Oltre un terzo di innevamento in meno sulle località alpine negli ultimi decenni, secondo le analisi di EURAC Research
MILANO – Mentre ancora si discute di nuovi grandi investimenti per realizzare collegamenti sciistici in quota, chi detta legge è ancora una volta il meteo, che sta regalando alle nostre montagne un caldo decisamente fuori stagione.
Se in Pianura Padana l’inversione termica mantiene le temperature su valori invernali, il termometro viaggia su valori molto più elevati a quote insospettabili: in questi giorni lo zero termico si spinge fino ad oltre 3000 metri, un valore altimetrico che solitamente si riscontra a giugno, durante le ultime settimane di disgelo. Un dato che si inserisce in un trend ormai chiaro di riscaldamento climatico.
“Le nostre più recenti analisi mostrano nell’ultimo secolo un andamento della neve fresca sulle Alpi fortemente negativo. La riduzione complessiva è di circa il 34% e interessa particolarmente le località a media e bassa quota, sotto i 2.000 metri, e il versante meridionale delle Alpi. Si tratta generalmente delle località con destinazioni turistiche invernali più piccole e maggiormente vulnerabili al Cambiamento Climatico,” afferma Andrea Omizzolo di EURAC Research, ente capofila del progetto BeyondSnow – Oltre la Neve, al quale anche Legambiente Lombardia collabora. “Per tali destinazioni oggi è una necessità confrontarsi con la realtà. Alcune scelte, come l’estensione dell’innevamento tecnico per compensare nel breve periodo la mancanza della neve fresca o il rinnovamento di alcuni impianti di risalita, seppur tecnicamente fattibili hanno un costo, sia economico sia sociale ed ambientale. Sta alle comunità locali valutare attentamente le implicazioni di tali scelte, e soprattutto elaborare una visione del proprio futuro, in modo da avere una chiara e sostenibile strategia di sviluppo.”
Il disgelo anticipato non fa sconti alla gran parte delle piste da sci della Lombardia. Facendo sciogliere non solo la neve al sole, ma anche i milioni di euro che sono serviti per produrla. Quest’anno la neve naturale è ben poca, praticamente nulla almeno fino alla quota di 2000 m.
Parliamo di spese importanti, che i gestori degli impianti hanno dovuto intraprendere per arrivare preparati al periodo delle vacanze natalizie, nel corso delle quali si arriva a fatturare il 40% di tutti i ricavi della stagione invernale: innevare un chilometro di pista arriva a costare 50.000 euro a stagione, da moltiplicare per i quasi 700 km di piste presenti sulla montagna lombarda. Se la neve che dovrebbe arrivare giovedì non sarà più abbondante del previsto, si rischia un ponte natalizio molto avaro quanto a superfici sciabili.
“Anche in Lombardia occorre ripensare complessivamente gli investimenti per il turismo montano: non si tratta di appendere gli sci al chiodo, ma di sviluppare un’offerta di turismo e di esperienze alternativa,” dichiara Lorenzo Baio, responsabile per Legambiente del progetto Beyond Snow. “In ogni caso, bisogna mettere definitivamente da parte nuovi investimenti su tracciati di bassa quota, come quelli previsti per ripristinare gli impianti del Monte San Primo, poco sopra i 1000 m, dove in questi giorni si misurano temperature prossime ai 15°C.”
“L’alternativa alla monocoltura dello sci è nella valorizzazione degli ambienti naturali, come nelle valli del Parco delle Orobie Bergamasche, dove da mesi siamo impegnati, con tante realtà del territorio, a contrastare il progetto di collegamento sciistico progettato tra Colere, in val di Scalve, e Lizzola, in Val Seriana,” spiega Elena Ferrario, vicepresidente di Legambiente Lombardia. “Di sicuro i valori naturalistici di questi territori valgono di più, anche in termini di attrattiva turistica, rispetto agli sbancamenti e alle attrezzature richieste per collocare infrastrutturare su versanti sui quali l’innevamento naturale non potrà più essere garantito.”