sostanza negli anni non ci ha mai abbandonato. Ci sono stati dei cambiamenti, questo si. In molti casi si è modificata la sua modalità di utilizzo, specie nei più giovani, che invece di iniettarsi la sostanza la fumano. Altro cambiamento riguarda i consumatori, non più riconoscibili nel gruppo sottoculturale di un tempo con i classici ritualismi, ma ampiamente distribuiti in tutti gli strati sociali. L’eroina si conferma la principale sostanza usata dai nostri pazienti, alla base della presa in carico del 57% degli utenti, seguita dalla cocaina nel 28% dei casi e dai cannabinoidi nel 13%”.
Qual è, sinteticamente, il percorso di supporto e riabilitativo che offrite ai pazienti? Quante possibilità di uscire dalla dipendenza ci sono?
“I nostri servizi, denominati SERT Lecco Merate e NOA Lecco Merate, offrono un percorso terapeutico-riabilitativo a carattere ambulatoriale. Gli operatori appartengono a diversi profili professionali (medici, psicologi, assistenti sociali, educatori, infermieri) e lavorano in equipe. Da rilevare che nel nostro lavoro è fondamentale anche il lavoro di rete, dovendoci spesso rapportare e integrare con gli altri servizi del territorio che seguono i nostri pazienti (servizi sanitari, sociali, medici di medicina generale, ecc). Rispetto alle possibilità di uscire dalla dipendenza molto dipende dalla precocità d’intervento. Se possiamo intervenire precocemente, ovvero nelle fasi iniziali della malattia, abbiamo buone possibilità di successo. Purtroppo, come ho già detto, da noi vengono troppo tardi e trattare queste malattie in ritardo significa esporle all’evoluzione in cronicità. Per questo ci siamo dati obiettivi di programmazione per rivedere l’impatto dei nostri servizi sul mondo giovanile e sviluppare in modo prioritario l’intervento precoce”.
Secondo lei l’emergenza sanitaria legata al Covid e il lockdown dei mesi scorsi hanno acuito in qualche modo il problema legato all’uso di sostanze stupefacenti?
“Il lockdown ha influito sulle abitudini di vita di tutti, comprese quelle di quanti fanno uso di sostanze stupefacenti. La difficoltà negli spostamenti, e quindi nel reperire le droghe consuete, ha condizionato sugli assuntori sostanze effetti contrapposti, sia negativi che positivi. Un riflesso negativo è stato che alcune persone, costrette a casa, pur di continuare a “sballare”, hanno fatto uso di sostanze insolite, più facilmente recuperabili, come alcol e psicofarmaci, creando miscugli pericolosi con gravi rischi per la loro salute. A seguito del lockdown ci sono però stati anche risvolti positivi. Alcune persone, non potendo più ricorrere alla droga, si sono rivolti ai servizi per cercare un aiuto e questo in qualche modo li ha spinti verso una decisione che in tempi normali avrebbe tardato ad arrivare o non sarebbe mai arrivata”.
Ci sono e se sì, quali sono, le zone più colpite dallo spaccio e dal consumo di droghe in provincia di Lecco?
“Lo spaccio è un fenomeno complesso, in continua evoluzione. D’altra parte si tratta di un fenomeno illegale per cui chi lo pratica preferisce luoghi nascosti, cambiandoli di frequente onde evitare di essere scoperto. Alcune zone del nostro territorio sono sempre state più frequentate di altre dagli spacciatori (stazioni ferroviarie, zone di confine con altre province, zone alla periferia dei centri abitati) ma oggi le cose sono un po’ cambiate. Gli spacciatori hanno il numero di cellulare dei propri “clienti” e viceversa, per cui lo spaccio avviene spesso su chiamata sia da parte dell’acquirente come del venditore e anche il luogo viene concordato di volta in volta. Da rilevare che si sta sempre più diffondendo anche lo spaccio attraverso internet: collegandosi a certi siti è possibile ordinare sostanze online e riceverle comodamente a casa da parte di corrieri postali. Diversamente va considerato il luogo di consumo che non sempre corrisponde a quello dello spaccio. Anche l’uso di sostanze è un reato, per questo i luoghi di consumo sono tendenzialmente anch’essi nascosti e isolati. C’è però un distinguo da fare. Alcune persone riescono a drogarsi dove vogliono e quando vogliono (e quindi sempre al riparo da occhi indiscreti). Questo riguarda chi non ha ancora sviluppato una dipendenza, come per esempio le persone all’inizio oppure quanti hanno un buon controllo sulla malattia. Altre persone invece, in fasi più avanzate, non riescono a resistere alla tentazione, sono preda dell’impulsività, e appena hanno la droga non capiscono più niente e la usano dovunque si trovino: in piazza dove la comprano, sul treno, al lavoro ecc. Per questo talvolta si vedono persone che si drogano in luoghi inconsueti e affollati”.
Il Sert offre supporto anche a chi soffre di disturbi di dipendenza comportamentale come il gioco d’azzardo, altra piaga sociale. Ci può fare, sinteticamente, un quadro della situazione in provincia?
“Nel territorio lecchese il gioco d’azzardo patologico è stimato, secondo i dati nazionali, con una forbice tra 1700 e 7500 giocatori patologici. Da rilevare che per ognuno di questi ci sono almeno 4 altre persone (familiari, amici) coinvolte seriamente nel problema. Nel 2019 abbiamo seguito nei nostri servizi di Lecco e Merate 92 persone con un’età media di 48 anni. Rispetto al rapporto con la pandemia, durante la prima ondata abbiamo visto tante persone che essendo costrette ad interrompere il gioco hanno interrotto anche il trattamento; altre hanno spostato il loro interesse verso i giochi online. La chiusura delle postazioni di gioco dal nostro punto di vista non è un provvedimento negativo, anche se molte persone potrebbero risentirne non poco e manifestare le proprie fatiche anche in forme diverse, per esempio accentuando l’utilizzo di sostanze legali (fumo, alcol, psicofarmaci). Un dato è certo, non basta chiudere una persona in casa o vietare un certo comportamento per risolvere i suoi problemi”.